A mezzanotte possiederò la tua anima: un folle becchino del terrore

Zé do Caixão è il becchino di una piccola comunità brasiliana: miscredente, prepotente e fin troppo sicuro di sè, desidera ardentemente la moglie del proprio migliore amico, e trama un macabro piano per realizzare l’obiettivo…

In breve. Il cult del regista brasiliano (che arrivò a vendersi la casa pur di avere il budget per girare il film) che inaugura ufficialmente l’horror nel proprio paese. Nella sua modestia di impianto (ma non si tratta di un z-movie come tanti) rimane una perla del genere, molto più sensata, compatta ed accattivante di troppi fiacchi epigoni.

Il gioco delle origini – quale è stato il primo film di genre Y e/o con X, per intenderci – per quanto riguarda un genere non è mai scontato, nè banale: difficile dire con assoluta certezza, ad esempio quale sia stato il primo film di zombi (secondo alcuni L’isola degli zombi, secondo altri Ho camminato con uno zombi, secondo altri ancora – in senso più lato – Il gabinetto del dottor Caligari per via della presenza della figura di Cesare). Tutto dipende, naturalmente, dall’ottica in cui stabiliamo di volerci porre: e questo A mezzanotte possiederò la tua anima, un titolo da cui traspare l’essenza tenebrosa (ed al tempo stesso artigianale) di un regista che ha consacrato la propria vita all’horror, certamente può considerarsi un archetipo del genere. Questo, ovviamente, nel suo essere squisitamente b-movie e con qualche passaggio non troppo lineare, tutto sommato accettabile per via del livello recitato superiore alla media del genere. Essenzialmente si tratta di una storia dai tratti gotici, incentrata su una feroce profezia che raffigura la vendetta di una comunità, e che può leggersi anche in modo puramente materialistico. Sì, perchè il sovrannaturale tirato in ballo da questo film si trova ad essere abbattuto, fotogramma dopo fotogramma, dallo stesso regista e protagonista José Mojica Marins (dotato sia di buona tecnica di regia che di altrettanto accettabili doti recitative), dopo aver fatto di tutto per costruirli all’inizio, soprattutto mediante la grottesca figura della veggente.

Il film è diventato un cult non soltanto nel Brasile, peraltro storicamente molto cattolico – tanto da rasentare la superstizione, come viene mostrato nel film stesso – atteggiamento contro cui il regista inventa, interpretandolo egli stesso, la figura di Joe Coffin, un tenebroso becchino temuto dai propri compaesani per la propria arroganza, arrivismo e profonda miscredenza. Eppure la filosofia del protagonista non è affatto fine a se stessa o vuotamente blasfema, tant’è che (per quanto lo dica tra un omicidio e l’altro) i suoi deliranti discorsi includono un sensatissimo sermone in favore della miscredenza, vista come unico baluardo in onore della vita e della libertà dell’individuo. Certo, i dialoghi non sono certo degni di un trattato filosofico sulla morte o di un elaborato concept di genere death metal, ma forse (date le circostanze) è meglio così. È proprio il protagonista, con il proprio fascino magnetico ed un tipo di recitazione quasi da teatro sperimentale, a catturare l’attenzione del pubblico, ed a trascinarlo in un vortice di orrori degno dei racconti di Poe, con un costante riferimento alla religione e qualche trovata che, per l’epoca, dovette risultare decisamente blasfema.

Fin dalle prime battute del film, dopo un breve monologo introduttivo, Joe (nell’originale Zé do Caixão) mostra il proprio essere ossessionato dalla vita, cercando una donna che possa garantire la continuità della propria specie. Una priorità che si capisce poco in astratto, ma che diventa decisamente più compiuta considerando ciò che il male, in altri film, ha sempre cercato di attuare, ponendo i presupposti per la nascita dell’anticristo (vedi The Omen, L’esorcista, Chi sei?, e non continuo per brevità).

A suo modo, Zè non è altro che un archetipo di molti villain del terrore che sarebbero usciti molto nel seguito, tra cui metterei certamente Nightmare di Wes Craven (sia per via delle unghie sporporzionate, che della dimensione sulfurea del finale, ambientato durante la notte dei morti, eppure spiegabile anche in modo razionale). Altro particolare curioso – ma probabilmente del tutto casuale – è che la storia di A mezzanotte possiederò la tua anima è abbastanza sulla falsariga di quella di Maniac di Lusting, soprattutto nella narrazione delle conseguenze e seppur con un’ovvia differenza di ambientazione.

Girato in un bianco e nero che non dovrebbe, almeno sulla carta, impedire di guardare il film con interesse anche al più convinto sostenitore della tecnologia HD, A mezzanotte possiederò la tua anima è un buon b-movie con discreti effetti speciali (per l’epoca), e fa anche parte di una trilogia (i film con lo stesso personaggio sono 12 in tutto); nonostante l’età (fu girato due anni prima de La lunga notte dell’orrore e quattro prima del capolavoro di Romero) possiede ancora intatto il proprio fascino.

Nota: il film è reperibile su archive.org gratuitamente, con sottotitoli in inglese. Non risultano molto reperibili le versioni in italiano del lavoro, che comunque non è stato ridoppiato e presenta semplicemente i sottotitoli nella nostra lingua. Non tutte le edizioni italiane, inoltre, possiedono sottotitoli, e quasi tutte presentano l’audio originale.

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