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Il finale cinese di Fight Club racconta i limiti delle piattaforme di streaming (non solo in Cina)

Il film Fight Club sarebbe stato distribuito in Cina con un finale alterato, che stravolge il senso dell’opera e che sarebbe più rassicurante. Il nuovo caso di censura cinematografica del 2022 è qui per noi, a quanto pare.

I fatti, da quello che viene riportato da più fonti (The Guardian, Il Post, Vice), indicherebbero che il finale del film di David Fincher Fight club (basato su un romanzo di Chuck Palaniuk) ed uscito nel 1999, sarebbe stato alterato prima di essere distribuito su WeTV, un servizio di streaming cinese. La modifica sarebbe stata inserita sul celebre finale, con un fermo immagine anticipato e alcune scritte in sovraimpressione. Scritte che prevedono un finale decisamente conformista: la polizia che sgomina la banda di criminali e il protagonista che finisce (e poi esce nel 2012) in un ospedale psichiatrico. La fonte originale della notizia dovrebbe essere Viola Zhou, autrice cinese di Vice Asia che si è occupata spesso, da quello che si vede sul suo Twitter, di tematiche di privacy e censura nel proprio paese.

Anche IMDB (di solito scrupoloso nel riportare realtà nei propri trivia), ha aggiornato la pagina del film con la seguente dicitura:

il film è finalmente uscito in streaming in Cina all’inizio del 2022, con un finale curiosamente alterato. Al posto del finale originale delle bombe che esplodono, il nuovo finale cinese sfuma in nero, subito dopo che il narratore si è sparato. La trama si conclude con una scritta in sovraimpressione in cui si spiega che la polizia ha, fortunatamente, sventato Project Mayhem, mentre il narratore (chiamato forse erroneamente con il nome dell’alter ego Tyler, ndt) è stato rinchiuso in u istituto psichiatrico fino al 2012. (fonte)

Di fatto, la questione andrebbe affrontata da almeno tre punti di vista: in primis, il fatto che sappiamo del finale curiosamente alterato da un video su Youtube che potrebbe, almeno in teoria, aver montato ad arte chiunque. Ci guardiamo bene dal prendere le difese di alcun governo in questa vicenda, per cui attenzione: non vogliamo sostenere che la questione sia una fake news, anche perchè non avremmo comunque modo di dimostrarlo (per quanto, ovviamente, il sospetto ci sia stato). Ci limitiamo a riportare che, dopo una ricerca su Youtube, esistono almeno due versioni dello stesso finale “cinese”, tagliati in momenti diversi, di cui almeno uno potrebbe essere quello riferito da media: quale dei due è quello autentico? Forse questo?

Oppure questo (se ci fate caso, sono tagliati in due punti diversi):

Il doppio video in rete (e non escludiamo ne usciranno molti altri per acchiappare click, in questa fase) dimostra indirettamente, per certi versi, come sia facile “costruire” la notizia quando non ci sarebbe, cosa peraltro indimostrabile (non è un articolo di genere debunking, il nostro, lo ripetiamo), ma che dovrebbe giusto ricordarci come sarebbe banale e immediato costruire una fake news, prendendo la sequenza del film e sfumandola a piacimento (basta un software tipo iMovie, in effetti).

Di fatto, oggi, cercando fight club chinese ending esce letteralmente fuori di tutto. Noi ovviamente ci atteniamo alla versione ufficiale – e da cinefili quali ci consideriamo, siamo preoccupati come dovrebbe esserlo chiunque altro. E voi? Il punto, in effetti, non è decidere se sia grave o meno cambiare il finale di un film per qualsivoglia motivo (ideologico, etico o censorio che sia), perchè su questo non c’è nulla da discutere: alterare le volontà di un regista e fargli dire cose che non voleva dire è comunque un problema, secondo noi. Peggio che peggio se è vero che sia stato fatto per volontà di un governo. E la sagra del grottesco è appena iniziata: l’autore del romanzo Chuck Palaniuk è arrivato addirittura ad ironizzare sulla questione, facendo un vago benaltrismo (i veri problemi sono “altri”, avrebbe dichiarato a riguardo: un non sequitur che ci ha lasciato, francamente, molto perplessi, per usare un eufemismo).

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In secondo luogo, parlando in linea molto generale, si pone un dilemma sull’obiettività dei servizi di streaming, che potrebbero teoricamente sempre distribuire versioni epurate dei film sulla base delle indicazioni del Mister X di turno. Cosa che con le vecchie videoteche, effettivamente, non poteva succedere così facilmente, per quanto oggi ci accorgeremmo del problema a furor di popolo (ma col dubbio costante che si tratti di una falsa notizia, come ricordavamo). Non sono mai stato contrario allo streaming, anzi, pur riconoscendo la validità di alcune preoccupazioni in merito alla tendenza dei grandi attori di alterare montaggi o addirittura manipolare il mercato.

Eppure questa storia, ammesso che trovi riscontri e che sia davvero avvenuta (purtroppo non c’è modo di verificare sul campo: la ricerca sul sito di streaming in questione sembra impossibile dall’Italia, ci abbiamo pure provato, sia col titolo originale che con quello in cinese, 搏击俱乐部: forse bloccata da qualche filtro), e dando per buono che se ne parla Il Post e The Guardian è già abbastanza per crederci (mentre Vice parla di fonte anonima, cosa anche possibile dato il contesto). Di fatto, il problema sembra più che altro essere un meta-problema: la sensazione è che alterare un’opera in modo arbitrario non freghi realmente nulla a nessuno, data la grottesca nonchalance con cui la notizia è stata data in pasto al pubblico.

E poi la censura, signori miei: e dire che in Italia è già successo, almeno due o tre (quattro, cinque, sei, …) volte. La lista dei film bloccati o boicottati dalle sale nel nostro paese richiederebbe uno studio a parte: partendo da Il leone nel deserto di Mustafa Akkad, considerato lesivo all’onore dell’esercito italiano, ad esempio. Una censura iperbolica e ammantata di un senso malinteso di “gestione dell’ordine pubblico”, come se l’uscita del film potesse avere gli effetti paventati da Wes Craven, neanche fossimo dentro un sequel di The last horror movie o magari di Antrum.

Pensiamo a quel Totò che visse due volte in Italia “vietato a tutti“, perchè (citiamo ancora una volta testualmente) “offensivo del buon costume”, ma anche Morituris, “intendendo gli atti di violenza e di perversione sulle donne, motivati dal gusto della sopraffazione e dall’ebbrezza della propria forza rafforzata dal consumo di alcool e droga” (ci è voluto La scuola cattolica per ri-capacitarsi del concetto di fiction versus realtà, ma tant’è).

Eccoci, oggi ci ritroviamo a parlare di censura, e forse non dovremmo dimenticare che non è un fatto solo cinese, solo americano: è un problema da porre intenzionalmente a chiunque. Daniele Luttazzi una volta scrisse una frase memorabile, visibile in alcune librerie Feltrinelli fino a qualche tempo fa: se non incontri nulla che ti scandalizza, significa che non vivi in una società libera. Ecco, appunto.

Senza contare che andrebbe fatta una certa attenzione, da adesso in poi, agli “eccessi di foga” nel considerare “tutto sommato censurabili”, come sostenuto da alcuni, film terrificanti o considerati eccessivi da sempre come Cannibal Holocaust,  proprio perchè, a questo punto, se davvero la pensiamo così non possiamo lamentarci se un governo decide di fare a pezzi uno dei thriller più celebri di fine anni 90.

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