Zombi 4 – After Death, ecco gli zombi secondo Claudio Fragasso
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Una donna ritorna dell’isola in cui erano stati uccisi i propri genitori, accompagnata da un’amica e da quattro reduci del Vietnam. Senza volerlo incorreranno in una delle più sanguinolente invasioni di demoni-zombi mai viste sullo schermo…

In breve. Un b-movie puro e a tutti gli effetti, più criticato che visto. Rientra nella media dell’orrore artigianale italiano del periodo, distante mille miglia dai capolavori fulciani e argentiani, ma con un suo perchè. Storia un po’ scarna, interpretazioni non eccezionali, risultato finale non eccelso: volendolo descrivere senza degenerare nei soliti insulti gratuiti da critici “radical chic“, ricorda un ibrido ultra low-cost tra il gore nichilista di Paura nella città dei morti viventi e le foreste (e solo quelle) di Zombi 2.

Ho rivalutato Zombi 3 a suo tempo: mutatis mutandis (cioè sulla stessa falsariga) non posso esimermi dal salvare il salvabile nemmeno qui. Ma questo, ovviamente, non vuol dire che questo film sia un masterpiece, e in questa nuova recensione cercherò di approfondirne le motivazioni. Nonostante non possa trascurare i difetti di una pellicola del genere – e non voglio scoprire l’acqua calda per l’ennesima volta in tal senso –  le mie perplessità sul valore sostanziale di certa critica italiana (specialmente sul web, ma non solo lì) aumentano a dismisura dopo aver visto After Death. È troppo facile criticare oggi questo film (senza contestualizzare epoca e mezzi, peraltro) trascurando il coraggio, quantomeno, di chi aveva “osato” impiantare una storia del genere (Rossella Drudi) – “guarda caso” gli zombi movie furono pesantemente snobbati per anni di lì a poco. Una rude “fragassata” in salsa zombi, certamente carente dal punto di vista scenografico e di struttura, recitata in modo poco convincente e con una trama troppo esile rispetto a quanto venga tirato in ballo. Osserverei pero’ che siamo pur sempre nella media dell’horror del periodo: la situazione è peggiorata “solo” dal fatto che la storia e troppo localizzata in un’isola sperduta, e per questo forse non riuscì a coinvolgere il pubblico più di tanto. Fulci, ad esempio, riportò il primitivismo voodoo nella metropoli affollata in cui abitavano i suoi spettatori, e fu questo – forse – a decretare il successo assoluto del suo Zombi 2 – senza in questo scomodare parallelismi impropri con il cult di Romero.

Fragasso si accontenta di molto meno, infilando sequenze gore spesso piuttosto gratuite, e filmando evocazioni magiche dal Libro dei Morti (ogni riferimento a “La casa” non è casuale) molto sconnesse e quasi randomiche (la formula “anadum zombi, banadum zombi” non si può sentire, per inciso). In Zombi 4, ad esempio, non è chiaro perchè mai queste persone si rechino nell’isola sperduta delle Filippine se non per farsi massacrare allegramente: una giustificazione più evidente andava cercata, a mio parere. Non che la motivazione della sensitiva – la bella Candice Daly, scomparsa nel 2004 – sia roba di poco conto (in fondo va lì per capire cosa sia successo ai propri genitori, uccisi giusto dai morti viventi): pero’ ho trovato un po’ artefatto il clima generale che si crea attorno alle motivazioni dell’agire dei personaggi. In altri casi ci potrebbe anche stare, qui – per una volta – mi sembra che la stessa giustificazione “scientifica” legata alla volontà umana di raggiungere l’immortalità “oltre la morte”, per l’appunto, si tramuti quasi in una nota stonata.

Quantomeno qui i personaggi sparano sempre in testa ai mostri, cosa che in Virus – ad esempio – non era per niente chiara. Fragasso, a mio avviso, ha probabilmente voluto relegare la dimensione sovrannaturale all’orrore più puro e morboso, quello fisico-organico – con tanto di budella aperte e del sangue ben in vista. Una cosa che non ha certo inventato lui, ovviamente, ma che qualcuno dovrebbe riconoscergli invece di evidenziarne solo i difetti. Detto questo, il vero problema di After Death è legato all’incoerenza di fondo dei morti viventi, che a volte camminano ciondolando, altre rimangono immobili, altre ancora saltano dalle finestre come dei ninja, altre ancora corrono come ossessi. La somiglianza di alcuni zombi (?) con dei demoni (?) che avrebbero bisogno di un dentista con urgenza, peraltro, finisce per shakerare due cose completamente diverse tra loro, e di certo non incrementa qualitativamente il livello generale del film. Non un capolavoro di continuity, per l’appunto, e con recitazioni piuttosto di basso livello: comunque un tassello importante nel panorama degli zombi movie a basso costo, un genere che stava lentamente spirando. E che sarebbe resuscitato in pompa magna solo molti anni dopo.

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