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Aliens – Scontro finale: quando James Cameron ricrea gli xenomorfi

Sono trascorsi 57 anni dall’incontro con il temibile alieno parassita: Ellen Ripley, unica sopravvissuta della nave spaziale Nostromo, viene soccorsa e riportata sulla Terra.

In breve. Un tipico ibrido fanta-guerra ottantiano, mediamente originale e avvicente, per quanto troppo diluito come lunghezza. Il primo sèguito del celebre cult di Ridley Scott, diretto dal regista di “Terminator 2” e “Avatar”.

Alla domanda sulla possibilità di un sequel di Alien, il regista Ridley Scott aveva dichiarato di aver intravisto un enorme potenziale nell’esplorazione delle origini dell’alieno, che tendeva ad immaginare come uno degli ultimi discendenti di altri esseri estinti. Scott immaginava che il sequel potesse o dovesse essere ancora più intrigante del primo episodio, ma non venne mai contattato per crearne un seguito (anche se poi girò comunque Prometheus). Per quanto deluso, all’epoca, dall’essere stato snobbato, definì “sportivamente” Aliens di Cameron un eccellente film d’azione.

Il fatto che Aliens occupi il primo posto della classifica dei migliori sequel di tutti i tempi (è la rivista Empire a sostenerlo), mi provoca quantomeno un sollevamento di sopracciglia, e lo dico nell’ottica che i sequel, in genere, hanno piena ragion d’essere solo in alcuni casi. Soprattutto quando riescono, secondo me, a dare continuità alla storia e ad arricchirla, cosa che questo film di Cameron fa soltanto in parte, sfruttando più l’enfasi delle sequenze che la complessa narrazione alla base dell’originale. Lanciato in pompa magna con una tagline italiana diretta, ignorante e priva di fronzoli (“Questa volta è guerra“), “Aliens – Scontro finale” (da non confondersi con Alien 2, uno spinoff non ufficiale di ben altra caratura) è il seguito di Alien di Ridley Scott, ed evoca l’atmosfera tipica del genere con elementi di avventura, guerra e fantascienza (e quasi più nulla di horror, in effetti, come da tradizione cameroniana).

Un impressionante arsenale tecnologico e militare, esasperato all’ennesima potenza – fin dall’annunciato epico scontro della locandina – che valse a procurare, per quello che vale oggi, due Oscar alla pellicola (Migliori effetti speciali e Miglior montaggio sonoro). Il film, effettivamente, risolve fin troppe situazioni ricorrendo alle immancabili detonazioni spettacolari che, alla lunga, risultano quasi improbabili o addirittura fastidiose. La poetica dell’alieno come corpo estraneo infido ed aggressivo, alla base di deliziose speculazioni di vario genere proposte negli anni, cessa di avere un senso quasi del tutto, già in questa seconda parte della quadrilogia ufficiale.

È infatti interessante constatare come si sia passati dall’Alien nichilista, imprevedibile e fanta-horror delle origini (a cui contribuirono parecchio soggetto e sceneggiatura dell’impareggiabile Dan O’ Bannon, e che rivaleggiava con l’atmosfera claustrofobica de La cosa)  ad uno script molto più blando, un film di guerra futuristico e molto spettacolarizzato, scritto da James Cameron e Walter Hill, i quali fanno in prima istanza diventare Ripley una sorta di reduce di guerra, fraintesa e sottovalutata da i suoi superiori (nella versione uncut, non doppiata in italiano, le viene esplicitamente revocata la licenza). Ovviamente il film è un climax progressivo per avvalorare e potenziare il suo personaggio, l’unica a conoscere l’entità effettiva dello xenomorfo: una sorta di parassita che, neanche a dirlo, infetta organismi umani e richiede quarantena per limitarne la diffusione (come sempre, rivisto oggi, l’effetto profezia di tanti film del genere è un bias cognitivo estremamente popolare).

Cambia del tutto il registro, in sostanza, rispetto all’episodio in nuce di Scott. Quanto avvenuto nel primo episodio viene un po’ brutalmente messo da parte, fatto percepire quasi come una sorta di allucinazione della protagonista, e questo ha due conseguenze: Ripley diventa il personaggio incompreso per eccellenza, con cui il pubblico è portato ad empatizzare, ma è anche un pretesto per fare tabula rasa e resettare. Questo, se da un certo punto di vista era inevitabile, finisce anche per creare un effetto tipico della serialità: alcuni sequel possono imprevedibilmente, avere o meno continuità narrativa e di sostanza con gli episodi precedenti, che è anche l’effetto classico prodotto da tante saghe filmiche – le quali, a conti fatti, avrebbero tante volte funzionato meglio come film a sè stanti che come sequel. io credo che, in tutta sincerità, Aliens funzioni meglio in versione stand alone, senza pensare troppo al fatto che sia il seguito di un altro film (con cui i paragoni sono perlomeno improbabili e quasi azzardati).

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Ripley è, nel frattempo, in preda a continui incubi: anche se i suoi superiori non le credono, il cinico rappresentante della Weyland-Yutani insiste perchè venga inclusa come consulente in una nuova missione. Paradossalmente, e per certi versi, Ripley diventa quasi avulsa dalla trama, ma viene ovviamente reinserita: la scelta di coinvolgerla non appare pero’ troppo coerente con i presupposti stessi, evidenziando una sostanziale quasi-forzatura. Della serie: se Ripley è stata sfiduciata ufficialmente, non è così scontato che venga bellamente accettata nella nuova missione, tanto più che la sua presenza sembra determinata solo dal fatto che dovrà poter intervenire al momento giusto.

E non c’è nemmeno tempo per porsi troppe domande, perchè Aliens cede il passo all’esibizione di tecnologie di guerra molto più spinte di quanto non fossero nel primo episodio (57 anni dopo, in effetti, ci sta), e soprattutto di azione, azione a raffica. Aliens è primariamente un action movie dal tono epico, e la lotta contro l’alieno potrebbe far pensare ad una riedizione ultra-avanzata di Predator, anche per la presenza di marines dagli atteggiamenti machisti (ed immancabili movenze da rapper) che ben si sposano, in effetti, con la Cassandra-Ripley a cui quasi nessuno sembra dare credito. Anche la parte horror, estremamente affascinante e funzionale nel primo episodio, è ridotta ad una componente quasi accessoria, secondaria, ma questo probabilmente va accettato come parte integrante del celebre “patto” tra noi spettatori e la nuova regia. Con una nota di merito, enorme: se gran parte del film è una sequenza snervante ed interminabile di smargiassate militari, rapporti madre-figlia sublimati e sempiterne esplosioni, il twist finale – con lo xenomorfo regina nascosto sotto la navicella di rientro, affrontato da Ripley “all’arma bianca” sfruttando un esoscheletro – entra certamente di diritto nella storia del cinema.

C’è anche da specificare che, al netto di qualche discrepanza nell’impianto narrativo, si tratta di un film importante perchè archetipico nel suo genere, e dobbiamo anche constatare che la componente più introspettiva ed oscura del film di Scott sia stata troppo sacrificata per dare spazio alla mera azione, con tanto di stereotipi del genere, sequenze non proprio imprevedibili e ripetute (quanto spesso irritanti) “spacconate” da parte dei vari militari: l’espediente funziona  nella misura in cui si punta ad evidenziare l’umanità (e la ragionevolezza) di Ripley, a confronto dell’avidità e della grettezza di molti altri protagonisti.

Per concludere, è anche opportuno ribadire che la versione in DVD presenta diverse scene non doppiate, assenti nel cut italiano e spesso piuttosto importanti ai fini della delineazione precisa della trama. tra di esse Ripley scopre che sua figlia è morta, e – tra le tante – manca una sequenza dell’interrogatorio iniziale (non essenziale alla comprensione della storia, ma tant’è). Per fortuna, se non altro, il cut ufficiale è completo, ed è anche molto facile da reperire nella sua forma originale, senz’altro massimamente fruibile.

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