Avengers Endgame: un cinecomics da vedere una volta nella vita (E poi basta)
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Dopo lo snap di Thanos, Clint Barton vede scomparire tutta la sua famiglia.

In breve. Un cinecomics frenetico, accattivante e riflessivo quanto basta. Da un lato, c’è una ammirevole voglia di regalare qualcosa di significativo al grande pubblico; dall’altro, si rischia di diluire le quasi 3 ore di film in troppe parentesi aperte.

Avengers: Endgame” è uno dei titoli più discussi e visti dell’anno, tanto da aver provocato il crash istantaneo dei siti web della Fandango e della Atom Tickets al momento dell’annuncio (a quanto pare, in sole 6 ore). Girato in digital IMAX con proporzioni 1.9:1 come il suo predecessore (Avengers: Infinity War, tanto che il titolo iniziale avrebbe dovuto essere Avengers: Infinity War, Part II)Avengers: Endgame si ricollega al precedente episodio, a partire dai presupposti della trama, sviluppata in senso universalistico e, direi, internazionale-universalistico. Una novità sostanziale nell’universo del genere cinecomics, da sempre in grado di raccontare nuove storie accattivanti senza rinunciare al consueto gioco di “riciclo” narrativo – le saghe del genere sono quasi tutte così, piaccia o meno. Una novità che forse in pochi hanno notato, e che dovrebbe far riflettere chi abbia voluto smontarne i presupposti con recensioni un po’ superficiali (un gigantesco trailer, secondo Linkiesta) oppure mood di battaglia del tipo “questo film non mi sarebbe piaciuto in nessun caso: ho pubblicato questa recensione perchè il mio giornale mi ha costretto a farlo. Manco il biglietto mi hanno pagato – e poi a me i fumetti neanche piacciono, a parte Geppo e Topolino“.

L’universo cinematografico legato ai cinecomics è da sempre controverso, del resto: adorato dai fan (in maniera spesso incondizionata e fideistica), adorato dalla critica-fan, snobbato dai consueti seriosi per cui il cinema è genericamente “altro” (a cosa si riferiscano, chissà – in molti casi).

Nato nello specifico nel 2008, e diventato progressivamente un fenomeno di massa o blockbuster in grado di attirare milioni di persone nel proprio pubblico, ha saputo concretizzare l’impresa di rendere filmabili i fumetti – cosa che, neanche 20 o 30 anni fa, avrebbe al massimo fatto sorridere sarcasticamente. Sono ormai popolarissimi, infatti, gli esperimenti in tal senso provati dai vari registi – dal Diabolik di Mario Bava arrivando agli svariati episodi di X-Men, senza dimenticare le varie riedizioni di Spider man, Batman e via dicendo – che hanno quasi sempre incontrato le reazioni positive di pubblico e fan, con una scelta stilistica di fondo che è rimasto identica negli anni: l’eroe del fumetto non è semplicemente un individuo con poteri straordinari, ma possiede uno spessore umano, psicologico e soprattutto, direi, almeno una vulnerabilità di fondo.

Come ulteriore aspetto di rilievo, Avengers: endgame parte da un universo devastato, lo stesso evocato (a momenti) nel genere post-apocalittico – e sono vari i richiami in tal senso, così come alla sci-fi più classica e, se vogliamo, “concettuale”. Questo è a mio avviso insolito per un genere che cerca i propri riferimenti al massimo nell’universo comics a cui si ispira, e denota un lavoro sostanzialmente ispirato di riedizione, rielaborazione e serializzazione del genere delle tre, probabilmente la peggiore in termini qualitativi è proprio la serialità ostentata: ci eravamo fatti bastare la trilogia del signore degli anelli con annessi spinoff, mutatis mutandis, e questa storia va avanti da troppo tempo, in un certo senso e con la dovuta sobrietà).

Il risveglio morale dei personaggi è al centro del focus della trama, ed è progressivo: la Terra è stata dimezzata, non è il solo pianeta abitato nell’universo (e la cosa viene ripetuta svariate volte, e nei contesti più differenti: questa scoperta sembra quasi un messaggio profetico sul nostro futuro) e gli Avengers devono fare i conti con il proprio, recente fallimento. Sulla base di quanto avvenuto in Avengers: Infinity War, infatti (utile, quanto neanche strettamente necessario per godersi la trama), la conquista delle 6 Gemme dell’Infinito (Spazio, Tempo, Potere, Mente, Anima, Realtà) è alla base della ricerca dei personaggi, disperse in vari punti del tempo e dello spazio ed agognate sia dai protagonisti che dal cattivo per eccellenza, Thanos (che definisce pietà il proprio gesto, significativamente). L’iconico “schiocco di dita” (snap) con il quale è possibile capovolgere la realtà a proprio piacimento, poi, sarà infatti protagonista di almeno un paio di iconiche sequenze, destinate a rimanere impresse nella memoria dei fan (ed ovviamente a formare nuovi meme su internet).

Il film si pone in un’ottica inedita, in un certo senso: proprio perchè parte dal presupposto di un bene sonoramente sconfitto fin dall’inizio, che cerca una improbabile rivincita sfruttando la conoscenza di se stesso e della tecnologia. In tal senso, Avengers: endgame potrebbe essere considerato un film sostanzialmente epico, nel vero significato della parola, e questo soprattutto per via di come si sviluppa in termini di trama. Nel count complessivo dei pregi della pellicola (effetti speciali al di sopra della media, interpretazioni di grandissimo livello, un tocco di viaggi nel tempo ed eventuali paradossi spazio-temporali già visto, probabilmente, quanto incisivo), non mancano possibili difetti al film (alcune trovate, alla lunga, potrebbero sembrare forzature eccessive), che mantiene comunque una solida dignità e riesce a trasmettere un messaggio di speranza incisivo quanto alieno, almeno in gran parte, da facili sentimentalismi. La chiave di volta della storia, in effetti, si presta ad una duplice considerazione: da un lato è accattivante per come viene concepita (e in un film del genere era quasi necessaria), dall’altra – oltre a non essere una novità vera e propria, in questo come in altri generi – presta l’intera storia a capovolgimenti di fronte imprevedibili quanto, sostanzialmente, tutti ugualmente possibili (o quasi). La saga degli Avengers, pertanto, sembra che – da questo momento in poi – possa prestarsi ad una serie infinita di future declinazioni di ogni tipo, purtroppo o per fortuna (dipende dai punti di vista).

Avengers: endgame è legato ovviamente al consueto incubo anti-spoiler, che nell’era social sono diventati parte del trolling (spesso inconsapevole) da parte di numerosi utenti, tanto che i due registi hanno lanciato ufficialmente gli hashtag #DontSpoilTheEndgame e #ThanosDemandsYourSilence invitando chiunque a non rivelare sui social aspetti chiave della trama (e nel film ce ne sono almeno un paio, piuttosto clamorosi). Rimane il dubbio se questo, come altri, sia effettivamente un film per il pubblico generalista oppure no: da un certo punto di vista lo è (per la distribuzione, lo stile e le scelte effettuate nel finale), dall’altro pare non esserlo per nulla (molti dettagli si comprendono del tutto nel contesto globale di una storia che conta altri 21 film, nel complesso). In questa curioso paradosso, pertanto, vive quello che finirà per essere, quasi certamente, uno dei cinecomics dell’anno.

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