I blogger cercano visualizzazioni: facciamo pace con questa idea

Leggo moltissime critiche sullla famigerata blogosfera ed il suo modo di produrre informazioni infime, di bassa qualità, dove una “fonte” è semplicemente un link che sarà utile alla SEO altrui e dove basta scrivere titoli smezzati, morbosi o attrattivi per fare click baiting.

I blogger hanno rovinato il mondo (e non solo quello dell’informazione), basandola troppo spesso sul pettegolezzo, sulla voce non confermata, sulla citazione ad muzzum, sul gossip, nei casi più eclatanti sul leak (pubblicando documenti riservati degli stati, indiscrezioni, foto intime di VIP, e via dicendo). Questo apparentemente avrebbe dovuto mostrare al mondo che i blogger siano espressione del popolo oppresso che si ribella alla tirannide dei “potenti” o dei “poteri forti”: nulla di più sbagliato.

Spesso si accusano i blog di aver rovinato un po’ tutto: di aver rovinato il mondo del cinema, ad esempio, con recensioni autoreferenziali che lasciano il tempo che trovano. Di aver fatto anche peggio nel mondo musicale, infarcendo le recensioni di paroloni inutili che poco o nulla fanno (o faranno, o facevano) capire sulle intenzioni dell’artista. Di aver letteralmente smembrato il mondo e, come racconta Ryan Holiday nel suo meraviglioso libro Credimi! Sono un bugiardo!, di essere addirittura arrivati a raccontare una realtà inventata, inesistente, immaginaria, bizzarra (e creduta vera dai più!), pur di generare visualizzazioni o page-views. Il tutto, ovviamente, aggredendo il lettore con titoli altisonanti, addirittura creando interi siti di informazioni inventate (i siti di bufale che ormai conosciamo tutti). Ma non voglio dilungarmi su questo, oggi.

Bisogna imparare ad accettare i blog per quello che sono, secondo me: esistono blog di qualità e blog cattivi, esattamente come esistono ingegneri competenti e gente che ha scippato la laurea mentre il presidente di commissione era distratto. La qualità paga sempre, anche sul web e anche se Google ed i social (ancora) con le proprie dinamiche un po’ selvaggie non se ne sono accorti. Il concetto è molto semplice, in realtà: ogni blog per sopravvivere a se stesso (alle pressioni economiche nonchè a quelle di amici e conoscenti che invitano i vari blogger, con cadenza quasi giornaliera, a “trovarsi un lavoro vero”) deve necessariamente fare visualizzazioni: senza quelle, senza nessuno che ti legga, non esisti. Saresti un soliloquio umano, un solitario masturbatore della tastiera, un eretico dal pensiero sovversivo che pero’ non si caga neanche tua zia. Triste, ma realistico.

Se non sfruttassero qualche tecnica anche borderline per fare visite, semplicemente non avremmo ragione di parlarne: secondo alcuni sarebbe un mondo migliore, se non fosse che quegli stessi blog, in molti casi, sono la fonte (vedi sopra) di notizie che poi leggiamo nelle testate serie dei giornali. Per cui a qualcosa servono, anche solo per soddisfare la fame di conoscenza e di lettura (o visualizzazione che dir si voglia) del pubblico. Della “ggente“, se preferite. In questa accezione “il popolo del web” di cui spesso si sparla fondamentalmente non esiste, se non come idea astratta e indefinita di ciò che non è mai stato (internet come strumenti anti-oppressivo, per intenderci: almeno non da queste parti, visto il dilagare di populismo sui social e non, per dire, di contenuti troppo culturali).

Facciamo pace una volta per tutte con questa idea: devono fare visite, esattamente come un qualsiasi professionista che abbia bisogno di qualcuno che gli commissioni dei lavori, cercano lo scoop a tema, pubblicano tanto di inutile, sono vincolati agli analytics per gli argomenti da trattare, fa parte del loro lavoro (con tutte le accezioni del caso, è un lavoro, amisci).

Per inciso, molti blogger sono a busta paga presso famose aziende, molti altri dipendono da programmi di affiliazione (li pagano in base ai click, ma soprattutto agli acquisti, che fate attraverso i loro siti) spesso troppo tirchi. In entrambi i casi voialtri lettori non ne saprete mai nulla, e questo nonostante ci sia gente come me che prova a spiegarvelo.

Il blogger dipende dal click perchè è il web, per come è nato e per come sta diventando, ad imporre questa regoletta. O no?

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