Gli spietati: Eastwood riporta in scena i personaggi western più crudi che possano esistere
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William Munny è un ex killer ormai ritiratosi a cui viene offerto un ultimo lavoro…

In breve. È di scena l’Eastwood più sporco, cinico e cattivo: quello che abbiamo conosciuto grazie a Sergio Leone, ad esempio. Lo spirito sembra essere rimasto immutato da quei tempi, mentre la figura dell’anti-eroe di turno viene profondamente umanizzata sulla scia dei film più recenti dell’attore regista. Mi impressionò vederlo anni fa, rivisto oggi appare piuttosto ridimensionato ed il meglio del film è racchiuso nel finale, forse fin troppo essenziale e tagliato.

Vedere Gli spietati oggi produce un effetto piuttosto curioso: da un lato senti di avere di fronte un genere che ha già perso molto del proprio fascino (siamo all’inizio degli anni novanta), dall’altro si ha l’impressione che il riciclo di situazioni, stereotipi ed intreccio sia piuttosto logoro di suo.

Un genere di altri tempi per un film leggermente anacronistico, non brutto e certamente molto ben interpretato: lo sceriffo ambiguo Hackman è perfetto, Eastwood è il gigante da cui sai cosa aspettarti mentre Morgan Freeman appare una presenza molto poco focalizzata. “Gli spietati” non dice nulla di nuovo, non è neanche esageratamente violento e sembra in definitiva troppo attento al grande pubblico per meritare una rivalutazione o riconsiderazione: certamente non un brutto film, ma da Eastwood ci saremmo attesi, visto l’andazzo, qualcosina in più.

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