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Lo slasher per eccellenza: “Halloween – La notte delle streghe”

Uno degli slasher archetipici del genere, nonchè uno dei film più famosi di John Carpenter.

In breve: essenziale, semplice e diretto, giocato su chiaroscuri di violenza ed apparente calma che si scatenano nel turbolento finale. Un oggetto di culto per ogni amante dell’horror, anche se non piacerà a tutti.

Nello stato dell’ Illinois, Michael Myers è un ragazzino che uccide a coltellate la sorella maggiore che gli faceva da baby sitter: il dottor Samuel Loomis (Pleasance) si incarica di seguire il ragazzo, rinchiuso da quel momento in un ospedale psichiatrico. Quindici anni dopo Micheal evade ed uccide tre amici di Laurie, una ragazza assai introversa che abita da quelle parti (Jamie Lee Curtis). Le apparizioni di Myers ad Haddonfield, il quale non dice una parola per tutto il film nè emette alcun grugnito, fanno intuire un vago elemento paranormale nella sua presenza, come se si trattasse di una sorta di demone.

Il film, nella sua semplicità, non ha bisogno di dire null’altro: girato nell’essenzialità di un tranquillo quartiere americano, così simile a quello dove un singolare mostro artigliato farà mattanza, mostra la morte per omicidio a danno di giovani coppie, ragazzi e ragazze che iniziano giusto a godere dell’esistenza: tutti, tranne la timida Laurie, una Lee Curtis ragazzina “fuori dalle righe” in una delle sue più celebri interpretazioni. Apriti cielo, se si pensa che Myers rappresenterebbe il punitore reazionario dei giovani trasgressivi, e che l’unica “ragazza seria” della compagnia riesca a sopravvivere: questo ha fatto scatenare innumerevoli seghe mentali da critico cinematografico, cosa che Carpenter ha sempre rifuggito in film più concettuali tipo “Il seme della follia” – figuriamoci in questo caso. Il ritmo non è sempre elevato, e a confronto di altri slasher forse meglio concepiti il film, visto oggi, ha certamente un valore più storico che sostanziale. Senza “Halloween” e senza “Reazione a catena”, comunque, non avremmo mai visto quel Venerdì 13, e questo forse rimane il fattore più rilevante oltre 30 anni dopo l’uscita della pellicola. L’assassino sembra essere mosso da una voglia di violenza innata che forse compensa un desiderio represso, chiarito dai seguiti innumerevoli del film e dai vari ibridi. Straordinaria l’interpretazione di Pleasance, perfetto Carpenter alla regia.

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