Tra falsi sospetti e occulti depistaggi: Il coltello di ghiaccio (U.Lenzi 1972)

Il coltello di ghiaccio è un film del 1972 di Umberto Lenzi (Milano odia…), in odore di ciò che aveva fatto due anni prima Argento con “L’uccello dalle piume di cristallo”: ovvero codificare il cosidetto “giallo all’italiana”, utilizzando artifici narrativi spesso abbastanza complessi (o improbabili) al semplice scopo di confondere lo spettatore, ribaltando inaspettatamente l’ottica dell’intreccio.

La storia è quella di Martha, una ragazza diventata muta dopo lo shock in cui ha visto morire i propri genitori, durante un incidente su un treno. L’arrivo della cugina (cantante di successo) nella loro casa si conclude, neanche a dirlo, con la morte della medesima per mano di quello che sembra un serial killer. A confermare i sospetti il ritrovamento di un medaglione con un caprone (chiaro riferimento ad una setta satanista), che sarà poi la chiave di volta per risolvere la vicenda. Siamo in un film di Lenzi: le cose non sono sempre lineari, la storia potrebbe disorientare i meno avvezzi al genere e, aspetto importante,  bisogna aggiungere che alcuni lati della storia, alla fine, non tornano affatto.

Non mancano gli ingredienti tipici di prodotti di questa categoria: suspance, falsi sospetti, occulti depistaggi della realtà e l’immancabile sospettato che si scopre poi innocente (non ci facciamo mancare nulla). Una serie di morti a catena nella casa, a cominciare dalla domestica per finire con la nipote, renderà quindi particolarmente avvincente la trama, anche se (è bene ribadirlo) chi è abituato agli standard attuali di giallo/thriller rimarrà forse deluso.

Lenzi attinge chiaramente alla tradizione del giallo classico (vedi agli inquilini della casa e ai conoscenti trattati tutti come potenziali colpevoli). E poi intrecci, false verità, parenti che occultano fatti orribili avvenuti nel tempo, ricostruzioni che non tornano, ricordi confusi, svariati riferimenti all’occultismo ed al satanismo fanno il resto. Gli ingredienti sono quelli che faranno – forse – storcere il naso agli argentiani puri e crudi, ma in fondo e c’è poco su cui potersi davvero soffermare: l’abilità del regista nello svelare la trama progressivamente è notevole, anche se dopo aver visto il film è facile dire che era scontato.

Il finale della storia riuscirà a sbloccare defitivamente i traumi della protagonista e farà scoprire l’ennesima (e secondo alcuni poco credibile) verità. Interessante, certamente da riscoprire anche se non siamo al top.

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