La casa del diavolo: un exploitation / road movie da non perdere
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La pluri-omicida famiglia Firefly cerca di fuggire dalla polizia, imbattendosi in vari innocenti…

In breve. Dopo essersi cimentato con l’horror settantiano (La casa dei 1000 corpi), Rob Zombi confeziona un thriller a metà tra l’exploitation ed il road movie. Da vedere.

Film strettamente legato al precedente La casa dei 1000 corpi, con riferimenti espliciti alla exploitation anni 70 (in particolare L’ultima casa a sinistra, ma anche Cani Arrabbiati di Mario Bava). A differenza del precedente lavoro, virato su toni horror-splatter ed un gusto per il grottesco-macabro piuttosto prevalente, ne La casa del diavolo è l’aspetto home invasion e di violenza fisica e psicologica ad andare per la maggiore.

Le premesse del film, del resto, sono focalizzate sul cosa farebbero persone comuni per sopravvivere a dei sadici criminali, e sono praticamente identiche a quelle de La settima donna: alcuni criminali in fuga dalla polizia che si nascondono in casa di persone comuni. La cinica brutalità che viene mostratata viene pero’ sviluppata su un duplice piano: da un lato la crudeltà dei villain, dall’altro quella della polizia (lo sceriffo è il fratello di quello morto nel film precedente).

Rob Zombi costruisce così un robusto riarrangiamento del suo precedente lavoro, giocando sempre sul consueto gusto per i dettagli realistici; questa volta sono i colpi di scena, i twist dei personaggi che cercano (inutilmente) di ribellarsi ai propri aguzzini ad andare per la maggiore. Se è vero che i riferimenti sono quelli succitati, Zombi ha ben presente vari capisaldi della cinematografia quali Il mucchio selvaggio, La rabbia giovane e Ganster Story. Al tempo stesso ha affermato che questo film non è un sequel, e non richiede in effetti la visione del precedente lavoro: è come se alcuni dei personaggi de La casa dei 1000 corpi fossero scappati via, ed avessero creato una sorta di universo alternativo altrettanto perverso.

Molti aspetti del precedente film vengono chiariti, utilizzando anche l’arma dell’ironia: imperdibile la scena in cui viene rivelato che i nomi dei killer sono tutti personaggi interpretati da Groucho Marx, e ad un poliziotto viene l’idea di… contattarlo. Nell’universo creato da Zombi esistono molti anti-eroi, nessuno è davvero un “buono” nel senso tradizionale del termine, non c’è redenzione, tantomeno una vera e propria fase di revenge come da tradizione: ogni ruolo è destinato ad invertirsi, ogni crimine rimane intrappolato in un vortice di violenza mentre a liberare i personaggi da ogni fardello resta solo la morte.

 

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