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Il remake de “La casa” è quasi meglio dell’originale (F. Alvarez, 2013)

Due uomini catturano una ragazza nel bosco, accusandola di essere posseduta. Molto tempo dopo, cinque amici si ritrovano in una casa in mezzo al bosco…

In breve. Un remake ben realizzato, con i suoi molteplici perchè; è un rifacimento molto personale e, forse soprattutto per questo, interessante. Piacerà ai fan dell’horror, inclusi gli inossidabili amanti dell’originale cult di Raimi. Sangue e violenza a iosa, citazioni continue ed una solida personalità alla regia: l’intrattenimento è assicurato.

Apportando pochissime e molto mirate variazioni alla trama originale di Raimi, oggetto di culto ben noto tra gli amanti dell’horror, Alvarez confeziona un remake ben fatto, che omaggia l’originale senza risultare goffo nel farlo (e ce ne voleva). Il lavoro fatto da Alvarez si incentra sull’horror moderno, quello in cui i mostri simboleggiano esplicitamente le fobìe dei personaggi, ma nulla in questo è smarrito rispetto allo spirito surreale e spaventoso dell’originale. Le legittime perplessità dei fan che accompagneranno la visione, pertanto, saranno quindi dissipate già dai primi minuti.

Il sottoscritto è generalmente contrario ai remake, soprattutto per come vengono intesi nella maggioranza dei casi: rifacimento forzatamente modernizzato che miri a piacere a più persone possibili (anche a costo di massacrare lo spirito degli originali) oppure, alla meglio, puro esercizio di stile (vedi i remake pedissequi di Psycho o Funny Games). In generale, quindi, nulla di entusiasmante, per quando questo remake nello specifico (e nel modo in cui viene interpretato ad ogni livello) sia un più un libero adattamento con qualche ritocco e la medesima sostanza, e finisca per essere davvero considerevole anche (e forse soprattutto) in confronto alla quantità esagerata di epigoni inutili o insulsi.

La casa di Fede Alvarez coglie alla perfezione lo spirito dell’originale di Raimi, ed una simile impresa lo fa candidare a modello di riferimento per come dovrebbe essere qualunque remake (soprattutto horror). Le riletture sono lecite, in fondo, se sono realizzate come avviene qui, con cognizione di causa, perizia e senza azzardare nulla. Molto attento a non ancorarsi alla sterile ripetizione del passato, infatti, e con grandissimo rispetto per il cult anni ’80, Alvarez rispetta la sostanza della trama e vi aggiunge nuovi dettagli, strizzando l’occhio al torture porn quanto allo splatter ed all’horror sovrannaturale in generale, prendendosi il lusso (che poi lusso non è) di apportare delle variazioni ai personaggi ed alla storia, senza per questo intaccare la magia della sua narrazione originale.

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Sono sempre i cinque soliti amici che si ritrovano nella solita baita sperduta, e ritrovano nella consueta cantina i resti di un rito sacrificale e, soprattutto, il sinistro Necronomicon, il libro maledetto in grado di evocare ferocissimi demoni dotati di forza sovrumana (più precisamente deadite). Il sangue costituisce una componente basilare di questo remake, dato che la regia indugia moltissimo sui dettagli sanguinolenti, sulle ferite lacerate e sull’emblematica pioggia di sangue finale (assente dall’originale), che ha utilizzato richiesto 200 metri cubi di sangue finto (circa 180 volte quanto utilizzato nel 1981). Non è un mistero che Alvarez conosca e sappia rielaborare con grande stile l’originale, e chhe si sia divertito ad inserire delle citazioni e dei piccoli easter egg nella trama: la motosega, certi momenti cult de La casa 2 e L’armata delle tenebre, la mitica Oldsmobile 88, i nomi dei cinque personaggi David, Eric, Mia, Olivia and Natalie le cui iniziali formano la parola DEMON. In più, Bruce Campbell non poteva esimersi da un cameo finale, che è presente alla fine dei titoli di coda (e su Youtube).

La dinamica della storia resta intatta, e anzi ne risulta quasi potenziata, arricchita. Ovviamente manca Campbell nella storia vera e propria, e forse i fan ne sentiranno la mancanza, ma al tempo stesso il capovolgimento di fronte conclusivo – con tanto di inattesa e dignitosissima scream queen – ne sopperisce ampiamente la mancanza. Secondo Move Censorship, esistono almeno due versioni del film, di cui la Extended Cut è 4 minuti e 50 secondi più lunga della Theatrical Version (le scene rimosse sono di vario genere). Nella versione disponibile su Netflix, comunque, alcune scene non sembrano essere presenti per cui presumo che si tratti della Theatrical Version.

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