La metà oscura: quando George Romero incontra Stephen King

Thad Beaumont è uno scrittore impegnato, che produce romanzetti pulp pieni di sesso e violenza con lo pseudonimo di George Stark. Quando qualcuno lo informa di conoscere il suo segreto, Thad decide di rivelarlo pubblicamente ed “uccidere” simbolicamente Stark, il quale ha deciso di vivere di vita propria.

Spero che lei non cerchi significati latenti, signor Donaldson: non ne troverà neanche uno!

In breve. Lavoro semi-dimenticato di George Romero da un soggetto di King, dedicato interamente al potere della scrittura ed allo sdoppiamento di personalità. Sviluppato in modo piuttosto archetipico, si tratta della classica storia horror a tinte oscure ambientata nella provincia americana. Non fa gridare al miracolo, probabilmente, se visto oggi, ma mantiene intatta una forza visiva ed emotiva davvero notevole, grazie sia ad uno degli scritti migliori di King che ad un’ottima regia da parte del “re degli zombi”.

Il tema del doppio, della metà oscura depositaria di crudeltà e perversioni, rimane come una sorta di stereotipo sia nel cinema che nella letteratura: e questo, naturalmente, da tempi non facilmente misurabili. Non era facile riuscire a scrivere un soggetto di questo tipo senza diventare ripetitivi, avendo l’accortezza di collocarne i contenuti giocando abilmente sul meta-cinema o forse, meglio, sulla meta-letteratura.

La storia narra di uno scrittore di successo, che se da un lato suggerisce ai suoi studenti di liberare la propria parte di sè repressa o inibita al fine di scrivere “di getto”, dall’altro si rivela un gelosissimo custode della propria oscurità. Un qualcosa che  fa parte di ognuno di noi, a quanto traspare dalla storia, e che può creare problemi nel momento in cui una delle due parti si ritrovi a sopraffare l’altra.

Romero, dal canto suo, si libera temporaneamente dello stereotipo secondo il quale sarebbe in grado di fare horror di qualità ad esclusivo tema zombi, e riesce a conviencere alla grande lo spettatore, ad esempio mostrando chirurgicamente il “doppio” del protagonista collocato all’interno del cranio del protagonista (con tanto di occhio!), ed arricchendo le sequenze con trovate piuttosto fedeli al racconto originale (ad esempio gli uccelli impazziti fuori dalla finestra). In definitiva, “La metà oscura” potrebbe certamente meritare una visione, oltre a rivelare (s)gradevoli sorprese fino alla fine.

Nel cast, oltre al convincente Timothy Hutton, nei panni dello sceriffo Alan Pangborn troviamo Michael Rooker, che qualcuno ricorderà per il precedente Henry, Pioggia di sangue (1986).

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