La vestale di Satana: uno dei primi horror satanici, di Harry Kümel
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Stefan e Valerie sono una coppia di novelli sposi che si ferma in un albergo di Ostenda prima di prendere il traghetto che li porterà in Inghilterra. Nel luogo sopraggiunge la contessa Elizabeth Bathory, che inizia a mostrarsi gentile e disponibile nei confronti dei due…

Recensendo un classico del cinema horror come questo diventa difficile proporre considerazioni che non cadano nel “già sentito”; al tempo stesso, tuttavia, appare altrettanto irrealistico pensare che pellicole come quella di Kümel siano prive di difetti, oppure illudersi che non abbiano influenzato le rappresentazioni successive (quelle sui vampiri, nello specifico). Di fatto, la stessa etichetta orrorifica finisce in questo caso per risultare un po’ stretta, e questo nonostante il titolo evocativo che fa pensare, erroneamente, ad un film di natura occultistica o satanica.

Al bando le banalità, quindi, che mi sembra anche il modo più corretto per approcciare alla visione della pellicola. Anzitutto “La vestale di Satana” è una sorta di “studio di atmosfera” pregno di un certo sperimentalismo: certo non si deve pensare alle estremizzazioni pittoresche di Begotten quanto al clima inquietante del celebre “Rosemary’s Baby – Nastro rosso a New York” ma anche de “L’inquilino del terzo piano” (Polanski condivide i natali con il regista Kümel, ammesso che conti qualcosa). C’è da aggiungere, inoltre, che la storia di vampiri segue una dinamica piuttosto classica, anche se il mito della sanguinaria contessa Bathory viene soltanto citato (e con un certo compiacimento sadico-erotico, c’è da sottolineare), mentre le gesta della protagonista diventano una sostanziale (e convincente) variazione sul tema, con alcuni spunti realmente spaventosi e suggestivi.

Al regista, di fatto, non sembra interessare la ricerca di un modo innovativo o troppo originale per spaventare il pubblico, quanto riuscire a delineare la natura perfida ed ambigua dei vampiri richiamandosi, dunque, alle atmosfere cupe e spesso poco esplicite tipiche dei succitati film di Polanski. Per completezza ed onestà c’è da aggiungere che vedere oggi “La vestale di Satana” è un’esperienza che può far sconfinare lo spettatore nella noia, anche piuttosto facilmente visto quanto si è deciso di diluire una trama che, tutto sommato, avrebbe potuto essere compressa di qualche minuto. Scelte tutto sommato rispettabili, visto che si tratta di cinema sostanzialmente contemplativo e quasi “al di là del bene e del male“, criticabile nella misura in cui è lecito farlo in rispetto ai gusti dei cinefili più affezionati e con qualche momento spaventoso solo nella parte finale, senza dimenticare qualche sprazzo cult (la celebre scena nei pressi della doccia).

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