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L’assassino ti siede accanto è il sequel horror di Venerdì 13, ma senza horror

L’assassino ti siede accanto, ovvero Friday the 13th Part 2. Quanto successo nel primo “Venerdì 13 viene raccontato come una leggenda, che ha finito per trasformare Crystal Lake in Blood Camp. I soliti ragazzi, questa volta, vanno a divertirsi e a far finta di imparare i fondamentali della sopravvivenza in un camp, ma un’oscura presenza sembra aggirarsi nel bosco.

Secondo episodio della saga di Venerdì 13: rientra negli horror più discussi che visti, alla fine, dato che è condannato ad uscire in un format diverso da come era stato pensato. Da reperire in versione uncut.

Jason. Sì, Jason.

Storia del film

Il grande successo della pellicola di Cunnigham porta la Paramount Picture a proporre sul mercato un sequel di Venerdì 13, ovvero quello di cui state leggendo. Impresa che viene affidata a Steve Miner, che già aveva lavorato sul primo film e conosceva la saga mediante un’esperienza come aiuto regia. Il film parte col botto, anche e soprattutto con l’idea di valorizzare le scene degli omicidi e renderle ancora più esplicite.

Le scene in questione sono state raccolte da uno Youtuber in un’unica sequenza, e rendono l’idea del tasso horror parecchio avanzato del film. Le cose, al momento dell’uscita, non andarono come previsto.

Le note dolenti arrivarono in seguito, come raccontato sul sito specialistico ScreenRant: la MPAA richiese, prima dell’uscita del film, l’alleggerimento di varie sequenze considerate eccessive (troppo esplicite o violente), e così almeno 48 secondi del film vengono rimossi dalla censura. L’obiettivo era quello di ottenere una distribuzione che non andasse oltre il Rating R, per evitare di tagliare via una buona fetta di pubblico giovane a cui era  destinato e non ridurre all’osso gli incassi.

Non fu possibile non eliminare le scene e ne risultò un film a cui mancava qualcosa, cosa di cui filologicamente dobbiamo rendere conto, con la reazione negativa di critica e pubblico a causa del fatto che la MPAA aveva tolto le scene più horror da un film risaputamente horror (che è anche un dettaglio grottesco non da poco, a ben vedere).

“Jason sta ancora vagando nel bosco”

Recensione del film

Ci sono un orso ed un coniglio nella foresta che stanno facendo i loro bisognini. Ad un certo punto l’orso guarda in basso verso il coniglio e dice: “Mi scusi signor coniglio, non avrebbe per caso un po’ di carta igienica?” “No, signor orso, mi dispiace”. Allora l’orso prende il coniglio e si pulisce il culo! Ah ah ah.

E vi risparmio le altre “barzellette” che i ragazzi si raccontano per “divertirsi”, tra una cannetta e l’altra. Siamo pressappoco sullo stile demenziale che ha reso noti i Griffin, perchè sono letteralmente le cose che fanno ridere Peter, con quella meta-risata inconfondibile che fa meta-ridere proprio perchè, a conti fatti, prende in giro quel tipo di comicità. La comicità adolescenziale che un po’ tutti, in giovane età, abbiamo praticato, sentendola anche di sfuggita – e più o meno sopportato o peggio. La comicità che fa da strano contraltare all’horror del film, che dovrebbe essere uno dei capitoli migliori e che invece, a conti fatti, difficilmente riesce ad esserlo appieno.

Il livello di questo secondo episodio, in definitiva, non sale per la presenza di chicche come quella riportata, e non escluderei che la furia assassina si possa idealmente scatenare per castigare pensate di questo tipo, che servono purtroppo solo da riempitivo in attesa della mattanza. Si insiste poco o nulla sullo splatter, relegato e rinviato il più possibile, mentre Jason viene introdotto un po’ a caso, quasi fosse un elemento accessorio e non il vero protagonista della vicenda. Effetto anche dei tagli di cui sopra, probabilmente.

Certo, parliamo di un film che non fa esattamente leva sulla coerenza e sull’attendibilità: c’è una ragazza, da sola nel bosco, che va a fare il bagno nuda, da sola, senza dirlo a nessuno, ma ci potrebbe anche stare, sarà il simbolo dello scatenarsi del suo Es freudiano più selvaggio. Pulsione di morte dietro l’angolo, ed ecco che la sua vita finisce miseramente. Oppure, ancora: il campo è riservato a ragazzini pressappoco nerd, e allora qualcuno potrebbe spiegarci quella lancia (intesa come arma, non come automobile) da dove diavolo sia uscita fuori?

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Ecco, per vedere questo film in modo obiettivo va spiegato che la trama appare abbastanza debole anche al netto di questi accessori, odora di disperato remake per buona parte dello svolgimento e certi dettagli sono inaccettabili: citiamo ancora, per completezza, la sega elettrica che si prefigura in modo troppo ovvio come potenziale arma impropria (serve per tagliare un piccolo ramo, peraltro: andava bene pure un seghetto degno delle peggiori ferramenta), e latitano anche le motivazioni che animano i protagonisti: la coppietta che vorrebbe ad ogni costo andare a Blood Camp, solo perchè “così potremo raccontare in città di esserci stati“.

Wow.

È un po’ come se i ragazzi di Elm Street decidessero di sognare Freddy, così, per il gusto di farci un film (cosa che probabilmente, a ben vedere, è stata addirittura quasi fatta).

Senza voler fare i moralisti o i “recensori medi da web”, Steve Miner  fa un buon lavoro ma è la distribuzione a non tutelarlo e distribuirlo bene (tra i suoi film più noti Chi è sepolto in quella casa e Halloween 20 anni dopo, senza dimenticare Week end di terrore e svariate serie TV più recenti).

Nel frattempo è passata mezz’ora o poco più e Jason, salvo rarissimi momenti, viene declassato più ad una sorta di Nightmare mal riuscito che altro. Un peccato, perchè la sua comparsa, quando viene finalmente inquadrato in volto (e ciò avviene nel modo più sgradevole possibile), è qualcosa di memorabile e diverso dallo stereotipo che lo vorrebbe perennemente con la maschera da hockey.

Tra gli aspetti meno considerati, vi è una vera e propria modalità standard negli assalti del mostro, che ad esempio ama attaccare le vittime alle spalle, mentre la scena viene ripresa quando le prede guardano la camera,  in modo che lo spettatore veda tutto: una caratteristica da veri voyeur che i fan più consumati riconosceranno negli episodi successivi.

La figura di Jason si delinea come quella di un selvaggio deforme, cresciuto letteralmente nei boschi cibandosi di animali selvatici, e sviluppando un istinto omicida derivante dall’aver assistito da giovanissimo alla morte della madre. Da come viene descritto sembra quasi una sorta di essere mitologico, uno yeti crudele di cui si parla tanto e che esita parecchio ad apparire sulla scena. Quando lo fa sono ottimi momenti (vedi la sua soggettiva con coltellaccio in mano), e fanno tirare un sospiro di sollievo al fan che nel frattempo stava appisolando. Alla fine, quindi, non sarebbe neanche male come film (discreta anche la sorpresa nel finale, ma rende poco l’idea ed appare piuttosto illogica), visto che – a parte l’intro un po’ noiosa – l’episodio vive di vita propria, e non risulta neanche autocelebrativo: il vero problema de “L’assassino ti siede accanto” è quello che succede prima che l’assassino … sieda accanto.

Dialoghi a volte sconcludenti, poco realistici, ragazzi di 18-20 anni che sembrano un po’ troppo ingenui (ma questo diventerà un leitmotiv del genere, negli anni a seguire), momenti in cui le attrici vengono riprese manco fossero ballerine di lap dance o signorine di “Colpo grosso”; in fondo, a ben vedere, quello che diventerà poi una sorta di stereotipo negli anni successivi per film di questo tipo. Manca l’horror, quello è il vero problema.

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