Cimitero vivente (Pet sematary): un classico kinghiano da riscoprire
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Cimitero vivente di Mary Lambert è considerato una delle migliori trasposizioni kinghiane mai realizzate nella storia, per quanto esempi validi non siano mancati anche negli anni recenti (e penso soprattutto a 1922). Secondo un abusato stereotipo, infatti, certi fan dello scrittore ritengono che i suoi racconti non siano filmabili (cosa peraltro discutibile, se è vero che la sua scrittura si ispira molto alla fantascienza classica e ai primi horror anni cinquanta). In questa circostanza la regista, del resto nota soprattutto per questo film (ma anche per un episodio de I racconti della cripta e per vari documentari su Madonna, Motley Crue ed Eurithmics) realizza una confezione pregevolissima per una storia che, a conti fatti, deve moltissimo a Zeder, per quanto il tributo sia da sempre poco chiaro e mai chiarito dagli artisti coinvolti.

Ma non tutti vi restano sepolti…

La sinossi è semplice e diretta: il dottor Louis Creed si trasferisce con la famiglia per motivi di lavoro, dalla città ad una realtà più spartana verso cui la moglie mostra una leggera insofferenza. Ci vuole un po’ perchè si arrivi al quid del terrore: neanche a dirlo, il protagonista si imbatte in un giovane appena investito da un’auto, che gli lascia un inquietante presagio di morte. Al tempo stesso, i suoi figli entrano in contatto con un cimitero per animali, e ne rimangono impressionati chiedendosi cosa ne sarebbe stato del proprio gatto dopo la sua morte. Il cimitero, per la verità, non è solo in grado di riportare in vita gli animali, ma anche le persone, e se seppiamo chi amiamo proprio lì le conseguenze potrebbero essere tragiche. Si arriverà ad un epilogo toccante, impreziosito da un twist finale davvero considerevole e con rimandi ad altri classici del genere, tra cui soprattutto il capolavoro anni settanta La morte dietro la porta, con cui Pet cemetary condivide parecchio del mood tragico legato all’accettazione della dipartita dei nostri cari.

Secondo King stesso (che compare, peraltro, nella veste di un prete, per un cameo che in genere per l’epoca non mancava mai), si tratta dell’unica storia che abbia scritto in grado di terrorizzarlo sul serio: e se parliamo dei film più spaventosi di sempre, del resto, difficilmente viene citato un classico che non sia Shining, La cosa o al limite L’esorcista. A suo modo Pet Sematary (mispelling intenzionale) viene menzionato solo in alcuni casi, e probabilmente a torto visto che andrebbe riscoperto e rivalutato, per quanto non riesca a decollare e la sua regia, alla lunga, risulti prolissa e leggermente priva di ritmo in alcuni passaggi.

Uscito nel 1989, Cimitero vivente si basa sul romanzo omonimo scritto da Stephen King, e nella sua trasposizione contiene scene autenticamente spaventose, rapportate ai mezzi ed al mood dell’epoca (oggi, probabilmente, farebbe meno paura, ma credo continuerebbe comunque a procurarne). Peraltro il film si presta ad una analisi profonda e toccante, dato che tratta di un tema universale che chiunque potrebbe aver vissuto: come un fulmine a ciel sereno, un ragazzino perde tragicamente il proprio animale domestico, subendo il trauma della dipartita per la prima volta in vita sua. La possibilità di farlo tornare in vita seppellendolo nel cimitero del titolo lo alletta, ovviamente, per poi doversi arrendere alla cruda realtà delle cose: è sempre preferibile che i morti rimangano dove sono, come del resto Romero ha sempre raccontato.

C’è anche da specificare che il film della Lambert non è obiettivamente il top, e presenta piccoli difetti a livello narrativo e recitativo: nonostante ciò, rimane un cult e probabilmente continuerà ad essere definito come tale per molti anni a venire.  C’è inoltre qualche differenza rispetto al romanzo, visibile soprattutto in un aspetto chiave: la presenza del wendigo (un demone nativo americano, che viene citato nel recente Antlers) che viene citato nel film ma non comparare esplicitamente, idea interessante (molti horror d’epoca erano costellati di riferimenti sinistri che non necessariamente apparivano nel film), conferendo al tutto un’aura più sinistra.

Colonna sonora, ovviamente, by Ramones: Pet semetery e Sheena Is A Punk Rocker.

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