Postal: il film trash di Uwe Boll politicamente scorretto e caciarone
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Postal Dude è un ragazzone imbranato, tradito dalla moglie ed irritato dalla società: un bel giorno si imbottisce di armi e decide di aiutare lo zio Dave a compiere un furto di bambole inguinali (sic), da rivendere su Ebay per farci “una fortuna”. Quanto di preciso, non è dato sapere, perchè gli affaristi in erba non sono proprio delle cime in matematica… A complicare il tutto arriva una cellula terroristica di Al Quaeda, che ambisce al medesimo obiettivo.

In due parole. La frase di lancio del film è forse la sintesi migliore: “Alcune commedie esagerano. Questa va oltre. Ultra-trash, fuori dalle righe, stupida, gratuita, di pessimo gusto e con una delle peggiori trame degli ultimi anni;  serve conoscere la “Running With Scissors” (emblema del videogame omonimo) per goderselo appieno, in caso contrario rimane una discreta scemenza, in larga parte evitabile.

Un film tratto da un videogame è già garanzia di ben poco, di suo. Ma Postal di Uwe Boll (2007) è un film particolarmente cafone, di cattivo gusto, irritante, troll: un po’ Griffin più borderline, un po’ Borat, un po’ South Park, un po’ sarcasmo estremista modello 4chan, è anche un film che anticipa e prevede i tempi che viviamo, come una grottesca profezia che si autoavvera. Una profezia che prevede tempi cupi, in cui il cattivo gusto diventa gusto per la satira, in cui qualsiasi imbecille può usare “satira” e “humour nero” come paravento per schermare qualsiasi nefandezza, dove se non fai il cafone sei una checca, dove insomma l’invivibilità diventa mondana, siamo su scherzi a parte e non ci siamo accorti che avevamo un bel siluro nel didietro. Senza motivo, dal nulla.

“Postal” è un film low-budget che si lascia guardare alle giuste condizioni: il regista prende l’ennesimo videogioco splatter azione horror e si diverte a modo proprio. E’ bene sapere che Boll era considerato uno dei peggiori registi moderni (lanciò una raccolta firme, provocatoriamente, per far chiudere la sua carriera registica, e ne raccolse oltre 150.000!); ricordo ancora gli improperi lanciati contro il suo pessimo “House of the dead“, e degli altri film pare nessuno riesca davvero a brillare.

Tranne forse, per qualche lampo, in questo. C’è da dire che Boll è consapevole della sua fama di “regista di serie Z“, e lo dimostra ampiamente, ironizzando su sè stesso, auto-rappresentandosi come un tizio che realizza pessimi horror tratti da videogiochi, addirittura sfruttando denaro nazista per finanziarsi (in realtà i soldi li trova mediante la casa di produzione che dirige). Già il trailer era raggelante, del resto: mostrava due piloti di aereo poco prima degli attentati dell’11 settembre, ed ha subito vari tentativi di censura e soppressione.

Per il resto lo spirito del videogame originale è rimastio intatto: Postal Dude è un maschio bianco presumibilmente alpha, pieno di difetti quanto di scazzi quotidiani, che ironizza su se stesso e sull’idea che qualcuno possa realmente farsi giustizia da solo, in mancanza d’altro. Fa molto meno ridere oggi, che casi del genere sono successi per davvero, ma anche in questa assurdità il film appare sostanzialmente più profetico che di cattivo gusto. Sempre della serie “quadretti cult“, ce ne sono a bizeffe: un uomo viene aggredito dentro “Little Germany” da Vince Desi, che è il game-designer di Postal, ma questo lo capiranno solo gli appassionati del videogame.

“Running with scissors” si è occupata direttamente di definire la sceneggiatura, rendendolo volgare e cinica come poche, mentre a quanto pare Boll avrebbe voluto orientarla più come una satira alla Borat (e qualche traccia dell’idea è rimasta).

“Mmm… ho avuto un’idea… no, mi è passata.”

A mio parere, pertanto, nonostante limiti concettuali e di trama evidentissimi, il film non è completamente da buttare, per quanto la trama barcolli, troppe cose non convincano ed il vero problema resti che l’aspetto demenziale – la cosa che conta più di tutte, dentro il videogioco e dentro Postal in particolare – è troppo poco incisivo rispetto ai deliri anarcoidi della versione digitale. Probabilmente in mano a qualche regista della Troma questo film sarebbe stato forse più riuscito (Troma che è sempre stata molto, molto attenta all’aspetto sociologico e politico delle sue opere): ma così non è in questa sede, e quindi dobbiamo accontentarci di un Postal Dude modesto, con l’aggiunta di personaggi strambi, qualche ragazza formosa e poco vestita completamente a caso, un capufficio che impala le teste di quelli che ha sottomesso, l’archetipico nanetto perfido e presuntuoso che sembra sbucare da una degenerazione di qualche film di Lynch e così via.

Frullando praticamente a casaccio le componenti del videogame si ironizza su un grosso bagaglio di paure insite nella società occidentale, a volte con toni demenziali alla South Park (il nascondiglio con su scritto “vietato l’ ingresso agli infedeli“, “l’inno aziendale di battaglia” oppure Bin Laden che frequenta il corso “117 gradini per dominare i tuoi impiegati“), altre volte con trovate di humor nero evitabili (su tutte, l’aereo dirottato che si schianta sul palazzo: qualcuno che voleva demolire l’opera, della redazione del New York Post, mostrò ai familiari delle vittime degli attentati del 2001 la scena introduttiva, giusto quei 7 secondi, per mettere il regista in cattiva luce). Postal sarà semplicistico e sgradevole quanto vi pare, ma non ho trovato il film noioso, anche se alcuni buchi non mancano ed il tono è a volte insostenibile, specie per un pubblico abituato ai tormentoni bambineschi e alla comicità edulcorata della televisione. In mancanza d’altro, Boll si sofferma sul trash più classico, casinaro e corporale (peti, palpate, sesso e violenza puramente riempitiva). La trama è soltanto un pretesto, e trovare letture politiche o meno che mai sociali in essa è ridicolo almeno quanto il film stesso, perchè il punto non è questo: Postal è intrattenimento, ancor più per il fatto che si tratta di un film tratto da uno dei videogiochi più noti e controversi tra gli appassionati. Quindi guardatevi bene dal fare moralismo con “Postal” – soprattutto in Italia dove l’accusa di qualunquismo è quasi all’ordine del giorno, nel cinema e non solo.

“Uwe Boll: quasi un Ed Wood partorito dalla generazione di Pac-Man” (MoviePlayer)

Sono cose da tenere presente, perchè altrimenti vedere un poliziotto che fa fuori una signora ferma ad un semaforo senza una vera ragione può creare un effetto straniante. Di sicuro di film così non ce ne sono molti in giro: poco ma sicuro.

Probabilmente nella redazione di Wired, a suo tempo, si infastidirono per il modo facilone con cui veniva trattato il nazismo dentro al film (e non avevano torto), suscitando la reazione di Boll che scrisse una “sbroccata” rimasta nella storia, con tanto di insulti alla madre del recensore ed un epico finale: “le persone come te sono il motivo per cui i film indipendenti non hanno più alcuna chance”.

Chi  ha una certa familiarità con il videogioco “Postal” potrà invece godersi questo modesto tributo, fatto trovate molto trash, una trasposizione da videogioco sufficente, belle figliole discinte completamente a casaccio, atti casuali di violenza insensata (cit. Anthrax), una sceneggiatura di pessimo gusto ed il mitico gatto usato come silenziatore (sic): una trovata, quest’ultima, fedele al videogioco e costata da sola 45.000 dollari. Vederlo? Fate voi, ma non abbiate aspettative; e se proprio volete avvicinarvi al cinema indipendente e da cazzeggio, c’è tanta altra roba demenziale da gustare in giro.

Forse il migliore, in definitiva, tra i film più brutti usciti in quegli anni.

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