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Prometheus: Ridley Scott rinnova il mito di Alien

Due scienziati scoprono un incredibile nesso tra incisioni antiche risalenti a differenti civiltà: si trovano così a bordo di un’astronave, in una missione spaziale con altri esperti, che dovrebbe condurli a scoprire i segreti della nascita della vita…

In breve. Nuovo reboot del celebre soggetto di Dan O’ Bannon (diligentemente tributato nei titoli di coda) su uno degli Alien più celebri del cinema: torna alla regia Scott, le carte in tavole vengono leggermente mischiate, cambia qualcosa a livello di soggetto e, con richiami più o meno per fan di ferro, ne esce fuori un buon fanta-horror. Non trascendentale a livello di trama quanto decisamente accattivante.

Prometheus è a tutti gli effetti fantascienza-horror alla Ridley Scott, quel genere che aveva quasi del tutto inventato più di 35 anni fa. Probabilmente non si tratta di uno dei migliori in assoluto del regista, ma certamente si può annoverare nella top five tra quelli che ha diretto fino ad oggi. Anzi, guardando il suo successivo The martian viene quasi in mente che, con le dovute proporzioni, certe sue sequenze siano state prelevate direttamente da qui, giusto eliminando quello “sporco” che trasuda (come è giusto che sia) da qualsiasi film più o meno annesso ad Alien. Insomma il pubblico che si aspetta una pellicola incalzante e con buone dosi di effetti visuali, tensione e splatter, troverà pane per i propri denti.

Se il film sul “marziano” raccontava, nella sua semplicistica linearità, dell’isolamento di un astronauta abbandonato per errore su Marte (ed il resto era prevedibilità, con qualche sprazzo di tensione), questo Prometheus è più, decisamente più di un semplice reboot dell’originale, il primo, inarrivabile ed irripetibile Alien del 1979. Questo film, di fatto, eredita prevalentemente atmosfera e parte delle situazioni dell’originale ma, di fatto, se ne serve solo come ispirazione per creare qualcosa di nuovo. Il riferimento a Prometeo, del resto, dice già tutto: è il nome dell’astronave che condurrà i personaggi sul posto, ed è un evidentente richiamo alla notissima figura mitologica greca.

E anche se gli xenomorfi sono qui assenti (i quali pero’ possiedono comunque un ruolo nella storia, e sarà rivelato al momento opportuno), vengono qui rimpiazzati, in qualche modo, da umanoidi dalle pupille dilatate: gli “Ingegneri” che dovrebbero essere i progenitori della razza umana. Rimane poi quel senso di oppressione, smarrimento e panico al cospetto dell’universo e dei suoi misteri, a fronte di un nichilismo di fondo che tormenta i personaggi fino all’ultimo, con risposte che tardano ad arrivare – e che arriveranno, per inciso solo in parte, lasciando al pubblico l’arduo compito di rispondervi. Scott non si risparmia qualche perla all’interno di una trama che, presa da sola, non sarebbe neanche una gran cosa: ad esempio, la missione è finanziata da una multinazionale privata che bada ai propri interessi. E se non siamo alle storie del miglior Cronenberg, comunque ci andiamo vicini quando sentiamo la macchina per le operazioni chirurgiche rifiutarsi di effettuare un cesareo, questo perchè accetta quel genere di ordini solo da voci maschili; a quel punto, quindi, viene quasi il dubbio che il film sia un po’ più “politico” di quello che potrebbe sembrare a prima vista.

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Misteri insolvibili e struggenti, insomma, sull’origine dell’uomo e della vita che, anche nel futuro – il film è ambientato a fine del 2089, con un approccio che si sforza di essere sempre credibile, prima che spettacolare – che sembrano doversi per forza relegare sul piano concettuale, cosa in cui peraltro Scott è storicamente abile a raccontare, peraltro senza scadere nello scontato o, peggio, nell’autoreferenziale. Sulla storia, peraltro, non c’è molto altro da dirsi perchè Prometheus è un film prevalentemente visuale, che va gustato nella sua interezza mentre gioca tanto sugli effetti digitali (molto accurati quelli in 3D, in particolare), approfondendo i rapporti tra i personaggi quel tanto che basta a rendere il film godibile a chiunque.

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