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Quando la strada per la morte fu tracciata dai Masters of horror

Un autobus è costretto a fermarsi lungo una desolata strada di montagna a causa di un guasto; i passeggeri si dividono tra chi si allontana a piedi, chi accetta un passaggio da un camionista e chi rimane fermo in attesa di aiuto. Nel frattempo un singolare ragazzo dal’aria di cow-boy si avvicina …

Vai di fretta? Mediometraggio dei celebri “Masters of horror” ispirato ad un racconto dello scrittore David Schow: pochi attori, tanta azione e poche spiegazioni. Diretto con stile e discretamente interpretato, si barcamena in un citazionismo esasperato, che va da Non aprite quella porta (as usual) fino ai road movie claustrofobici anni ’70 (Autostop rosso sangue, per dirne uno), ma lascia poca sostanza.

Strada per la morte” sembra promettere bene ma poi, dopo circa mezz’ora, ti fa rendere conto che non decollerà praticamente più: un classico b-movie col “freno a mano tirato”, quindi, forse dagli interessanti presupposti ma con un mordente fiacco e, soprattutto, senza una coerenza logica troppo evidente. Vanno bene – e si sposano con l’orrore, come sappiamo – sia l’assurdo che il surrealismo, ma l’impressione è quella di assistere ad un prodotto semplicemente poco rifinito (per non dire grezzo), troppo preso dal voler rappresentare più azione e sangue possibile senza badare quasi per nulla alla storia. Il simbolismo ghepardo/serpente – citato a proposito dei killer, per fare un esempio – sembra scomodare sottosignificati che poi, di fatto, mancano del tutto, e lasciano solo un senso di smarrimento nello spettatore. Il finale, poi, lascia la sgradevole sensazione di abbandonare crudelmente lo spettatore giusto sul più bello.

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In questo senso “Strada per la morte” delude, e non lascia spazio a critiche positive – se non forse per la realizzazione delle scene in notturna, alcune davvero ben concepite ed efficaci. Un road movie horrorifico piuttosto anonimo, in definitiva, diluito in svariate citazioni (troppe) e che vive di qualche momento vagamente esaltante; difficilmente mostra il “lato oscuro” e – cosa essenziale – vacilla un po’ troppo dal punto di vista della sceneggiatura. Tende quindi a rimanere poco impresso nella mente dello spettatore, evocando “a salve” fin troppi film simili (l’elenco sarebbe troppo dispersivo). Cosa ancora peggiore che tutto questo, purtroppo, rimane vero nonostante la presenza di star del terrore di buon livello, tipo Laurene Landon e Michael Moriarty. Da vedere pro forma o per completezza rispetto alla serie originale, e nulla più.

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