TRASGREDIRE: il manifesto dell’eros secondo Tinto Brass
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Carla è alla ricerca di un appartamento a Londra da condividere con lo studente di cui è innamorata, Matteo.

In breve. Un micro-saggio di erotismo del Maestro italiano, semplice nella sua struttura quando significativo all’interno della produzione brassiana. Nonostante alcune situazioni possano sembrare forzate (e questo non aiuta la componente suggestiva), il film è simbolico di un modo di intendere l’eros tuttora attuale.

Film emblematico della più recente ondata brassiana di erotismo, quella che aveva deciso di attualizzarsi ed abbandonare le ricostruzioni storiche. La figura di Carla, interpretata dalla bellezza statuaria, sublime e abbagliante di Yuliya Mayarchuk (una Musa quasi simbolica – senza slip, con le calze colorate e l’ombrello – di questa fase del cinema di Brass) è la tipica donna che alterna ruolo di dominatrice e dominata, persa tra i meandri di un erotismo che la cerca, senza mai soddisfarla seriamente. Come è sua consuetudine, i toni del film giocano sull’ironia e su un’idea del sesso gioiosa quanto poco preventivabile, e questo a cominciare dal titolo, in bilico tra il tradimento e la trasgressione.

La figura del protagonista maschile, poi, è apparentemente il tipico tonto medio (che si può apprezzare egualmente nei film di Russ Meyer come Supervixens) in cui paure, educazione e perbenismo gli impediscono di godersi edonisticamente il sesso – cosa che il film sembra invitare il pubblico a fare fin dall’inizio, senza pensieri nè remore.

Questo è anche un po’ il senso della pellicola, al netto delle numerose scene erotiche (a volte ben costruite e suggestive, altre vagamente forzate o irrealistiche): se all’inizio Matteo impazzisce di gelosia nell’immaginare la propria donna guardata da altri, in una relazione lesbica, di gruppo o etero che sia (e rapito da questa ossessione nemmeno si accorge che Carla vorrebbe fare del sesso telefonico con lui), successivamente sblocca la situazione in modo radicale. Lo fa nell’unico modo realistico: chiedendo alla propria donna di mentirgli, di non raccontargli mai una verità che demolirebbe l’immagine idealizzata di cui è geloso.

Un piccolo dramma-commedia a tinte fortemente erotiche, forse non il migliore della lunga serie del regista (questo soprattutto per via di interpretazioni non sempre all’altezza della situazione), ma che oggi può essere riscoperto perchè, nella sua leggerezza, di un minimo interesse cinefilo. La versione inglese del film (quella italiana si trova facilmente in rete) è leggermente differente a livello di montaggio, presenta i credits iniziali con il titolo inglese “Cheeky” (in inglese sfacciata/o) e manca del primo minuto iniziale di riprese. Anche la musica di apertura, nell’edizione anglofona, è leggermente differente.

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