Una farfalla con le ali insanguinate: il film di culto di Duccio Tessari

Una diciassettenne viene uccisa da un uomo misterioso, e la colpa ricade su un noto giornalista sportivo. Le prove sembrano apparentemente schiaccianti, ma la testimone principale è miope come una talpa, e qualcosa non quadra. Sembra trattarsi di una trama per incastrarlo…

Discreto giallo all’italiana, con vari elementi ironici e qualche pecca interpretativa; i personaggi principali sono tutti ben delineati (addirittura con i sottotitoli), ed il film si avvale di una solida regia di Tessari. Poco sangue, poca violenza per un giallo di natura “riflessiva”, con un finale a sorpresa piuttosto originale.

Giallo prettamente italiano a cominciare dagli elementi tipici del genere, con una storia molto coinvolgente anche se piuttosto canonizzata per chi ne riconosce le peculiarità: una famiglia apparentemente normale, i segreti che nasconde, la sua ipocrisia di fondo ed una punta di eros di natura morbosa. Non mancano i siparietti comici che facilitano grandemente la visione rispetto agli intrighi a doppio avvitamento della norma; prima metà riuscita solo in parte, ed il resto va inesorabilmente in crescendo.

Sarebbe un grandissimo film, a mio parere, se non fosse che gli elementi action e gore sono stati ridotti all’osso, rendendo il tutto un po’ “fuori linea” – non tanto con la tendenza consolidata dell’epoca, quanto con l’efficacia stessa della trama. In sostanza il film si rivela un po’ diverso dalle aspettative, ma alla fine non si può certo dire che si tratti di un lavoro maldestro o malriuscito o, peggio ancora, scopiazzato. Il plot si delinea nella descrizione di una sorta di intrigo ordito ai danni dell’apparente colpevole, con tanto di intensa rappresentazione del processo nel gioco contrapposto tra accusa e difesa, piuttosto ordinario di per sè ma alquanto singolare se immerso in un giallo italian-style. Successivamente si torna sull’intreccio thriller, con tanto di nuovi delitti e di assassino che si prende gioco della polizia e che, tanto per cambiare, indossa un impermeabile chiaro; tra l’altro praticamente tutti i personaggi maschili del film ne indossano uno per mandare lo spettatore fuori strada. Notevole la scelta della colonna sonora, opera di Gianni Ferrio e di sapore tipicamente jazz, con qualche suggestione notevole orientata sulla musica classica (Concerto Numero 1 di Tchaikovsky nei momenti più intensi è davvero indimenticabile).

La farfalla del titolo, titolo “animalesco” (vedi anche Quattro mosche di velluto grigio) e parzialmente allegorico, si riduce ad un semplice elemento accessorio non troppo utile alla trama: non compare nel film prima di un’ora e otto minuti circa, e questo suggerisce come sia stata una trovata per attrarre “a tradimento” un pubblico da poco stregato da L’uccello dalle piume di cristallo e Una lucertola con la pelle di donna. A parte questo, si tratta certamente di un film da rivedere ancora oggi, con tutte le riserve del caso.

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