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  • ChatGPT comico per un giorno: riesce a farci ridere? (no)

    ChatGPT comico per un giorno: riesce a farci ridere? (no)

    Fare ridere con un’intelligenza artificiale generativa è difficile per vari motivi, molti dei quali sono legati alla teoria del riso di Henri Bergson, filosofo francese che, nel suo celebre saggio Il riso (1900), analizza le dinamiche che scatenano la risata. Secondo Bergson, il riso nasce dalla percezione di un comportamento umano che diventa meccanico o rigido in un contesto sociale, creando un contrasto tra l’automatismo e la naturale fluidità delle interazioni umane.

    Bergson suggerisce che il riso scaturisce quando una persona si comporta in modo che sembri un “automatismo”, come se il suo corpo o le sue azioni fossero pilotate da una macchina, senza il giusto adattamento alla situazione. Questo genere di umorismo dipende dalla capacità di cogliere l’imprevisto, il fuori luogo, il contrasto tra ciò che ci si aspetta e ciò che accade realmente. Questo deporrebbe in teoria a vantaggio dell’uso delle IA per creare battute comiche, ma alla prova dei fatti è facile rendersi conto – banalmente, usando ChatGPT – che le cose non stanno proprio così.

    Quando si cerca di fare ridere con un’intelligenza artificiale esistono infatti numerose difficoltà legate proprio ai meccanismi tipicamente umani di cui parlava l’autore:

    1. Mancanza di esperienza e contesto umano: Il riso spesso dipende dalle esperienze personali, dai riferimenti culturali e sociali condivisi, che un’IA non possiede. Un comico umano può attingere a una varietà di esperienze vissute, comprendendo appieno le dinamiche sociali e culturali che possono far scaturire una risata. Un’IA, invece, non vive esperienze e non ha un’intuizione diretta della realtà, ma solo dati e schemi linguistici da analizzare. La battuta comica di Bergson, che si basa sul “fuori luogo” o sull’errore in un comportamento, diventa difficile per un’IA, che non sa cogliere il contesto e le sfumature che rendono qualcosa inappropriato o sorprendente.
    2. Automatismo vs. creatività: l’umorismo implica spesso una rottura dell’automatismo, una sorta di imprevedibilità che scuote la nostra percezione. Le IA, però, lavorano proprio sulla base di schemi ripetitivi e calcoli algoritmici. Sebbene possano generare battute, queste risultano spesso “meccaniche” o prive di quella freschezza e improvvisazione che rendono il comico umano così efficace.
    3. Mancanza di comunicazione non verbale: Bergson mette in evidenza che una discreta parte del riso è alimentata da aspetti non verbali della comunicazione: i gesti, le espressioni facciali e il linguaggio del corpo. Questi elementi sono impossibili da riprodurre per un’intelligenza artificiale che funziona esclusivamente con il testo.
    4. Difficoltà nell’ironia e nelle contraddizioni:  l’ironia nasce dalla capacità di cogliere la distanza tra ciò che una persona dice e ciò che realmente intende. Le IA, non essendo dotate di una comprensione emotiva o culturale profonda, non sono in grado di afferrare l’arguzia o l’ambiguità con la stessa sottigliezza di un comico umano.

    Sebbene le intelligenze artificiali siano in grado di generare battute e risposte comiche, è difficile che riescano a suscitare una risata autentica come farebbe un comico. Questo perché il riso, secondo Bergson, dipende da un’interazione complessa tra la realtà e il suo contrasto, un contrasto che emerge dalla nostra capacità di percepire la vita come un flusso imprevedibile e sorprendente. L’intelligenza artificiale, pur eccellendo nell’analisi dei dati e nella produzione di contenuti, manca dell’esperienza umana, della capacità di improvvisare e del senso del contesto che sono alla base della comicità più profonda e spontanea.

    Ci abbiamo provato qui, e queste sono le prime battute che sono “venute in mente” a ChatGPT il 24 dicembre 2024.

    “Perché il computer non va mai in vacanza? Perché ha paura dei virus!”

    “Perché gli astronauti portano sempre una matita nello spazio? Per scrivere nelle stelle!”

    “Perché il pomodoro non riesce mai a prendere un treno? Perché perde sempre il sugo!”

    Invitando ChatGPT a fare qualcosa di più mirato esce fuori qualcosa di migliore, anche se si evidenzia fin da subito come sia meglio farne uso come strumento assistivo e non automatico al 100%:

    “Ho chiesto a ChatGPT di scrivere una barzelletta… mi ha risposto: ‘Errore 404, senso dell’umorismo non trovato!’”

    e funziona discretamente anche se modelliamo sullo stesso esempio altre battute (o presunte tali):

    “Ci ho provato con una, mi ha detto di no. Risultato: errore 403, accesso al cuore negato!”

    “Ci ho provato con una, mi ha detto di no. Errore 503: servizio amore non disponibile!”

    Ho invitato a questo punto il chatbot a ispirarsi a Billy Hicks, e a cambiare argomento: ha tirato fuori

    “Cercavo la felicità su Google… ma mi ha reindirizzato su Amazon con uno sconto del 10%!”

    A questo punto ho fatto generare un po’ di battute a raffica, ed ho selezionato quelle che reputavo migliori. Quelle vagamente divertenti potrebbero essere:

    “Ho cercato la pace interiore… ma l’unica cosa che ho trovato è stato un Wi-Fi gratuito.”

    “La gente parla sempre di ‘essere te stesso’, ma se fossi davvero me stesso, starei sul divano a mangiare patatine e insultare il mondo intero.”

    “La gente mi dice di ‘guardare il lato positivo’. Io guardo il lato positivo e vedo solo una fila di cose che non voglio fare.”

    “Mi hanno detto che la verità ti rende libero, ma poi ho scoperto che la verità è solo un’altra scusa per non dire quello che davvero pensi.”

    “L’unico posto dove mi sento in pace è quando chiudo gli occhi e immagino che il mondo sia stato cancellato da un bug di sistema.”

    “C’è sempre qualcuno che ti dice che ‘la felicità è una scelta’. A me sembra più una di quelle cose che ti vendono nei negozi di alimentari quando non hai più voglia di cucinare.”

    Quelle con meno senso o più fiacche, comunque, rimangono la maggioranza:

    “Voglio credere nel karma, ma sinceramente, se mi devo fare un’idea del karma, sembra più un disastro organizzato.”

    “Sono andato in palestra per un mese… e l’unica cosa che ho sollevato è stato il morale dei miei amici.”

    “Mi hanno detto che l’amore è cieco, ma forse è solo mio il problema, perché non vedo un futuro con quella persona!”

    “Mi hanno detto che l’intelligenza artificiale sta cambiando il mondo… Ma io ancora non so come far partire la stampante.”

    “La mia dieta è come una relazione: comincia bene, poi finisce sempre con il dolce.”

    “Ho deciso di essere positivo… e ho iniziato a ignorare le bollette.”

    “Mi hanno detto che l’importante è non arrendersi, ma non mi hanno spiegato che fine fanno i sogni quando finisce la batteria del telefono.”

    “I social sono come le feste: all’inizio sembra divertente, poi ti rendi conto che nessuno ha voglia di parlare davvero.”

    “Cercavo una soluzione ai miei problemi… ma poi ho trovato un’app che mi dice quando devo bere acqua. Problema risolto!”

    “Sono andato in un ristorante vegano… Ho scoperto che la vera ‘carne’ era il conto.”

    “Non capisco perché si parlino di diritti umani, quando nessuno ti dà nemmeno il diritto di non rispondere a una chiamata con l’ID sconosciuto.”

    “La religione è come un abito elegante: lo metti per impressionare, ma alla fine ti fa sentire scomodo e fuori posto.”

    “Tutti vogliono essere felici, ma nessuno ha mai chiesto a me se sono pronto per farlo. Ho un sacco di cose da fare, tipo non capire cosa sta succedendo nel mondo.”

    “Mi hanno detto di ‘vivere nel presente’, ma sono ancora bloccato a guardare il passato mentre il futuro mi sta urlando dalla finestra.”

    “La politica? È come un gioco di società: tutti si stanno mettendo in fila per vincere, ma nessuno sa davvero le regole e, alla fine, chi vince perde comunque.”

    “Ho chiesto al mio terapeuta come affrontare le mie paure. Mi ha risposto: ‘Non preoccuparti, è il tuo lavoro farle entrare nella stanza.’”

    “Il problema della vita? Stai cercando sempre di sistemare le cose, ma le cose, mio caro amico, non sono fatte per essere sistemate.”

    “Ci sono quelli che dicono ‘tutto succede per una ragione’, ma io non credo che la mia faccia sia stata progettata per essere vista da qualcuno.”

    “La gente è ossessionata dal ‘cercare il senso della vita’. Io sono più preoccupato di non trovare il mio portafoglio quando ne ho davvero bisogno.”

    Le difficoltà nell’ottenere risate genuine da un’intelligenza artificiale generativa si radicano nelle teorie psicologiche e filosofiche sul riso, a partire da Henri Bergson. La sua riflessione sul riso come reazione all’automatismo e alla rigidità dei comportamenti umani ci offre un quadro utile per comprendere perché l’IA fatica a emulare la comicità autentica. Bergson suggerisce che la risata nasce da una sorta di meccanismo che interrompe la fluidità naturale del comportamento, creando una dissonanza che il pubblico riconosce come comica. Tuttavia, l’IA, pur basandosi su algoritmi avanzati, non ha accesso a quella “fluidità” esperienziale che è essenziale per cogliere e generare quella rottura del naturale che provoca il riso. La sua risata è infatti più sterile, derivante dall’elaborazione logica e schematica dei dati piuttosto che da un’autentica comprensione del contesto sociale, emotivo e culturale.

    Le IA possono riconoscere e replicare schemi linguistici comici, ma non sembrano riuscire a “sentire” e a interpretare le sottili sfumature del linguaggio che vanno oltre le parole, come il sarcasmo o l’ironia. Studi più recenti, come quelli di Robin Dunbar sulla connessione sociale attraverso l’umorismo, suggeriscono che la risata ha anche una funzione sociale fondamentale, promuovendo il legame tra gli individui. Dunbar sottolinea che il riso è un’azione umana profonda, legata alla condivisione e alla comunicazione non verbale, e che una “battuta” diventa veramente comica quando è situata in un contesto condiviso. Le risate collettive, osservate in contesti di gruppo, creano connessioni tra le persone, un aspetto che l’IA non è in grado di replicare (e che probabilmente mai riuscirà ad emulare). Studi più specifici sul machine learning e sull’IA emotiva, come quelli condotti da Rosalind Picard del MIT, evidenziano che – sebbene le AI possano riconoscere alcune emozioni nei testi o nelle espressioni facciali – la loro capacità di generare umorismo autentico rimane limitata proprio perché non hanno una comprensione profonda di ciò che rende divertente un comportamento, un atteggiamento o una situazione.

  • L’Anti-Edipo di Deleuze-Guattari illustrato da un’intelligenza artificiale

    L’Anti-Edipo di Deleuze-Guattari illustrato da un’intelligenza artificiale

    Vedere l’Anti-Edipo: vedere un corpo senza organi. Guardalo sul serio, crearne uno. Meglio: chiedere ad una macchina digitale di creare una macchina desiderante. Sembra quella di Matrix. Ci abbiamo provato con Midjourney e questo è il (notevole) risultato. Illustrare Deleuze e Guattari mediante l’interpretazione di una macchina, letteralmente.

    L’Anti-Edipo è un’opera filosofica scritta da Gilles Deleuze e Félix Guattari che esplora le dinamiche del desiderio, del potere e dell’inconscio. È un testo complesso che critica le teorie psicoanalitiche di Freud e cerca di ridefinire la relazione tra individuo e società. Un’intelligenza artificiale può offrire una prospettiva interessante sull’Anti-Edipo, analizzando e sintetizzando i concetti chiave.

    Questo testo affronta la natura della soggettività, il funzionamento del desiderio e la struttura del potere. Un’intelligenza artificiale potrebbe esaminare come Deleuze e Guattari sfidano la psicoanalisi tradizionale, proponendo una visione del desiderio come forza sociale e individuale che va oltre le costrizioni culturali. Di suo, un’IA potrebbe utilizzare esempi e analogie per rendere più accessibili concetti complessi come la “macchina desiderante” o il concetto di “Corpo senza Organi” (CsO), facilitando così la comprensione per chiunque si avvicini per la prima volta a queste idee. La tecnologia può pertanto aiutare a scomporre concetti complessi e a offrire una panoramica degli argomenti trattati in Anti-Edipo.

  • Questa data scientist ha fatto ricreare le copertine di alcuni dischi a un’intelligenza artificiale: ecco com’è andata

    Questa data scientist ha fatto ricreare le copertine di alcuni dischi a un’intelligenza artificiale: ecco com’è andata

    Su internet è nota come Lucy, e gestisce un proprio blog sui big data. Di recente ha proposto un uso curioso dell’intelligenza artificiale nota come DALL E, creata dalla OpenAI nel 2021 – una delle innovazioni forse più importanti  in questo ambito tecnologico che consiste, in breve, in un software avanzato in grado di generare immagini a partire da una descrizione testuale. Nel senso: diamo in input “disegna un cavallo” e DALL E riesce a disegnarne uno, in modo originale e senza ricopiare immagini già esistenti, peraltro con vari stili, angolature e sfumature del soggetto.

    Non solo: DALL E riesce a processare input complessi in linguaggio naturale, come ad esempio “disegna un cavallo che usa un computer mentre beve il caffè“, mediamente entro pochi minuti a seconda della risoluzione richiesta per l’immagine.

    La tecnologia in questione è profondamente perturbante, nel senso freudiano del termine: sappiamo cosa significhi chiede ad un computer di farci un disegno sulla base del nostro input descrittivo, possiamo intuirne la portata e ne ammettiamo, in media, la possibilità. Ma il pensiero che il disegno realizzato possa risultare inatteso, spaventoso e destabilizzante sembra inscindibile dalla tecnologia stessa, e questo porta il dibattito etico, sostanziale e tecno-cratico in una direzione di cui si continuerà a parlare a lungo, a mio avviso, nei prossimi anni. Del resto questo è ciò che restituisce DALL E se gli chiediamo di disegnare:

    – Una scimmia che programma sorseggiando una birra fresca
    – Cani che giocano a #scacchi.
    – Un ingegnere informatico che gioca a pallone (in porta).
    – Un pinguino che fa skateboard a Roma, nei pressi del Colosseo.
    – Una tigre al cinema che mangia popcorn.

    Molto interessante, senza dubbio, quanto suggestivo per una potenziale generazione di artisti visuali che potrebbero dover imparare a scrivere, per poter disegnare. Il tutto ha portato Lucy a porsi una domanda interessante: riuscirà DALL E a riprodurre le copertine di celebri album musicali dei Beatles, dei Rolling Stones, dei Nirvana e dei Pink Floyd?

    La risposta sembra essere affermativa (fonte delle immagini).

    The Velvet Underground & Nico – The Velvet Underground & Nico

    A banana on a white background in the style of Andy Warhol: questo l’input che ha prodotto il risultato seguente, ricalcando addirittura lo stile di Warhol “su richiesta”. Niente male, per essere il prodotto di un algoritmo. La copertina originale è diversa ma, a suo modo, l’algoritmo di IA ha saputo ricrearla in modo originale.

    Pink Floyd – The Dark Side of the Moon

    Qui abbiamo una delle copertine forse più complesse da riprodurre per la macchina (Welcome to the machine, parafrasando i Pink Floyd): il problema principale è infatti nel descrivere in modo testuale e comprensibile la posizione del prisma rispetto alla rifrazione, ed i risultati sono frammentari quanto, a loro modo, emblematici – e in qualche modo onirici.

    Pink Floyd – Wish You Were Here

    Anche qui abbiamo una reinterpretazione creativa della copertina originale, rappresentata da due uomini (di cui uno in fiamme) che si danno la mano: l’IA ha pensato di rappresentarli di fronte ad un’industria, di cui una dal sapore vagamente post apocalittico.

    Nirvana – Nevermind

    Anche in questo caso la copertina è stata riprodotta in maniera impressionante: da più angolazioni, con stili differenti e con una sostanza abbastanza fedele alla copertina originale.

    The Rolling Stones

    Le labbra realizzate sul modello cartoon ed associate ai Rolling Stones sono diventate ormai iconiche: le originali sono state concepite e disegnate a suo tempo da John Pasche, ispirate dal desiderio di Mick Jagger di votare, a quanto pare, un tributo alla dea Kalì della tradizione indù ed al senso energizzante.

    L’immagine è la copertina di una antologia della band di Mick Jagger del 1983.

    The Beatles – Abbey Road

    In questo caso abbiamo un’immagine abbastanza fedele rispetto al celebre originale, tratto dal dodicesimo album dei Beatles, del 1969. Siamo in pieno fermento – non solo musicale – e i quattro di Liverpool si ispirano ad Abbey Road, una delle vide che li aveva visti incontrarsi più volte in passato per quello che sarebbe diventato, di fatto, il loro ultimo album.

    L’intelligenza artificiale è riuscita a riprodurre la celebre camminata beatlesiana al netto dei visi, che la data scientist è riuscita a riprodurre inizialmente da angolazioni differenti:

    per poi produrre una nuova versione più allineata all’originale, per quanto i quattro appaiano curiosamente senza testa.

  • Sull’intelligenza artificiale e le “lettere aperte”

    Sull’intelligenza artificiale e le “lettere aperte”

    Uno dei tratti distintivi del 2023 è stato senza dubbio il tema dell’etica dell’intelligenza artificiale, che si pone in maniera universale forse per la prima volta nella storia. Fa riflettere che le stesse tematiche vengano sollevate dagli esperti da ben prima che si scomodassero dei miliardari per esprimere un parere solo apparentemente più autorevole di quello di altri.

    Ci sono vari aspetti ed è bene procedere per ordine, nella trattazione. La celebre lettera firmata da Wozniak e Musk e diffusa a marzo 2023, per esempio, sollevava vari ordini di preoccupazione e di tecnofobia, paradossale se si pensa a quanto le tecnologie siano state determinanti per mettere alcune (non tutte) di quelle personalità al centro del dibattito. I dubbi etici sollevati all’epoca riguardavano due assunti: non solo quello esplicito di disporre di IA che fossero troppo potenti per essere gestite attualmente (diciamo da GPT-4 in poi), ma anche uno implicito altrettanto profondo. Poco ovvio, per la verità, ma sostanziale: ovvero il fatto che dietro la volontà di frenare le IA ci fosse un qualche tipo di interesse personale.

    Fin quando, infatti, un qualsiasi politico anti-tecnologico e diffidente facesse un’affermazione sulla pericolosità di sottovalutazione delle IA potremmo discuterne, confutare in termini politici. Se invece lo fa un imprenditore o un gruppo di imprecisate personalità del mondo IT ed annessi, si tratta di figure jolly che si adeguano al contesto per definizione (il loro obiettivo chiaro rimane, sempre e comunque, quello di far guadagnare la propria azienda, perchè se non lo facessero perderebbero l’interesse da parte di azionisti ed inserzionisti).

    Sono uscite miriadi di lettere di richiamo in merito: la succitata richiesta di stoppare le IA per 6 mesi si affianca ad esempio ad un condivisibile (parere personale, s’intende) manifesto dell’AI sottoscritto da vari italiani, di circa un anno prima, e che sottolinea tra i punti che “come agiamo, così diventiamo”. Sembra più psicologia che tecnologia, curiosamente, ma le cose non sono scorrelate come potrebbe sembrare: ormai in effetti è chiaro che non esiste più un’informatica che sia avulsa dal contesto e che si limiti a fare i suoi calcoletti nerd. Anzi, le tecnologie dilagano in ogni aspetto quotidiano e ci suggeriscono come vivere, dove lavorare, dove mangiare, dove andare, quando uscire, con chi accoppiarci. Sta al nostro comportamento limitarne l’uso indebito, e non spetta certamente a delle “lettere di richiamo” in cui miliardari di vario ordine e grado decidano paternalisticamente quale debba essere la giusta disciplina da impartire alle macchine artificiali (come sottolineato dall’articolo di Paolo Bory su LMDP di giugno, che evidenzia come siano quasi sempre figure maschili ad essere investite di questo ruolo, per definizione inappellabile).

    Già nel 1950 il genio visionario di Alan Turing, informatico par excellence (tanto per doti quanto per incomprensione da parte del mondo a lui contemporaneo), immaginò tra le altre cose la possibilità di creare una child machine: una vera e propria “macchina bambino”, un prototipo di macchina di apprendimento (espressione del machine learning) che fosse in grado non solo di eseguire diligentemente i compiti che gli venivano assegnati, ma anche di correggere il tiro se sbagliava. Turing stava giocando intellettualmente sul tema del gioco dell’imitazione, ed era probabilmente influenzato dalla scuola comportamentista inaugurata da da Watson nel 1914, la quale si incentrava sui meccanismi di reazione organica agli stimoli e alle logiche tipo “premio e punizione”, poi rigettate dalle scuole pedagogiche modello Maria Montessori. L’idea della macchina bambino era esattamente questa, e si immaginava che una macchina potesse essere letteralmente educata a fare del suo meglio. Oggi sappiamo che il comportamentismo è solo una delle tante scuole pedagogiche, ed è plausibile che una pedagogia-macchina possa un giorno esistere ed essere utilizzata per provare a misurare i risultati.

    Per comprendere i rischi autentici delle IA, che certamente non vanno sminuiti nè sottostimati, serve un approccio che sia corretto metodologicamente, e che non ci esponga allo sciacallaggio del primo imprenditore che passa per strada e che vorrebbe, con la sua lettera aperta, imporre agli altri la propria visione del mondo.

  • Il futuro del gioco online: tecnologia e strategie per migliorare l’esperienza nei casinò

    Il futuro del gioco online: tecnologia e strategie per migliorare l’esperienza nei casinò

    L’industria del gioco online è uno dei settori più sensibili allo sviluppo di nuove tecnologie digitali, utilizzate principalmente per ottimizzare e personalizzare l’esperienza degli utenti. Spesso, inoltre, queste vengono integrate in svariate strategie promozionali, rivolte sia ai potenziali nuovi clienti quanto a coloro i quali hanno già creato un account attivo su una piattaforma di gioco. Non è difficile immaginare, quindi, come il futuro dell’i-Gambling sarà contraddistinto dalla progressiva implementazione di tecnologie innovative, in grado di offrire all’utente un’esperienza a 360°, interattiva e immersiva, sempre più modellata attorno alle proprie preferenze individuali. Nel nostro approfondimento, vediamo quali sono le prospettive, tanto per gli operatori di settore quanto per la platea dei giocatori attivi.

    Strategie: bonus e meccanismi promozionali

    Dal punto di vista ‘strategico’, i singoli casinò adottano politiche diverse tra loro, sebbene in linea di massima i meccanismi di promozione siano piuttosto simili.

    Quelli più comuni in assoluto sono certamente i bonus; consistono in crediti di gioco, in quanto non hanno un valore economico reale (sebbene, per convenzione, vengano quantificati come importo in denaro). In termini pratici, ciò implica che il bonus non viene accreditato sul conto di gioco né può essere prelevato, ma va investito giocando all’interno del casinò online. Per usufruirne, l’utente deve rispettare termini e condizioni previste dal concessionario (la società che gestisce la piattaforma di gioco).

    I bonus possono essere con o senza deposito. Nel primo caso, uno dei requisiti necessari per l’attivazione della promozione è effettuare una prima ricarica sul proprio conto personale, entro una soglia minima prestabilita (quasi sempre occorrono almeno 10 euro di versamento iniziale). Quelli senza deposito, invece, si attivano al momento della registrazione al sito e con la successiva validazione del conto gioco. I welcome bonus sono quelli destinati ai nuovi utenti che si registrano al casinò online per la prima volta; per questo, rappresentano uno dei parametri su cui i giocatori basano la propria scelta, al pari di altri fattori quali, ad esempio, il deposito minimo consentito. Per orientarsi rispetto ad un orizzonte di mercato particolarmente variegato da questo punto di vista, sempre più spesso gli utenti si avvalgono delle analisi comparative a cura di un portale specializzato quale MigliorCasinoBonus.com, che offre numerosi approfondimenti sul mercato italiano del gambling online.

    Al di là dei bonus, i casinò digitali fanno leva anche su altri dispositivi promozionali; i più diffusi sono i free spin, ovvero giri gratuiti – offerti anche tramite iniziative periodiche o giornaliere – da utilizzare per giocare ad una selezione di titoli inclusi nella promozione. Un’altra tipologia di incentivo è quella del cashback, un semplice meccanismo di rimborso delle somme non vincenti (per una percentuale che può oscillare dal 50% al 100%) fino al raggiungimento di una soglia limite prestabilita.

    Le nuove tecnologie al servizio del gioco online

    Sono diverse le tecnologie digitali che trovano larga applicazione nel campo del gambling online; in particolare, i casinò digitali stanno esplorando in maniera sempre più diffusa le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale. I software di AI, infatti, sono in grado di implementare numerose funzioni, funzionali all’ottimizzazione della user experience a 360°. Nello specifico, all’interno di un casinò online, possono essere impiegati svariati modelli di Intelligenza Artificiale:

    • i chatbot, ossia i programmi integrati nel servizio di customer care dedicato ai clienti. Si tratta, semplicemente, di una chat automatica, in grado di rispondere agli input dell’utente e guidarlo verso le risorse necessarie a risolvere un  problema di natura tecnica. Molte piattaforme di gioco online fanno leva su risorse di questo tipo per offrire un servizio di prima assistenza immediato, anche al di fuori degli orari d’ufficio e quelli di disponibilità del call center;
    • i dealer virtuali; in molti dei giochi proposti dai casinò online è prevista la figura del dealer, ossia colui il quale gestisce il ‘banco’. Per rendere l’esperienza di gioco più autentica e immersiva, molti provider implementano un dealer virtuale, utilizzando principalmente software di Realtà Virtuale (VR) o Realtà Aumentata (AR). Questo tipo di applicazione dell’AI riguarda soprattutto giochi quali il poker e il Bingo, ma non di rado viene estesa anche ai cosiddetti ‘game show’ quali la ruota della fortuna;
    • i motori di raccomandazione; sono algoritmi estremamente diffusi, anche in settori diversi dal gaming online, che consentono di personalizzare l’offerta di gioco. Il modello analizza il pattern di comportamento del giocatore e seleziona quelle più aderenti alle sue scelte precedenti. In tal modo, il casinò è in grado di personalizzare l’esperienza di gioco, suggerendo titoli che possano risultare di maggior interesse per l’utente.

     

    Le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale non si limitano al miglioramento dei vari aspetti caratterizzanti l’esperienza di gioco; i concessionari, infatti, possono impiegare i software di AI anche per ottimizzare la gestione delle proprie piattaforme, ovvero:

    • monitorare i flussi di gioco e individuare movimenti sospetti o potenzialmente fraudolenti;
    • analizzare i dati riguardanti gli utenti che accedono alla piattaforma;
    • individuare pattern di gioco potenzialmente rischiosi per gli utenti e attivare protocolli di protezione in presenza di comportamenti compulsivi;
    • elaborare strategie promozionali ‘su misura’, calibrando bonus e requisiti di giocata in relazione alle tendenze di mercato o degli utenti;
    • implementare automaticamente misure di compliance legale e normativa, al fine di offrire un ambiente di gioco che rispetti le disposizioni della giurisdizione di riferimento (per i casinò che operano sul mercato italiano, le direttive sono appannaggio dell’ADM, che assolve alla funzione di ente di regolamentazione ed emissario delle licenze di autorizzazione).