Urban Legend: le leggende metropolitane in chiave horror

In un campus americano anni 90, una ragazza decide di indagare sugli omicidi di un killer, che sembra ispirarsi alle leggende urbane raccolte in un libro che sta studiando.

In breve. Lo slasher portato ad una dimensione pop, relativamente accessibile per lo spettatore (rispetto ai cult anni 70 e 80 che, invece, lo avevano reso quasi insostenibile per il pubblico medio). L’intreccio di Urban legend viene privato della componente exploitation, diventando un punto di riferimento anche negli anni a venire: teenager curiosi ed eroici contro un villain misterioso ed inafferabile. Il film, complessivamente, non è male, e riserva un discreto finale a sorpresa.

Diretto da Jamie Blanks e scritto da Silvio Horta, Urban Legend inaugura una mini-saga slasher che non ebbe troppo successo in Italia, ma che si ispirò grandemente a Scream di Wes Craven. Lo stesso film che aveva ri-codificato il genere, slegandolo dagli stereotipi del genere settantiani (improntati sul crudo realismo, il più delle volte) e dando, fin da allora, la sensazione allo spettatore che si trattasse solo di un film.  L’incanto, il “patto” del regista con lo spettatore viene subito svilito e demistificato, a favore di un intreccio che se non è puro intrattenimento ci si avvicina parecchio. Se Urban Legend è lontano dalle sperimentazioni estremizzate di film come The last house on dead end street o dagli eccessi di Nero criminale, si ispira grandemente all’opera di Craven, quello Scream che riportò nuova linfa in un horror che, all’epoca, sembrava spento e non più credibile.

Per certi versi, Urban Legend (con il suo incedere lento, lineare ed inesorabile quando, a volte, prevedibile) vuole essere una satira ironica sugli stereotipi da film dell’orrore, ma anche (per non dire soprattutto) sulle leggende urbane. Le storie incredibili a sfondo orrorifico o sessuale che fanno parte del folklore, e che vengono (soprattutto negli USA, verrebbe da dire) credute quasi a prescindere. Il film vanta una piccola perla in tal senso, peraltro, perchè i dettagli sull’argomento vengono approfonditi durante una lezione in aula – in cui il docente è interpretato da Robert Englund (che cita, neanche a dirlo, la leggenda metropolitana che sembrerebbe alla base della trama di Black Christmas).

Al netto del fatto (difficilmente discutibile) che si tratti di un buon calco di Scream, c’è da riconoscerne la carica innovativa che, all’epoca (1998), cita ancora a piene mani il cinema che conta (da Nightmare alla blaxpoitation: chi ricorda, ad esempio, che la poliziotta onnipresente nel college è rappresentata come fan sfegata del genere, e conosce a memoria le battute di Pam Grier in Foxy Brown?). In questo, il film non disdegna un cenno ironico, ad esempio, alla serie Dawnson’s Creek (la musica nell’autoradio poco prima della morte del personaggio interpretato da Joshua Jackson), e gioca con i propri personaggi come burattini nelle mani del villain. Allo spettatore, nel frattempo, non rimarrà altro da chiedere – se non “chi è il prossimo“?

I riferimenti alle leggende urbane, nel film, sono innumerevoli: dalla ragazza che sostituisce la pillola anticoncezionale della compagna di stanza con un’aspirina, passando per la leggenda delle Bubble Yum che non andrebbero mai mischiate con bevande gassate. Tra le altre, vengono citate la leggenda della macchina senza fari fino alla fanciulla che aveva acidità di stomaco dopo aver ingoiato dello sperma. Se molte urban legend sono a sfondo sessuale, del resto, è coerente con il contesto scanzonato da campus americano, in cui eccedere nelle droghe e trovare fanciulle disinibite sembra normale quanto essere uccisi senza una ragione apparente. Per certi versi, Urban legend coinvolge e fa anche sorridere, a cominciare dal sottotesto complottista che suggerisce, per buona parte del film, che gli omicidi del killer siano in qualche modo protetti dall’università stessa.

Sull’argomento leggende urbane, uno dei migliori e più completi libri sembra essere, per inciso, Sarà vero di Jan Harold Brunvand, che le raccoglie e le cataloga meticolosamente.

Cosa ne pensi?
[Voti: 1 Media: 4]
Privacy e cookie

Lipercubo.it is licensed under Attribution-ShareAlike 4.0 International - Le immagini presenti nel sito sono presentate a solo scopo illustrativo e di ricerca, citando sempre la fonte ove / quando possibile - Questo sito contribuisce alla audience di sè stesso Il nostro network: Lipercubo - Pagare - Trovalost