“L’uomo con la macchina da presa” (film del 1929), diretto da Dziga Vertov, è un’opera fondamentale del cinema sperimentale sovietico e un esempio emblematico del movimento “cine-occhio” (kinoglaz). Il film è noto per l’uso innovativo di tecniche cinematografiche, tra cui: un montaggio rapido e dinamico, con circa 1.775 inquadrature diverse, un ritmo quattro volte più veloce rispetto ai film dell’epoca; effetti speciali come sovrimpressioni, stop-motion e angolazioni inedite fino ad allora; assenza di didascalie, andando contro le convenzioni implicite del cinema muto. Queste scelte stilistiche mirano a esplorare le potenzialità del mezzo cinematografico, liberandolo dalle influenze teatrali e letterarie.
Il film rappresenta l’apice della carriera di Vertov, un’opera tecnicamente all’avanguardia che ancora oggi colpisce per originalità e vivacità. Il film è riconosciuto come un caposaldo della cinematografia mondiale, grazie alle capacità tecniche e artistiche di Vertov e di suo fratello, Mikhail Kaufman, operatore e protagonista del film.
Vertov si opponeva al cinema che addormenta le coscienze, preferendo cogliere la vita “al volo”, nella sua quotidianità, senza messa in scena teatrale. Teorico convinto del “cine-occhio”, sosteneva la superiorità del documentario sul cinema di finzione, ritenendo quest’ultimo inadatto a formare una società comunista. Il film esprime la sua convinzione che la cinepresa possa rivelare verità nascoste, superando i limiti dell’occhio umano (Cinescuola).
Il film segue una giornata tipo di un cineoperatore che riprende scene di vita quotidiana nelle città sovietiche, mostrando il lavoro nelle fabbriche, i trasporti pubblici, momenti di svago e attività sportive. La narrazione è priva di una trama tradizionale; invece, offre un mosaico visivo che celebra la modernità e il ritmo della vita urbana sovietica. Il cineoperatore stesso diventa oggetto dell’indagine dell’occhio scrutatore, in un gioco di meta-cinema che coinvolge lo spettatore.
L’opera finisce per esaltare il progresso tecnologico e la modernità, riflettendo la visione futuribile di Vertov, che vedeva nel cinema uno strumento per mettere in contatto i proletari di tutto il mondo.