Un blasfemo di Fabrizio De Andrè

“Un blasfemo” è una canzone del cantautore italiano Fabrizio De André, inclusa nell’album “Storia di un impiegato” pubblicato nel 1973. La canzone affronta tematiche sociali e politiche, criticando l’ipocrisia e l’ingiustizia presenti nella società contemporanea.

La canzone si apre con l’immagine di un uomo seduto su una panchina, osservando il mondo circostante, dominato dalla falsità e dall’ipocrisia. Quest’uomo, il protagonista, è descritto come un “blasfemo” perché osa criticare e sfidare l’ordine costituito, la religione e le convenzioni sociali. La sua blasfemia non è rivolta a Dio, ma piuttosto alle strutture e alle istituzioni che governano la società. Egli rifiuta di piegarsi alla retorica della religione e dei potenti, che usano la fede e il potere per controllare e opprimere il popolo.

Nel testo, De André dipinge un ritratto della società in cui l’individualismo e il consumismo hanno preso il sopravvento, mentre la compassione e la solidarietà sono state dimenticate. L’uomo blasfemo è colui che si rifiuta di conformarsi a questa mentalità egoista e vuole restare fedele ai suoi ideali, nonostante le pressioni esterne. Il protagonista della canzone viene perseguitato e deriso dagli altri, considerato un “pazzo” perché ha il coraggio di alzare la voce contro le ingiustizie. Tuttavia, egli continua a lottare per ciò in cui crede, anche se questo significa essere emarginato e isolato dalla società.

Nel finale della canzone, De André invoca la solidarietà e la ribellione contro l’oppressione, invitando tutti coloro che sono oppressi e disillusi a unirsi e a resistere insieme contro i potenti e i corrotti.

In sintesi, “Un blasfemo” è una canzone che denuncia le ingiustizie e le ipocrisie della società contemporanea, celebrando il coraggio di coloro che osano sfidare l’ordine stabilito per cercare una via più autentica e umana.

Mi arrestarono un giorno per le donne ed il vinoNon avevano leggi per punire un blasfemoNon mi uccise la morte, ma due guardie bigotteMi cercarono l’anima a forza di botte

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