Digressioni

La vera storia di Deep Blue, il computer che vinse a scacchi contro Gasparov

Sono passati quasi trenta anni da quando Gasparov, campione russo, si trovò a perdere nel febbraio del 1997 una combattutissima partita a scacchi contro Deep Blue, un computer programmato in linguaggio C dalla IBM appositamente per lo scopo. Se le caratteristiche tecnologiche della macchina sono ben note (c’erano 480 processori e un’architettura parallela VLSI), è meno noto l’aspetto puramente psicologico legato alla gara. A quanto ne sappiamo, infatti, Gasparov si fece fuorviare dalle proprie convinzioni sul comportamento dell’algoritmo che lo stava sfidando e, a suo modo, fece una stima sulle sue potenzialità che lo portò in errore.

Come raccontò più volte in seguito, infatti, il campione russo si era fatto mandare fuori strada da un “comportamento” specifico di Deep Blue, il quale a volte indugiava sulla prossima mossa più del dovuto. Aveva già “deciso” cosa fare, ma aspettava a farlo per un quanto di tempo casuale. Dal punto di vista dei programmatori della IBM si trattava di semplici pause randomiche in cui Deep Blue non faceva nulla, fingeva letteralmente di elaborare e questo, naturalmente, realizzava un comportamento pseudo umano che spinse il campione di scacchi a sottovalutare la situazione. Alla lunga, per quanto avvenne con un solo punto di stacco, la partita finì 3 a 2 per Deep Blue.

La combinazione di vari bias cognitivi coinvolti nella partita dimostra quanto sia complesso il rapporto tra mente umana e intelligenza artificiale. Sebbene Deep Blue fosse tecnicamente superiore nel calcolo, la componente psicologica ha giocato un ruolo fondamentale nel risultato, rendendo questo evento storico un’illustrazione perfetta di come le percezioni e i pregiudizi influenzino anche i campioni più brillanti.

La sconfitta di Garry Kasparov contro Deep Blue è un caso affascinante che mette in luce diversi bias cognitivi coinvolti nella sua interpretazione del comportamento della macchina. Analizziamoli:

  1. Bias di antropomorfismo
    Kasparov attribuì a Deep Blue caratteristiche tipiche di un comportamento umano, come il “pensare” o “indugiare”. Le pause randomiche della macchina, progettate per sembrare naturali, lo portarono a credere che l’algoritmo fosse in grado di una riflessione più complessa e strategica di quanto effettivamente fosse.
  2. Bias di conferma
    Una volta convinto che Deep Blue stesse “pensando” come un essere umano, Kasparov cercava prove per confermare questa idea. Interpretava le pause come segnali di una strategia raffinata, invece di considerarle per quello che erano: semplici pause preprogrammate.
  3. Bias dell’intenzionalità
    Kasparov attribuì intenzioni al comportamento della macchina, pensando che le sue mosse e le sue pause fossero progettate deliberatamente per disorientarlo, piuttosto che derivare da calcoli algoritmici privi di intenzionalità.
  4. Bias dell’overthinking (sovrapensiero)
    Kasparov, noto per la sua capacità di calcolo mentale, potrebbe essere caduto nella trappola di sovrastimare l’intelligenza di Deep Blue, analizzando ogni sua mossa come parte di una strategia a lungo termine, invece di vederla come il risultato di pura elaborazione numerica.
  5. Effetto framing (cornice)
    La presenza di Deep Blue come una macchina rivoluzionaria, costruita da IBM con enormi risorse, probabilmente influenzò il modo in cui Kasparov approcciava il confronto. Potrebbe aver interpretato l’intera partita in un quadro di superiorità tecnologica, portandolo a percepire la macchina come invincibile.
  6. Effetto Dunning-Kruger inverso
    Questo effetto può manifestarsi quando un esperto come Kasparov sottostima le proprie capacità in un contesto nuovo (giocare contro un supercomputer), sopravvalutando quelle del “rivale”, anche in situazioni dove potrebbe avere ancora il vantaggio.
Visualizzazioni: 1

Lascia un commento

Lipercubo.it is licensed under Attribution-ShareAlike 4.0 International - Le immagini presenti nel sito sono presentate a solo scopo illustrativo e di ricerca, citando sempre la fonte ove / quando possibile. Chi siamo | Contatti | Sitemap | Privacy e cookie - Questo sito contribuisce alla audience di sè stesso (quasi cit.)