Quando si pensa al cinema indipendente probabilmente vengono in mente i prodotti cosiddetti d’essai, oppure pellicole il cui significato diventa profondamente meditativo, riflessivo, in altri tempi avremmo scritto “non commerciale”. Eppure le realtà di questo genere vivono una propria bellezza per via del fatto che non solo non si “piegano” alle logiche di mercato, bensì propongono l’autenticità del pensiero dell’artista. Nonostante questo, in molti sono portati a pensare che si tratti di prodotti necessariamente di un certo genere (ad esempio horror o thriller), oppure di una predefinita “corrente di pensiero”, etica o politica. Le cose non stanno così, di fatto: basti pensare, ad esempio, ad uno dei più celebri film con il popolare attore Jim Carrey (“Se mi lasci ti cancello“): una pellicola molto sui generis – nel quadro si una storia d’amore tra due persone, si tratta di persone che si fanno cancellare i ricordi dolorosi mediante una nuova tecnologia – eppure decisamente “popolare” tra il pubblico.
Le caratteristiche principali dei film cosiddetti “indipendenti”, tra i quali annoveriamo quindi un’infinità di sfaccettature, sono quindi due: sono a volte realizzati con pochi mezzi tecnici (ma spesso con competenze artistiche di grande livello) e, al tempo stesso, viene lasciata totale libertà espressiva al regista, che non deve rendere conto a nessuno dei contenuti del suo film. In questo modo capita spesso che i film indipendenti siano fuori dal comune per i significati indotti o comunque per lo spirito generale, che oltre ad avvalersi spesso di attori non noti finisce per lanciare una “frecciata” culturale per combattere il conformismo generale. È questo che finisce, alla fine, per spaventare il grande pubblico “generalista”, che invece preferisce farsi guidare nelle sue scelte dai produttori, i quali insistono morbosamente sui medesimi temi e generi per avere mera garanzia di rientro economico. Tutto questo finisce per generare una sorta di circolo vizioso, che il cinema indipendente cerca di spezzare proponendo prodotti magari fuori dalla righe ma – in molti casi – qualitativamente di grande valore. Ovviamente, a dirla tutta, esistono film di qualità e scadenti sia in una “corrente” che nell’altra, ma il punto è che non sempre i prodotti di valore riescono a trovare il giusto spazio.
Storicamente un grande impulso ai film indipendenti si ebbe a metà degli anni ottanta con le prime videocamere, e più recentemente con i modelli digitali, che hanno permesso a schiere di giovani registi di evitare i costi proibitivi delle pellicole tradizionali, dei noleggi delle attrezzature, della stampa dei negativi, etc. Anche la cosiddetta post-produzione è molto più economica e veloce, grazie al significativo aumento delle prestazioni dei PC, all’introduzione dei DVD e al contemporaneo sviluppo di software semi-professionali sempre più sofisticati (utilizzati per il montaggio, la correzione del colore, i titoli di testa etc.), spesso completamente free o a costi davvero irrisori. La crescente popolarità degli “indie” ha costretto recentemente gli studi di Hollywood a creare delle piccole filiali per poter entrare a loro volta in questo nuovo mercato. Di conseguenza, oggi, non è più così netta la differenza fra ciò che è realmente indipendente e ciò che non lo è: per fare un esempio, il succitato Eternal Sunshine of the Spotless Mind–Se mi lasci ti cancello, del 2004, considerato un film indipendente, vanta un cast che non sfigurerebbe in un grande blockbuster, la sceneggiatura di un autore pluripremiato, e un budget iniziale di decine di milioni di dollari. D’altra parte, attori di fama internazionale sono molto attratti dal fenomeno indie, tanto da arrivare ad autoridursi il compenso pur di prendere parte ai progetti più interessanti.
(tratto parzialmente da Wikipedia, rielaborazione di Salvatore Capolupo)
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