Control è un biopic musicale, girato almeno un decennio prima che partisse il trend dei tempi più recenti (Lord of chaos, The dirt, Bohemian Rhapsody), in cui il titolo fa riferimento a She’s lost control, il brano dei Joy Division con cui Ian Curtis racconta della crisi epilettica di una sua conoscente, prefigurando il male esistenziale che lo avrebbe attanagliato di lì a breve.
Control è un biopic sui Joy Division ma è soprattutto incentrato sulla figura di Curtis, figura di culto della scena dark e anima tormentata per eccellenza: diviso tra mille contraddizioni, dedito con abnegazione alla band che amava, colto, amante del cinema e del punk, lacerato tra due amori che sembrano egualmente impossibili. Ne viene fuori un ritratto da anti-eroe sublime quanto sofferto. Un personaggio nel quale, soprattutto da fan della band, sarà impossibile non identificarsi, e che trasmette un convulso flusso di coscienza (affidato al suo personaggio che, in molti casi, scrive i propri pensieri), intervallato tra stati depressivi ed epilettici che lo accompagnarono per tutta la vita. La perdita del controllo sarà anche ciò che ne determinerà la prematura scomparsa, per suicidio, a soli ventitrè anni. Secondo il film Curtis concluse la propria esistenza guardando La ballata di Stroszek di Werner Herzog e ascoltando l’album The Idiot di Iggy Pop.
Concepito inizialmente come una trama da sviluppare in flashback, si stabilì durante le riprese di seguire linearmente la vita del cantante dei Joy Division, dalle origini fino alla caduta. Scelta saggia, perchè in questa veste il film assume quasi il tono di un documentario romanzato, senza cedere alla tentazione di introdurre elementi falsificati o teatraleggianti tipici di certi biopic, così come dettagli autoindulgenti o trasgressione fine a se stessa. Una scelta saggia, che restituisce l’immagine di uno degi musicisti più influenti di tutti i tempi – che avrebbe meritato più spazio e copertura mediatica fin dall’inizio (e lo scriviamo convintamente e senza retorica). Un film che ci lascia con una sequenza da brividi, quella finale, che racconta la fine della vita di Curtis con la stessa grazia, disperazione ed introversione che lo caratterizzarono (oltre che sulle note della splendida Atmosphere).
Control è il sorprendente debutto alla regia di Anton Corbjin, fotografo e regista olandese divenuto celebre per questo film e molto noto, peraltro, come regista di videoclip (Metallica, Nirvana, Depeche Mode tra gli altri). Girato inizialmente a colori e poi virato sul bianco e nero per conferirgli un tono più cupo, che il regista paragonò a quello ottenibile con il Super-8 in 35mm. Riley, scelto come protagonista nei panni di Ian Curtis, non era nuovo alle esperienze prettamente musicali, essendo stato leader dei 10.000 Things (con cui pubblicò anche un album, etichetta Polydor, nel 2005). Stando all’attrice che interpreta la moglie di Curtis (Samantha Morton), per fare questo film il regista si indebitò fino all’osso, arrivando a mettere in pegno la propria casa. Scommessa vinta, a quanto sembra,dato che il film incassò 8.9 milioni di dollari al botteghino.
La poesia che viene recitata nel film prima del primo live dei Joy Division, per la cronaca, è di John Cooper Clarke, poeta inglese molto connesso con la scena punk dell’epoca. Per interpretare la parte del chitarrista della band Bernard Sumner, inoltre, James Anthony Pearson imparò realmente a suonare la chitarra in circa due mesi.
Il film è interessante per lo sviluppo lineare, mai inutilmente appesantito a livello narrativo (e anzi condito da una vaga forma di humour sarcastico, quanto imprevedibile, in alcuni passaggi), e per la scelta di ricostruire episodi realmente avvenuti nella biografia della band: la prima apparizione con Tony Wilson, ad esempio, nel programma Granada Reports, che viene riprodotta piuttosto fedelmente rispetto all’originale, per quanto il brano eseguito nel programma sia Transmission mentre quello suonato nel film sia, invece, Shadowplay.
Grande importanza è giustamente relegata, inoltre, alla figura di Annik Honoré, la giornalista belga in relazione sentimentale con Curtis, storicamente molto legata alla sua fama e scomparsa nel 2014. Il brano Love Will Tear Us Apart nel film, peraltro, viene associato al dolore di Curtis perchè sente di non amare più la moglie, ma sembra è altrettanto plausibile che sia stata ispirata alla Honorè.