Il Joker di Phillips è un personaggio struggente e rinnovato
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Il Joker di Phillips: ne stanno ancora parlando dopo mesi, ma le cose hanno preso una piega abbastanza preoccupante. Joker, al di là del dilemma morale, è diventato la raffigurazione epica e romanticheggiante della figura del single emarginato e deriso da tutti, e questo – ovviamente – per l’opinione pubblica è tutt’altro che un merito.

Come sappiamo questo film fa emergere una figura di Joker diversa, diversissima da quella del fumetto: un vero e proprio reietto, feroce, incazzato con la società e la cui la sua controparte “buona”, ovvero Batman, ancora non esiste, ed assume una connotazione praticamente irrilevante. La crudeltà di Joker, peraltro, non è affatto “fuori norma” come potrebbe sembrare a prima vista, anzi parrebbe essere in linea con quella del villain medio di qualsiasi altro film horror o thriller (pensiamo, ad esempio, agli omicidi beffardi di Freddy Krueger contro vari ragazzini “colpevoli”, il più delle volte, di essere depressi, insicuri o trascurati dai genitori).

Joker trova liberatorio ogni suo atto ed il pubblico, almeno in parte, gode con lui per qualsiasi atto consumi in nome di tale liberazione. Ma molte persone, di fatto, non sembrano vederla esattamente in questi termini, tanto che accusano Joker di fornire un alibi a tutti i misogini mondiali (l’articolo del Rolling Stone di EJ Dickson discute esattamente questo, ad esempio) per commettere i peggiori crimini. Altri, invece, rimarcano da un punto di vista femminista come il problema sia radicato nella colpevolizzazione della donna ad ogni costo – e su questo chiunque dovrebbe leggere, a mio avviso, Perchè l’amore fa soffrire della sociologa Eva Illuiz. Certe situazioni, in altri termini, sembrerebbero derivare da un’impostazione passatista, ossessionata in modo irragionevole da traumi freudiani, dai quali (personal opinion) prima ci riusciamo a liberare, uomini e donne, meglio sarà.

Non si sfugge alle categorizzazioni del web, e questo è un fatto ormai assodato: il termine incel, oltre a dare l’idea di una persona letteralmente chiusa in gabbia, sembra avere avuto origine sul sito Reddit, un “Facebook” forse fatto un po’ meglio, oltre che più incentrato sui contenuti che sulle persone. Incel infatti significa involuntary celibate, in sostanza “single per colpa degli altri” o celibe involontario che dir si voglia. Un tipo umano che, ricorda John Bleasdale, anni fa non poteva che suscitare tenerezza da parte degli amici e delle varie donne che lo vedevano più come un amico (ma-che-bravo-ragazzo, dai che troverai di sicuro la persona giusta – sottinteso: prima di finire in una tomba e marcire tra i vermi, da solo, per sempre). Oggi, come estremo paradosso, questa figura assume connotati addirittura pericolosi: varie stragi sono state compiute da singole persone, nel recente passato, che adducevano motivi legati alla misoginia (l’articolo linkato cita, ad esempio, Elliot Rodger e James Holmes). Ed in questo è stato immediato per certa parte dell’opinione pubblica, spesso fomentata da idee di natura sessista e da una comprensione malintesa del problema, additare il film come “causa” primaria del problema. Sembra di essere tornati ai tempi cupi in cui Marylin Manson veniva quasi accusato di omicidio (la strage di Columbine), oppure a quelli in cui i Judas Priest finivano in tribunale perchè accusati di aver istigato un omicidio da parte di due loro fan.

L’accusa generica rivolta all’arte, soprattutto a quella che “fa discutere”, di empatizzare con la violenza ed arrivare ad ispirarla è ben nota: almeno dai tempi in cui Arancia Meccanica ispirò malamente certe sotto-culture giovanili, oppure quando pensiamo al personaggio epico del tassista di Taxi Driver(anch’esso rigettato dalle donne che amava). L’unica cosa che trovo interessante in tutta questa diatriba (che per il 95% assume connotati molto vicini alla teoria della montagna di merda: secondo quest’ultima, un idiota puo’ sempre produrre piu’ merda di quanta tu riesca a spalarne), in effetti, è che in primis si considera (sbagliando) l’incel medio come una figura prettamente maschile, denotando così indirettamente – a mio avviso, quantomeno – l’idea di una donna dominatrix a prescindere (una cosa che neanche nei porno di più infima categoria) che sceglie in modo anarcoide ed irrazionale (e quasi sempre doloroso per il friendzonato di turno) il proprio compagno. Cosa peraltro falsa, perché ci sono molte incel donne e questo è semplicemente scontato, anche solo per un fatto statistico e considerando il semplice fatto che la solitudine ed il rigetto, per come nascono e prolificano oggi, sono asessuati per definizione. Ci vorrebbe, forse, più sensibilità per capirlo, ma eravamo troppo occupati a scrivere sui social e commentare in modo discutibile le foto delle varie modelle e modelli.

Sui social spopolano le foto di uomini e donne che riescono ad ottenere “successo” sui social (qualsiasi cosa ciò possa significare) semplicemente postando se stessi ignudi, e ci sono già servizi che permettono ai più esibizionisti di essere pagati per mostrare le foto più spinte. Nulla di male se uno sceglie scientamente di farlo, ovviamente: ma, per cortesia, non torturate gli incel più di tanto, dato che già è difficile, per looro, vivere la vita sentimentale senza prendersi perennemente sportellate nei denti – e, in genere, chi si ritrova in questa situazione non ha la minima idea di come uscirne in modo ragionato. E questa cosa fa soffrire, tanto, e non serve davvero a nulla scomodare becero sessismo di battaglia (donne vs uomini, uomini vs donne, uomini vs cani) o – peggio che peggio – sputtanare il cinema e la musica che amiamo per tale presunta “giusta causa”. Non è giusto per loro, in primis, e non lo è neanche per gli alfieri del cambiamento, bravissimi a teorizzare il problema e raramente abili di mettere in pratica comportamenti migliori o, se preferite, più umani.

Credo anche, in tutta onestà, che si possa essere incazzati con la società senza essere per forza misogini o maschilisti: una società che impone, del resto, modalità di corteggiamento pre-codificate ed impossibili da mettere in pratica per tantissime persone, e questo – alla lunga, tra fraintesi e spallucce come se piovessero – diventa insostenibile e frustrante per chi, a modo proprio, considera un corteggiamento anche una richiesta leggermente più marcata di uscire assieme, qualche volta, di prendere un caffè, di andare al cinema assieme e così via. Richieste snobbate, ignorate, per cui gli incel vengono spesso anche ridicolizzati, e le cui chat finiscono su paginette Facebook “ironiche” che si divertono ad usarle per aumentare i propri like. Ormai l’accoppiamento tanto agognato che ci fa credere la macchina social in cui siamo immersi, nostro malgrado, sembra che debba passare per forza per un’esposizione, un mostrarsi come non si è, un’esibizionismo ed un mostrare le “fotine” sexy, che sta diventando sempre più conformistico ed imbarazzante.

Gli incel, di loro, non dovrebbero più vergognarsi del proprio status (ed è l’unica critica che mi sento di fargli), e anzi dovrebbero imparare ad ironizzare sullo stesso: non che questo risolva il problema, ma è già un inizio. Rendere insostenibili i propri timori esistenziali è alla base di qualsiasi horror, del resto, e proprio il genere horror insegna indirettamente a non farne un dramma, ad esorcizzarli, a volte a combatterli affidandosi semplicemente ad una nuova, mutata immagine di se stessi. Se pero’, in tutto questo, dando per buono che l’incel sia solo ed escusivamente un maschio etero (e non è così, come abbiamo visto), l’atteggiamento medio di certe donne tende a criminalizzarli a prescindere, e considerarli sfigati e socialmente pericolosi: mi spiace, non se ne esce.

Queste stesse donne, forse (non sto generalizzando: non tutte) dovrebbero scendere dal piedistallo che le sta intrappolando, perché spesso sono le prime a costruirsi la gabbia di apparenza ed adorazione da parte dei propri conoscenti che poi, alla fine dei conti, le manderà in crisi, facendole sentire gli “oggetti” che mai avrebbero voluto diventare. Forse è un discorso troppo complesso per tantissimi e tantissime di noi, e a questo punto – con una punta di sarcasmo – l’augurio migliore che si possa fare a queste persone è quello di precipitare in uno schema prefissato, in una trappola mentale in cui la scelta del partner non sia sincera, mai, bensì dettata dalla necessità, dalla paura della solitudine, magari da interessi commerciali: un bel ritorno ad una mentalità che dovrebbe essere superata da almeno un secolo, e che non fa onore, per nulla, ai vari leoni e leonesse da tastiera che si slogano le dita sull’argomento.

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