Una delle cose più strane dell’amore è che, contrariamente alle apparenze, non siamo liberi di scegliere: tendiamo al contrario a cercare determinati tipi psicologici, senza badarci troppo, senza avere grandi possibilità di modificare lo schema ed essendone condizionati a vari livelli. Già Carl Gustav Jung aveva definito un tipo come un esempio od un modello del carattere peculiare di una specie o di una collettività, ovvero un modello caratteristico di un atteggiamento generale, che si manifesta sotto diverse forme individuali. Ed è proprio quello che rincorriamo nell’amore: un tipo ideale, una persona astratta (e probabilmente inesistente nella pratica), il che contribuisce a dare la sgradevole sensazione di “accontentarci” quando troviamo qualcuno che risponde solo in parte ai desiderata. Le forme a cui potremmo essere abituati sono, ad esempio, derivate dall’ambiente familiare, da come i nostri genitori e parenti stretti ci hanno amato (oppure, all’inverso, da come non l’hanno fatto / non hanno potuto farlo), dall’ambiente in cui siamo cresciuti e così via.
“Mi trovavo in vacanza coi miei genitori e avevo notato una coppia giovane, poco più grande di me, che abitava vicino alla nostra casa. La ragazza mi piaceva, la ricordo molto bella, e anche il ragazzo mi sembrava simpatico e socievole, così iniziai a immaginare se in quei giorni avrei potuto conoscerli. Un giorno lei si avvicinò alla nostra casa, forse per gettare l’immondizia, io mi sarei voluto avvicinare per parlarci ma mio padre irruppe nella scena invitandola a non gettare la spazzatura proprio lì, visto che era dove la buttavamo noi. La ragazza si allontanò con un gesto di disappunto, e da allora evitarono di avvicinarsi a noi. (MP)
Tendiamo insomma a costruire la nostra “lista della spesa” con caratteristiche specifiche per il nostro partner ideale, che in genere presenza esclusivamente dei pregi e, naturalmente, possiede gusti e preferenze altamente specializzate sui nostri desideri. Non sorprende, a questo punto, che le caratteristiche che cerchiamo non si riescano a trovare e che “la persona giusta” non arrivi mai, visto che si tratta di una rincorsa puramente virtuale e che finiamo spesso per fare per il gusto di sentirci occupati in qualcosa. Le “liste della spesa” di cui parliamo, peraltro, sono soltanto in apparenza lineari e semplici nel loro concepimento: spesso, al contrario, assumono caratteri contraddittori, difficili da razionalizzare, complessi nel loro soddisfacimento e talmente specializzati da provocare potenziali drammi esistenziali, se non concretizzati in breve tempo.
“Durante un pranzo in famiglia emersero – senza che io volessi espormi – le mie difficoltà relazionali, in campo sentimentale, dovute alla mia introversione e timidezza. Mio padre stava iniziando un discorso utilizzando dei bicchieri come termine di paragone, accennando alla possibilità di scelta, ma in quel momento mi capacitai di essere innamorato senza essere corrisposto, e mi sentii talmente a disagio che mi alzai dalla tavola senza ascoltarlo, nella perplessità generale.” (AGR)
In primis, ad esempio, tendiamo ad essere attratti da persone che ci ricordano i nostri genitori, e questo vale anche se le relazioni con loro erano negative o tossiche. Molti di noi, di fatto, potrebbero ignorare potenziali partner considerandoli a priori noiosi, brutti o non adatti per puntare dritto ad altri dalle caratteristiche ben più imbarazzanti. Persone particolarmente colte potrebbero sentirsi attratte da “tipi” che sono molto meno tali, e questo semplicemente perchè il modello genitoriale impone loro indirettamente questo modello.
Per quale motivo, quindi, non riusciamo a sistemarci con persone che sono ottimali per noi? Questo sembra avvenire perchè non cerchiamo semplicemente un amore che sia stabile, puro e semplice, ma qualcuno che ci sembra familiare. Il termine familiare viene usato come aggettivo (col significato “che concerne la famiglia”, “domestico”) ma anche come sostantivo, che è il significato più interessante, in quanto “appartiene alla famiglia”, è “assiduo” nell’ambiente dometistoc. L’etimologia del termina familiare, del resto, fa riferimento al famulus, che in origine un servo che vive sotto lo stesso tetto con altri, non esattamente un modello di libertà individuale, comunque la si veda.
“I miei genitori non sono mai stati troppo socievoli, ad esempio rispetto ai genitori dei miei amici. Da ragazzino una volta chiesi il permesso ai miei genitori di andare ad un compleanno con alcuni amici: alla festa sarebbero stati presenti i genitori di alcuni di loro, alcuni di loro avevano perso i genitori e sarebbero ovviamente da soli, mentre i miei non erano stati invitati. Non accettarono di mandarmi, si arrabbiarono con me per il mancato invito e fu orribile, in definitiva, accettare questa proibizione che trovo ancora oggi assurda.” (LM)
L’etimologia del termine finisce per diventare spiazzante, suggerendo potenziali allusioni incestuose o inaccettabili – non sembra un caso che molte etimologie urbane contengano riferimenti del genere su Urban Dictionary, ad esempio. Da piccoli impariamo cosa sia l’amore, piaccia o meno, e lo facciamo in buonafede, spesso in balìa di persone che creano scompensi o disparità dentro di noi: nonostante questo, almeno da piccoli, li amiamo, anche se crescendo e diventando adulti questa condizione finisce per creare scompiglio. Immaginiamo di aver avuto un padre freddo, violento, ipercritico o abusante, e una madre sminuente e tendente al controllo: ciò finisce per diventare ciò che cerchiamo nell’amore con un partner. Lo facciamo nostro malgrado, perchè nonostante la relazione sia stata orribile e quei momenti traumatici, si tratta di un modello familiare per noi, un qualcosa che quantomeno conosciamo e che sembra in grado di rassicurarci. Il contesto familiare poteva essere confondente, in effetti: a momenti di asprezza e durezza si possono alternare momenti di complicità e tenerezza, rendendo il contesto mediamente desiderabile e, di fatto, “un tipo ideale”. Non mi sembrava proprio corretto, ma non era nemmeno del tutto orribile. Conosciamo qualcuno, è tendenzialmente dubbio, forse aggressivo, ma ci affascina perchè i suoi caratteri ci ricordano qualcosa di irresistibilmente familiare, che nonostante tutto ci rassicura perchè ci fa sentire i piedi quantomeno poggiati a terra.
Se abbiamo subito violenza fisica o psicologica da piccoli, potremmo anche finire per credere che l’unico modo per non subirne ancora sia quella di diventare carnefici nei confronti di un partner. In altri casi potremmo sì, soffrire per le prevaricazioni, ma sentirci “stranamente al sicuro” in quel contesto, che ci fa comunque sentire protetti perchè ci è familiare. Motivo per cui molti si adagiano sull’idea di avere un partner aggressivo o prevaricante, proprio perchè il modello genitoriale li ha abituati in questi termini. Quando i genitori ci causano problemi, in altri termini, spesso siamo così ansiosi di allontanarcene che sviluppiamo blocchi psicologici attorno a tutti i tipi di tratti caratteriali potenzialmente problematici, i quali in realtà avrebbero potuto essere buoni o desiderabili. Quindi, per esempio, nostro padre potrebbe essere stato sminuente ma molto intelligente, il che si tradurrebbe in un figlio intelligente e che tende a scoraggiarsi. Oppure, per altre vie, potremmo aver sempre avuto la sensazione che nostra madre fosse in qualche modo disgustata dalla (nostra) sessualità, ma era realmente affettuosa e propensa alle coccole. Questo si può tradurre nell’immagine conseguente che chiunque sia affettuoso e propenso alle coccole sia anche deludente o punitivo riguardo al sesso, per cui ci sembra sbagliato e viene, in definitiva, rifiutato.
Cosa ho sofferto in passato a causa della mia famiglia? Sto escludendo potenziali partner che mi ricordano caratteristiche negative dei miei genitori? Significa mettersi in gioco in un’ottica differente, provando a liberarsi dei traumi infanti per trovare, finalmente, una imprevedibile piovra – che all’inizio poteva sembrare oscura – e che sia davvero giusta per noi.
Fonte