Qualche settimana fa ho preso un colpo al fianco: da quel che ricordo è avvenuto salendo in macchina in un momento in cui, evidentemente, non ero troppo lucido. Ho aperto lo sportello, valutato male lo spazio a disposizione, e questo ha causato l’urto di cui mi sono accorto solo qualche ora dopo. Il colpo mi ha causato un livido sul fianco, proprio al lato dell’ombelico, che ho trattato per diversi giorni con del ghiaccio applicandolo ogni tre o quattro ore.
Con tutta la scomodità di non poter fare molto altro durante gli impacchi – e forse proprio a causa della dedizione che questa scomodità mi ha indotto – sono stato costante nell’applicazione del ghiaccio sul fianco, cosa che ho ripetuto per diversi giorni. Il livido è scomparso. Nel frattempo sono pure dimagrito. Cosa che è probabilmente dovuta all’unico autentico toccasana delle mie estati: bere di più e mangiare molto meno.
Poco fa ho incontrato un’amica che mi ha detto che sono dimagrito, cosa che ho attribuito agli impacchi di ghiaccio sulla pancia i quali, evidentemente, fanno dimagrire. Il bias delle false cause è riassumibile in quest’ultima frase: si attribuisce, in altri termini, una causa non reale (gli impacchi di ghiaccio) ad un effetto specifico (dimagrire). Ci sono vari fenomeni che si possono accogliere sotto questo fenomeno: correlazione che non implica causalità, sequenziamento erroneo, selettività della memoria, bias del ricercatore, cherry picking a titolo selezione faziosa e arbitraria di eventi al fine di giustificarne un altro come più ci fa comodo. Quale che sia la causa, è davvero sorprendente come siamo affetti da questo bias e da come, nella vita di ogni giorno, possa trarci in inganno. Ne sanno qualcosa tutti coloro che credono convintamente nei complotti e che continuano, loro malgrado, a snocciolarne uno dietro l’altro. e in effetti le ipotesi di complotto sono spesso riassumibili entro i contorni delle false cause, come ad esempio attribuire le scie di condensazione degli aerei asce chimiche create volutamente per avvelenare le persone (falso effetto, in questo caso).
Alla fine, quello che possiamo trarre da questa esperienza è una lezione sull’importanza di comprendere e riconoscere i bias cognitivi che influenzano il nostro modo di interpretare la realtà. Il bias delle false cause è un esempio lampante di come la nostra mente possa collegare eventi in modo errato, portandoci a conclusioni sbagliate. Questo fenomeno non solo condiziona le nostre credenze personali, ma può anche alimentare teorie complottiste e idee infondate che si diffondono facilmente nella società.
Riconoscere questi bias è il primo passo per evitarli. È fondamentale sviluppare un pensiero critico e riflettere sulle vere cause degli eventi, basandosi su prove concrete piuttosto che su impressioni o associazioni superficiali. In un mondo dove le informazioni sono facilmente accessibili e spesso manipolabili, saper discernere tra causa ed effetto reale diventa una competenza essenziale per navigare nella complessità delle informazioni che ci circondano.
In conclusione, mentre può essere facile cadere nella trappola delle false cause, con un po’ di attenzione e riflessione possiamo imparare a evitare questi errori e sviluppare una visione più chiara e accurata della realtà. Questo non solo migliorerà la nostra capacità di prendere decisioni informate, ma ci aiuterà anche a comprendere meglio il mondo che ci circonda, liberi da pregiudizi e convinzioni errate.
Ingegnere per passione, consulente per necessità; ho creato Lipercubo.it. – Mastodon