Il film Dogtooth nasce, a quanto pare, da una chiacchierata del regista Yorgos Lanthimos con amici: si discuteva di figli e matrimonio, tra critiche e perplessità espresse dal regista. Il quale fu colpito, a quanto sembra, dall’insight di immaginare cosa succederebbe se un padre facesse qualsiasi cosa pur di proteggere la propria famiglia.
L’intero film viene girato con un singolo obiettivo anamorfico dotato di lunghezza focale di 50 mm. Il tutto al fine di conferire uniformità alla riprese, in primis, impostare un campo visivo più ristretto e un senso di claustrofobia che pervade lo spettatore fin dalle prime riprese. Per il resto Dogtooth si muove su un registro evidentemente grottesco e, come in una piece dell’assurdo, alterna l’apparente ordinarietà di una famiglia occidentale con il clima paranoico che la pervade. Per Roger Ebert si tratta di “una bizzarra fantasia che porta all’estremo il concetto di home schooling”.
Mamma, cos’è uno zombie?
…dove hai sentito questa parola?
Forse l’ha detta papà.
Uno zombie è un piccolo fiorellino giallo.
Sinossi e recensione
Dogtooth parte dal primo piano di un registratore di audiocassette vintage in funzione, mediante il quale tre ragazzi (che scopriremo essere fratelli) ascoltano una voce guida: sembra un audio corso di lingua, ma le definizioni fornite sono evidentemente sbagliate (“la carabina è un bellissimo uccello di colore bianco“). Si tratta della principale chiave di lettura del film e possiede conseguenze sociologiche, sostanziali, ben visibili: conoscere le parole (ed il loro corretto significato) determina la qualità dell’esistenza, oltre a definire i rapporti interpersonali. Ed è sulla base di queste definizioni corrotte che si svolge l’esistenza alienante, umiliante, grottesca e spersonalizzante dei tre protagonisti.
Conoscere definizioni sbagliate delle parole, sembra suggerire Lanthimos (come potrebbe capitare a chi usa male internet, ad esempio), finisce per cambiare la nostra realtà, portando ad un modello relazionale fuorviante o corrotto, che potrebbe estendersi all’intera società in cui viviamo. Il tutto diventa lampante quando una delle due ragazze guarda la videocassetta di Rocky e Lo squalo di nascosto, ripetendone le battute a memoria e imitando alcune delle scene.
Lo sai cosa ti farà mio padre quando saprà che ti lecco la tastiera?
Poco dopo vediamo un austero padre di famiglia alla guida di un’auto, mentre al posto passeggero è seduta una giovane addetta alla sicurezza che indossa una mascherina per gli occhi. I due dialogano vagamente e non si esplicita il motivo per cui si trovano assieme, che diventerà chiaro solo nel momento in cui il padre accompagna la donna nella stanza dell’unico figlio maschio, con cui consuma un rapporto sessuale freddo e distaccato (che scopriremo essere stato pagato dal padre).
È questa l’impalcatura shockante di questa sceneggiatura firmata da Efthymis Filippou e Yorgos Lanthimos, che si incentra sulla degenerazione dei legami familiari e sui temi dell’abuso infantile e delle forme di patriarcato. Per quello che vale intuirlo, e con il beneficio del dubbio, i figli sembrano rinchiusi in casa contro la propria volontà, mentre la madre sembra consapevolmente auto-reclusa.
I tre fratelli vivono isolati dal mondo esterno: costantemente manipolati e sopraffatti dalla volontà genitoriale, affidati ad un’educazione domestica fredda e distaccata, e conoscono il mondo solo mediante libri accuratamente selezionati dai genitori. Cristina, l’addetta alla sicurezza che lavora nell’azienda del padre, è accolta con calore in quanto unico elemento esterno autorizzato dai genitori, mentre i coinvolti in giochi infantili o grottescamente innocui (la lotta sotto l’acqua con delle cannucce come armi), senza conoscere il corretto significato delle parole. Cosa che avviene mediante una grottesca educazione parentale, nella quale esistono “termini pericolosi” che vengono reinventate, ridefinite, sottratti del loro significato, spesso con risultati esilaranti.
Le figure genitoriali, in Dogtooth, si preoccupano esclusivamente di creare una mitologia o un “pensiero alternativo” (in effetti stanno educando i figli usando fake news) che preservino i figli da tutto ciò che viene considerato pericoloso o corrotto, da un mondo esterno che viene visto come ostile, pericoloso e maledetto. Il tutto anche a costo di ingannare o di inscenare grottesche sceneggiate (un pesce che viene introdotto furtivamente in piscina dal padre, il quale poi si occuperà di pescarlo davanti agli occhi meravigliati dei figli). In questo clima repressivo e asfissiante, il pregio di Dogtooth (che è un film forte, scenograficamente perfetto, surreale nel proprio incedere) la sua capacità di esprimere un paradossale umorismo, soprattutto quando i ragazzi iniziano a fare domande “scomode”.
Mamma, cos’è una fica?
…dove hai sentito questa parola?
In una cassetta sopra il videoregistratore.
Una fica è una lampada grande. Per esempio: la fica si è spenta, e così tutta la camera è piombata nell’oscurità.
Sembra che l’archetipo narrativo della storia sia un film anni Settanta di Arturo Ripstein (El castillo de la pureza), che è stato sfruttato da almeno un’opera teatrale (Le ragioni del lupo di Sergio Magana, 1965) e da un romanzo (La risata del gatto di Luis Spota, 1964). Lanthimos concretizza il film come una piece tragica, in cui la recitazione si muove sul registro del distacco emotivo, dell’ineluttabile accettazione di un mondo determinato da un autoritario Super Io paterno, in cui è proibito esplorare il proprio mondo interiore, i propri gusti e la propria sessualità, mentre la possibilità di ribellarsi o di discutere non è mai presa in considerazione.
Il titolo Dogtooth (in greco Κυνόδοντας), che significa letteralmente “canino“, deriva da una delle bugie che i genitori raccontano ai figli, secondo la quale saranno pronti a lasciare casa soltanto quando cadranno loro i denti canini.
Dei tre ragazzi, che non vengono mai chiamati per nome, parlano (come nelle commedie di Ionesco) usando una sintassi da dizionario di conversazione, non è chiaro quanti anni abbiano (37, forse 52) e sono soprattutto dipendenti dai genitori, come se fossero un loro naturale prolungamento.
Tu fai mai dei sogni? Raccontamene uno recente.
Mamma cadeva nella piscina.
E poi?
Solamente questo.
Il clima domestico è simboleggiato dai video casalinghi che vengono registrati dal padre, e che la famiglia riguarda periodicamente, come se si volesse materialmente catturare il proprio mondo e renderlo riproducibile all’infinito (tematica esasperata da classici della fantascienza come L’invenzione di Morel, ad esempio). Non solo: pur essendo mediamente adulti (circa 30 anni, in teoria) sono trattati come ragazzini, mentre scopriamo che la casa è circondata da una siepe molto alta, come in un surreale carcere domestico.
“Caro fratello, ci dispiace tanto che tu non sia riuscito ad uccidere il gatto, come ho fatto io. Ci mancherai, nonostante gli errori che hai fatto.”
La figura paterna è un manipolatore a più livelli: non solo inganna i figli terrorizzandoli, ma racconta anche ai colleghi di avere una moglie su una sedia a rotelle, pur di evitare il contatto tra la famiglia e l’esterno. Non appena la moglie rimane incinta, convincono i figli che avranno presto sia due nuovi fratellini che un cane (!). Gli unici elementi ammissibili dall’esterno sono la figura di Cristina, introdotta sempre dal padre, il personaggio perturbante e che sembra destinato a rompere gli equilibri (quando verrà malmenata e cacciata di casa per aver fornito delle videocassette a una delle ragazze).
Mamma, ho trovato due zombi in giardino: vuoi che te li porti?
Ciò che rende interessante Dogtooth è il processo di creazione delle leggi e delle regole, che si scoprono essere decise sulla base della contigenza: quando il figlio maschio aggredisce senza motivo un gatto randagio con una cesoia, per il super Io paterno diventa il pretesto per inventare una mitologia (là fuori il quarto fratello, di cui non sappiamo nulla, sarebbe stato sbranato da un gatto), inscenarne un grottesco funerale al di là della siepe e stabilire il comportamento da tenere in casa (nello specifico, far abbaiare i figli come farebbero dei cani da guardia). Grande importanza sembra risiedere anche nella spiccata negazione della sessualità femminile, ridotta a pura passività e puro prodotto del diritto patriarcale del maschio della casa. Un diritto che i genitori si premurano di garantire al figlio – come non sarebbe impossibile immaginare in certe famiglie retrograde, in effetti – addirittura a costo di spingersi all’incesto.
Finale del film (spoiler)
Dopo la scena della danza a cui assistono i genitori, con una delle due sorelle che si stanca di eseguirla e l’altra che viene bloccata dalla madre perchè troppo passionale nell’eseguirla, una delle due giovani donne decide di fratturarsi un dente per avere il permesso di andare via di casa. La ragazza è apparentemente scomparsa, a quel punto, ma in realtà è rimasta nascosta nel bagagliaio dell’auto. Mentre si certifica la natura ambigua e incestuosa della relazione tra gli altri due fratelli, il padre esce di casa per andare al lavoro. Non appena parcheggia in ufficio, si allontana dalla vettura: non sappiamo, pero’, se la ragazza sia morta dissanguata (tutto fa pensare questo) o se stia per fuoriuscire dal bagagliaio, perchè nel frattempo il film finisce. Su questa ambiguità si gioca il senso dell’opera, perchè Lanthimos lascia volontariamente uno spiraglio di speranza allo spettatore, pur senza essere troppo ottimista a riguardo.
Se restate all’interno siete al sicuro. Siete protetti.