Crimes Of The Future: l’ultima frontiera dell’arte è il corpo umano

David Cronenberg torna a innescare nel pubblico quei subdoli meccanismi di inquietudine a lui familiari, dopo sette anni di assenza dalle sale cinematografiche, con il film Crimes Of The Future, con protagonisti Viggo Mortensen e Lea Seydoux. Il celebre regista, più di cinquanta anni fa, ne girò uno con lo stesso titolo, che la maggior parte dei critici si è trovata comunemente d’accordo a definire un’opera a se stante, che nulla ha a che vedere con il nuovo film. Che certo, da una parte è un concetto veritiero: non siamo davanti a un remake né davanti a un reboot; ma dire che le due opere hanno in comune soltanto il titolo, a mio avviso, è un giudizio frettoloso che porta a un’analisi superficiale e precaria, che rischia di inciampare da un momento all’altro. 

Al centro di entrambi i Crimes Of The Future c’è infatti il corpo umano; nel primo, in particolare, Cronenberg affronta la condizione maschile in un mondo dove il genere femminile si è estinto. Ecco che sfilano corpi di uomini al massimo grado della loro performatività, dovendo assolvere alle funzioni – anche riproduttive – dei due sessi. In particolare un uomo arriva al punto di simulare il parto riuscendo ad autoprodurre all’interno del proprio corpo degli organi. E proprio a questo particolare Cronenberg si riallaccia per realizzare il nuovo Crimes Of The Future, esasperando ancora di più il concetto di corpo e performatività. Viggo Mortensen e Lea Seydoux interpretano infatti una celebre coppia di artisti di performance e body art, che attraverso la straordinaria qualità del corpo di lui, in grado appunto di auto generare degli organi, riescono a realizzare delle opere ineguagliabili per bellezza e per lo shock che provocano in coloro che assistono.

In un tempo non meglio precisato del futuro il corpo si è evoluto fino a diventare a tutti gli effetti un mezzo per esprimere e fare arte (e Marina Abramovic, Gina Pane e Vito Acconci ringraziano); il body horror tipico di Cronenberg si fonde con la body art e si eleva nella sua forma più sublime, dove non esiste più limite tra dolore e bellezza. L’umanità che il regista ci racconta, infatti, si è evoluta al punto da non percepire più il dolore come una sensazione negativa ma anzi come soddisfacimento e piacere sessuale che vuole essere continuamente appagato tramite un continuo mutamento del corpo.

Il body horror a cui David Cronenberg ci ha abituato in tutti questi anni di cinema, quello di parassiti infestanti, tecnologia fagocitante ed estreme e animalesche modificazioni corporee, nel nuovo Crimes Of The Future è cresciuto e si è adattato alla società e ai tempi che sono cambiati. È diventato quasi più elegante e più aulico nei suoi obiettivi, ma non meno scioccante. Le persone che sono soggette alle più assurde modificazioni corporee non sono caratterizzate da qualche scopo di conquista del mondo e della scienza; non sono delle macchiette del cinema di genere. Sono personaggi che si sono evoluti a loro volta, pienamente consapevoli del corpo, delle sue potenzialità e dei suoi rischi. Se prima erano vittime dello stesso e della tecnologia e della scienza a esso collegate, adesso ne sono padroni consapevoli, e utilizzano qualsiasi elemento di questo connubio in modo da trarne esclusivamente vantaggio. Anzi, spesso arrivano ad autoinfliggersi modificazioni e mutilazioni corporee in modo da raggiungere sempre nuovi ideali di arte e perfezione; l’uomo che plasmano non è più a immagine e somiglianza di Dio ma di se stessi, perché adesso sono loro che fanno le sue veci e che decidono autonomamente come la specie umana deve adattarsi ed evolversi. 

Ma anche in questa dimensione più evoluta e consapevole non mancano gli approfittatori e i pregiudizi verso chi è diverso. Quello che Cronenberg intende raccontare con questo nuovo Crimes Of The Future non è che, in realtà, il nostro presente; proiettando tutto in una dimensione futura non meglio precisata, tuttavia, le accuse che muove nei confronti di una società invidiosa del progresso sono più implicite e velate. Un artificio che solo i grandi narratori (come Alessandro Manzoni insegna ne I promessi sposi) sono in grado di portar a termine in maniera efficiente. Ecco che il film allora, da un elegante racconto e dramma body horror, assume anche i toni più cupi del noir, del thriller investigativo, dove coloro che hanno un dono straordinario si uniscono contro un nemico comune che vuole soffocare la loro unicità.

Quali sono, quindi, i crimini del futuro? Quelli di un’umanità che prende sempre di più consapevolezza del proprio corpo e delle sue potenzialità, immersa fino al collo nella fame di una performatività che chiede in continuazione di essere saziata grazie ad atti assurdi che spingono sempre più avanti il concetto di limite? Oppure quelli di chi minaccia l’espressione dell’altrui unicità e, soprattutto individualità, per il semplice motivo che non riesce a comprenderla e quindi, anziché conoscerla preferisce sopprimerla? Questa è la grande domanda di un film concettuale come Crimes Of The Future, in cui David Cronenberg rimane fedele a se stesso, esponendo a trecentosessanta gradi il corpo, ma ne fa un’opera d’arte.

Il corpo umano come unica e vera innovazione del futuro: l’ultima espressione dell’arte rimasta da esplorare all’umanità.

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