L’assistente di uno scienzato non troppo sano di mente viene rinchiuso in un manicomio: il professore è stato trovato decapitato, dopo che i due hanno tentato uno strano esperimento di stimolo della ghiandola pineale, il “terzo occhio” citato a partire da Cartesio. Ipotizzando che si tratti di un organo completamente addormentato, i due protagonisti sono convinti che possa esistere una macchina capace di stimolarne l’uso e permettere così all’uomo di entrare in una dimensione del tutto nuova. Ma tale scopo apparentemente nobile nasconde una realtà fatta di mostri ed incubi terrificanti…
In due parole. A tanti fan dell’orrore non è piaciuto, e francamente non riesco a capire il perchè. Interpreti al di sopra delle righe, anche piuttosto ben fatto (ma gli eccessi gore non appartenevano allo scrittore): si fa guardare con un certo interesse anche oggi. Ha ispirato almeno altri due successi dell’horror mondiale: Hellraiser e Society.
Il film è un horror ottantiano per ambientazioni e riprese, e possiede più di un richiamo alle dimensioni parallele, ai mondi raggiungibili mediante porte realizzate dall’uomo e – visto che si tratta di un horror – agli eccessi che ne potrebbero conseguire, in chiave prettamente splatter-gore. Non manca il riferimento all’immaginario del sesso e del sadomaso, e non è da escludere che Clive Burker abbia preso da questo film molto del suo Hellraiser, uscito l’anno successivo. Barbara Crapton vi fa la sua bella figura, sebbene non appaia troppo convinta sulla scherm. Perfetto invece il solito Jeffrey Combs, nella parte dell’uomo che indaga e ne paga le conseguenze.
Affascinante, inoltre, l’idea dell’esistenza di un risonatore come ponte di contatto tra una dimensione aliena ed il mondo così come lo conosciamo: sebbene non ci sia il piglio scientifico del body horror de La mosca, si tratta comunque di un film imparagonabile a quello appena citato (come qualcuno impropriamente ha fatto), certamente dignitoso nella propria specificità. Bella, in particolare, la sequenza dedicata al tema della follia (i “normali” non fanno altro che negare l’evidenza), ripresa dalla tradizione sci-fi ed esaltata meravigliosamente nove anni dopo ne “Il seme delle follia”.
“Voglio vedere di più… più di quanto un uomo abbia mai visto!”
Prodotto dal geniaccio di Brian Yuzna, che attingerà da questo film a piene mani, almeno apparentemente, per il suo Society, e diretto praticamente con le stesse dinamiche di Re-animator da Stuart Gordon, che si fa ricordare per uno dei suoi prodotti più convincenti. Nonostante qualche piccola forzatura – come la Crampton in abito sadomaso, buttata lì quasi per caso – rimane una piccola chicca del periodo ottantiano dell’orrore, quello che rimpiangiamo in tanto quando ci lamentiamo che il genere è morto e che non fanno più certe produzioni. Nel cast è presente, tanto per restare in tema di nostalgia, il Ken Foree rimasto nell’immaginario di chi ha visto decine di volte Zombi di George Romero.
Mentre un po’ di diatriba su H. P. Lovecraft in altri ambiti avrebbe probabilmente senso, sono convinto che – dopo aver visto tanti horror – una discussione omologa in ambito cinematografico non ne abbia per nulla. Sebbene “From beyond” sia uno dei racconti forse più fedeli agli scritti originali (ed abilmente rielaborato dalla sceneggiatura), persino Wikipedia fa notare che lo scrittore di Providence non avesse grande stima per le proiezioni audiovisive. Credo che sarebbe rabbrividito nel sapere dell’attuale 3D e nel fatto che le storie spesso contino poco o nulla, sebbene forse ricostruire una delle sue ambientazioni ciclopiche con quella tecnologia non sarebbe affatto male. Quindi la discussione sulla “fedeltà del film allo spirito dello scrittore di Providence”, che anche qui non c’è, sarebbe già finita da un pezzo.
Con buona pace di Lucio Fulci, che ci ha costruito almeno due film sopra (sulle atmosfere, più che altro: L’aldilà e Paura nella città dei morti viventi, dove si prende qualcosa da Nyarlathotep e dallo pseudo-culto del Necronomicon), con buona pace di John Carpenter (La cosa, almeno in parte parallelo de “Le montagne della follia”, ma anche l’immenso Il signore del male) e senza citare tutti gli altri che credono di aver capito Lovecraft e si sono sentiti autorizzati a riprodurlo. Uno scrittore che è molto meno filmabile di tanti altri, e che non lo è neanche in questo buon “Terrore dall’ignoto“, e questo perchè non scriveva per il cinema: un assunto estremamente semplice che risparmierebbe molteplici discussioni sul tema, almeno secondo il mio parere. Fatta questa precisazione, il film rimane come un qualcosa certamente da riscoprire anche oggi, per il buon livello di intreccio ed effetti splatter.
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