Inferno: quando Dario Argento creò un horror macabro e surrealista

New York: la studentessa Rose trova il libro di un architetto-alchimista dal titolo “Le tre madri”, nel quale si narra di tre case costruite per ospitare tre streghe (Mater Suspiriorum a Friburgo che abbiano conosciuto in Suspiria, Mater Lacrimarum a Roma e Mater Tenebrarum, per l’appunto, a New York). La curiosità della ragazza la spingerà a scoprire orribili segreti, che nessuno deve conoscere, a prezzo della vita…

Inferno , nome evocativo quanto semplice per uno dei migliori film del regista Dario Argento, impressiona lo spettatore dalla prima all’ultima scena mostrando un’atmosfera macabra e surreale, perfettamente sintetizzata dal titolo stesso dell’opera. Lavoro del 1980 caratterizzato da una splendida e studiatissima fotografia, estremamente nitida e basata su tanti dettagli minimali che fanno la differenza. Serrature in primo piano mentre scattano, un edificio labirintico e dominato da geometrie spaventose nel quale alberga il male assoluto, violenze spesso illogiche e sceneggiatura claustrofobica: gli ingredienti sono quelli di un horror puro, il secondo dopo il celebre “Suspiria“.

La trama si richiama proprio a quest’ultimo, legata sottilmente da un sottile filo di esoterismo, stregoneria ed alchimia a cui il nostro regista è da sempre debitore. Lucio Fulci con la sua “trilogia della morte” deve certamente più di qualcosa a quest’opera, tanto da realizzare un suo film altrettanto “lovecraftiano” come  “Paura nella città dei morti viventi“, con cui (fermo restando le dovute distinzioni) le somiglianze stilistiche tra i due sono certamente numerose.

Inferno” venne criticato per la presunta illogicità di alcuni passaggi, come la celebre sequenza in cui l’antiquario annega i gatti che lo tormentavano, viene sbranato dai topi ma anche letteralmente “terminato” dall’uomo di un chiosco nelle vicinanze, che invece di soccorrerlo lo pugnala alla gola. Evidentemente il concetto di maledizione (su cui è basato l’intero film, assieme alla stregoneria) era estraneo alla critica dell’epoca, forse troppo ingenua o troppo assorta a contemplare se stessa. Del resto qualsiasi film che presenti un astrattismo violento – come “Inferno” fa per quasi tutto il suo scorrere – è destinato, un po’ per definizione, ad essere capito solo dai fan, da coloro che vivono un minimo di empatia con le storie narrate.

Un film da antologia dell’orrore, che vedrà la sua conclusione solo 30 anni dopo con “Le tre madri“, un ritorno ai fasti del passato certamente da non sottovalutare.

« Ce ne sono molti di misteri in quel libro, ma l’unico grande mistero della vita è che essa è governata unicamente da gente morta… » (Kazanian)

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