Murder!: Hitchcock anticipa molto dei thriller moderni. Nel 1930
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Un’attrice di una compagnia teatrale, Edna Druce, viene uccisa con un attizzatoio in circostanze misteriose: immediatamente viene accusata Diana, sua collega, con la quale c’erano dissapori. Nessuna prova sembra scagionare ragionevolmente la protagonista, che viene condannata a morte: solo Sir John Menier crede nella sua innocenza.

In breve. Un proto-thriller molto ben congegnato, forse tra i migliori dell’epoca, ed ispiratore assoluto di molti altri film del genere.

Murder! è il terzo film con audio di Alfred Hitchcock, regista ad oggi più discusso che visto – senza dubbio paradigmatico di un genere che avrebbe riscosso un successo altalenante negli anni a venire: coinvolgendo registi più o meno “corsari” del genere, in grado di proporre solo rapide escursioni nello stesso, e molti altri che lo resero il proprio marchio di fabbrica. All’inizio del film è visibile il nulla osta del British Board Of Film Censors, la commissione di censura mai troppo amata dal regista che impose, ad esempio, che i bobbies inglesi dovessero essere rigorosamente senza armi, come da tradizione (per approfondire basta leggere il celebre Il cinema secondo Hitchock di Truffaut). Il soggetto consiste in un adattamento di Hitchcock, in collaborazione con Walter Mycroft, del romanzo Enter Sir John (quasi certamente inedito in Italia) di Clemence Dane e Helen Simpson.

Murder! si apre sulle note della Quinta Sinfonia di Beethoven (Sinfonia No.5 in Do Minore, Op.67, per inciso non tributata nei credits), su un urlo femminile ed un ossessivo bussare su una porta, in grado di svegliare il vicinato e richimare le attenzioni della polizia: scopriamo che è stato commesso un brutale omicidio. L’attrice Edna Druce, ospite in casa della collega Diana Baring, è stata trovata morta: quasi subito sarà Diana ad essere accusata del crimine dal marito della vittima. Nonostante le premesse grevi e seriose, lo stile di Omicidio! è un mix di thriller drammatizzato e commedia, in molti passaggi più vicino alla commedia di quello che potrebbe sembrare a prima vista, e con brillanti dialoghi e deduzioni alla Sherlock Holmes affidate al protagonista maschile Sir John Menier.

Lo stile del regista è quello che tutti conoscono, seppur qui in forma embrionale: valorizza principalmente la tensione dell’intreccio ed è abile a delineare i personaggi sulla base di piccoli dettagli. Ad esempio nella fase di discussione tra i giurati, in cui il clima inquisitorio e la necessità di trovare un “mostro” ad ogni costo viene messa in rilievo (giocando sull’aspetto fisico dell’imputata ed interpretando il suo atteggiamento silente come semplice arroganza). Tutto questo crea un feeling indissolubile con il pubblico, che sospetta fin dall’inizio che qualcosa non quadri, sebbene non abbia modo di provarlo. Una capacità, quest’ultima, che non troppi registi del genere mostreranno di avere nel seguito, focalizzati spesso (e purtroppo) più sul dettaglio fine a se stesso e su riprese narcistiche o criptico-esoteriche, e che ispirerà quasi tutti i film di derivazione giallistica di Dario Argento. È anche un film proto-argentiano per il dettaglio rivelatore del reale assassino, sfruttando un meccanismo di confusione del genere che all’epoca, probabilmente, finì per fare scalpore.

Che cosa rispondete, Sir John?

Hitchcock è anche abile ad esprimere una critica, decisa quanto per nulla “di pancia” (anzi: è sempre elegante e composta), ad un sistema giudiziario potenzialmente forcaiolo, soprattutto sfruttando l’arma del paradosso: gli unici giurati che si mostrano indecisi esprimono un dilemma morale legato ad un duplice rischio (condannare un innocente o lasciare libero un colpevole), che poi il tutto viene immediatamente dileguato per semplice paura di ritrovarsi in minoranza. Viene inserito anche un riferimento allo stato di potenziale follia e dissociazione mentale dell’imputata, che è uno dei leitmotiv di uno dei capolavori del genere, uscito 10 anni prima, quale Il gabinetto del dottor Caligari.

Omicidio! esce nel 1930, e storicamente si tratta del primo film in cui, peraltro, il monologo interiore di un personaggio viene esplicitato: il giudice che ripensa alla sentenza, Sir John Menier divorato dal senso di colpa per la condanna, Diana che pensa alla parte teatrale persa mentre si trova in cella. Le prime indagini vengono poi svolte durante lo spettacolo: la polizia raccoglie le prove ed interroga potenziali testimoni dietro le quinte, proponendo al pubblico un curioso (e probabilmente inedito per l’epoca) chiaro-scuro tra il dramma del delitto e la farsa proposta al pubblico. Il seguito si svolge come la più classica delle indagini per conto proprio, archetipiche di film come L’uccello dalle piume di cristallo, in cui a spingere il personaggio è il rimorso per una decisione fatale quanto affrettata.

Che Murder! sia stato un film essenziale per i successivi sviluppi del genere thriller e per la codifica dello stile inconfondibile del regista, del resto, è subito evidente: la dinamica narrativa è stringente, quasi asfissiante, e mostra una vittima predestinata chiusa in un silenzio criptico, e destinata apparentemente a morire sul patibolo. Ma le cose non stanno come sembrano, e partendo da presupposti ben delineati e mirati a tenere lo spettatore incollato alla poltrona, si scoprirà progressivamente che non sarà così. La dinamica del giallo, del resto, è diventata così molti anni dopo, ed è molto probabile che horror e thriller moderni abbiamo tributato – in ogni caso, direttamente o indirettamente – Murder!, peraltro uno dei primissimi film di questo genere ad uscire nelle sale.

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