Alla riscoperta di quartiere Coppedè nel cinema (con FOTO)

Se volessimo quantificare in modo dignitoso i film girati in zone famose di Roma, basterebbe andare sull’ovvio: Roma città aperta, Ladri di biciclette, La dolce vita e ovviamente La grande bellezza (con le sue terrazze vagamente radical-chic), mettendoci così l’anima in pace, appagati e soddisfatti dalla nostra risposta da telequiz. Del resto da appassionati di horror e film di genere, l’anima in pace è abbastanza difficile da raggiungere per definizione. Non siamo davvero così sbrigativi, insomma: c’è dell’altro, e – per quanto sia fin troppo comune parlare di Quartiere Coppedè per via di Dario Argento – mi sembra necessario approfondire un po’ meglio la questione.

Tra i tantissimi luoghi dal fascino esoterico presenti in città, una menzione particolare merita senza dubbio questo quartiere romano ideato, in gran parte, da Gino Coppedè, più precisamente localizzato in piazza Mincio. Per chi volesse provare l’ebbrezza, partendo da Termini ci arrivate facilmente col bus 38, e dalla fermata Dalmazia sono circa 10 minuti a piedi. Per gustarla come si deve, cosa che ho rifatto nella giornata di ieri, è consigliabile arrivarci da via Dora, sede del fastoso ingresso – nonchè del celebre arco. Le opere romane su commissione dell’architetto, esponente dell’Art Nouveau (o stile Liberty), si trovano quasi tutte in questa zona. Il Quartiere Coppedè, a dirla tutta, non è un vero e proprio quartiere “alla romana”, ma corrisponde ad un complesso di bizarri edifici di quello che viene chiamato più propriamente quartiere Trieste. I lavori di Coppedè erano in genere ispirati ad un certo gusto per l’esagerazione, la rivisitazione del classico ed il paradosso: un mix di stili affascinante, oggetto di interpretazioni esoteriche di ogni genere e, peraltro, molto adatto per ambientare un film di qualsiasi genere.

In generale, quartiere Coppedè è un discontinuum di asimmetrie, figure bizzarre (e secondo alcuni massonico-esoteriche), molte delle quali si richiamano a visi grotteschi, personaggi della mitologia classica e animali reali o immaginari di ogni genere (lumache, gorgoni, draghi e via dicendo). Sono i dettagli, naturalmente, a fare la differenza, e solo visitando il quartiere in loco è possibile accorgersene e farci caso, abbandonandosi a mille suggestioni, idee, interpretazioni più o meno plausibili.

Su uno degli edifici del quartiere Coppedè (Palazzo del Ragno), in particolare, capeggia una scritta in latino: ”Artis praecepta recentis maiorum exempla ostendo”, ovvero – lascia detto ai posteri l’architetto fiorentino – Mostro i precetti artistici moderni attraverso esempi classici“.

Le foto seguenti sono state scattate da me in loco, durante una serata di pioggia del 2019.

La prima cosa che colpisce, tra i quattro ingressi che permettono di raggiungere la piazza, si trova senza dubbio su via Dora: l’arco che collega due edifici con un singolare lampadario, in ferro battuto, sospeso al centro dello stesso. Già quello dovrebbe dare l’idea – unito al contesto classico quanto straniante che sembra caratterizzare la zona – di quello che troveremo (e che ha ispirato registi non solo come Argento, ma anche come Barilli, Bava e Donner.

Vediamo alcuni dei film che hanno tratto parte della location proprio da questa zona di Roma.

Inferno (1980)

Procedendo dopo l’arco, sulla sinistra, troviamo l’edificio che nel film era la Biblioteca Filosofica in cui si reca il personaggio di Sara (Eleonora Giorgi) in taxi: una palazzina ispirata a quella vista nel primo kolossal italiano del 1914, Cabiria. L’edificio non sembra avere una vera e propria denominazione, almeno dalle ricerche che ho fatto, ed è caratterizzato da una loggia in stile rinascimentale, con alcuni motivi piastrellati a scacchi bianchi e neri (oltre che dorati e neri).

Di giorno rende in un modo, di notte (credo) decisamente in un altro.

Il capolavoro horror-surrealista di Argento è stato in parte ambientato qui, giusto verso l’inizio: la sequenza in cui Sara (Eleonora Giorgi) arriva in taxi è stata girata all’interno di un’oscura piazza Mincio, sulfurea e sinistramente illuminata, con l’ingresso del palazzo con le scale in vista sullo sfondo. La figura del portiere, poi, compare sullo sfondo – a mo’ di misterioso custode.

Anche il precedente L’uccello dalle piume di cristallo, conferma IMDB, presenta almeno una sequenza girata a piazza Mincio – per quanto non sia riuscito a reperire il fotogramma o la sequenza esatta.

La ragazza che sapeva troppo (1963)

Il primo giallo all’italiana – almeno, a detta dei più – possiede una sequenza ambientata nella stessa location, quindi ancora una volta piazza Mincio (la fontana che predomina la scena duranta la rotazione della camera è la Fontana delle Rane). Questa volta, pero’, il taxi ferma la protagonista in corrispondenza di un edificio diverso, che dovrebbe essere il Palazzo del Ragno (l’oscurità non permette di vederlo, ma c’è: un ragno stilizzato sopra l’ingresso – basta guardare la foto successiva).

Ecco la foto del Palazzo del Ragno come si presenta oggi, con l’aracnide in vista su fondale nero.

Palazzo del Ragno - Roma - Quartiere Coppedè

Omen – Il presagio (1976)

Richard Donner utilizza piazza Mincio come parziale location per il suo capolavoro dell’horror sovrannaturale: nella storia, si tratta della casa dell’ambasciatore, di cui riusciamo ad apprezzare anche qualcosa dell’interno. Un’inquadratura panoramica mostra la particolare bellezza del luogo, con tanto di dettaglio sulla Fontana delle Rane.

Il profumo della signora in nero (1974)

Ulteriore perla che interessa la zona riguarda il film di Francesco Barilli, che inizia con l’inquadratura di un bambino che fa il bagno nella Fontana delle Rane (come pare abbiano fatto anche i Beatles, negli anni Sessanta, dopo un concerto al vicinissimo Piper). Si passa poi ad una bella inquadratura aerea della facciata del palazzo senza nome, del quale è possibile apprezzare pienamente i dettagli.

La Fontana delle Rane è posta nel centro della piazza, a livello leggermente superiore rispetto alla strada: un vero e proprio capolavoro di Coppedè, realizzata nel 1924. Ci sono 12 rane distribuite su tutto il perimetro dell’opera, ibridate con delle figure umanoidi che sorreggono le vasche. L’opera ha un aspetto senza dubbio bizzarro anch’essa, per come è stata concepita (e per quanto sembri purtroppo poco curata, oggi).

Altri film meno noti girati in zona

La lista di b-movie riconducibili allo stesso ambiente è, almeno per me, abbastanza lunga: si va da Desiderando Giulia di Andrea Barzini (vedi frammento di trailer di seguito) passando addirittura per Ultimo tango a Zagarol di Nando Cicero (per la cronaca: il titolo corretto è senza la “o” finale – con Franco Franchi e la Martine Beswick vista in Barbara il mostro di Londra), senza dimentiare Il ragazzo del pony express, e Audace colpo dei soliti ignoti di Nanni Loy, tutti film parzialmente dimenticati che qualcuno, prima o poi, finirà per rivalutare anche per questo motivo.

Impossibile non citare, inoltre, questo poco noto thriller di Al Festa (Frames – Fotogrammi mortali), un b-movie sfrutta moltissime location romane: Fiumicino, Fontana di Trevi, Palazzo della Cività Italiana, Piazza Navona, Piazza del Campidoglio, Piazza del Popolo, il Colosseo e naturalmente Piazza Mincio (nel trailer purtroppo non si vede: mi fido di IMDB anche stavolta).

Ulteriori film di ogni genere che hanno visto scene girate nella stessa suggestiva zona sono: Il mantenuto (1961), Una sporca faccenda (1964), Roma violenta (1975), La poliziotta fa carriera (1976), La gatta da pelare (1981).

Una locandina con Janet Agren e Pippo Franco, giusto per stemperare la tensione.

Libro consigliato sull’argomento “Roma horror

Se vi piace riscoprire segreti e misteri legati a luoghi specifici, sulla Capitale si trova abbastanza anche sul web, per quanto molte informazioni siano approssimative o errate. A proposito di horror, nello specifico, tra i libri consigliati devo necessariamente citare Roma da paura di Valeria Arnaldi, che cita – tra le tantissime cose – di un presunto lupo mannaro che si aggirava nella zona di piazza Vescovio (nel periodo della seconda guerra mondiale) ed un altro collega che mostrava le stesse folli tendenze in zona Villa Borghese (non distante da quartiere Trieste). L’aneddotica si mescola in modo gradevole alla riscoperta di antichi ritrovi di streghe e demoni per la Capitale.

(fonte, fonte, fonte)

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