Si chiama Divertimento (in italiano) ed è un mediometraggio di Keyvan Sheikhalishahi, regista e produttore francese classe 1998.
La regia di Divertimento è diretta, essenziale, quanto dai tratti ambiziosi o para-nolaniani. In uno scenario che prefigura una sorta di “scacchi viventi” a grandezza naturale, siamo introdotti all’interno di un castello francese del diciottesimo secolo, in un’atmosfera onirica e fortemente teatrale, con un imprecisabile gioco che sta per avere luogo.
Sembra scontato il parallelismo con il gioco degli scacchi, a cominciare dalla forma e colore del pavimento che non possono che ricordare una scacchiera. La partita è in corso, fin dall’inizio, ed un senso di rivincita aleggia su quello che sembra il protagonista. Il film propone in seguito una sorta di flashback che mostra come si sia arrivati a quel punto, oltre ai numerosi dettagli che caratterizzano la trama.
Divertimento è un corto interessante quanto non esattamente fruibile e pensato per il grande pubblico, in quanto si affida ad una narrazione volutamente frammentaria e non causale (o totalmente atemporale), nonostante si individuino immediatamente i due protagonisti (una coppia che ha deciso di sottoporsi al gioco in vista del ricco, anch’esso imprecisabile, premio in palio). Non lo è fino a quando non viene chiarito che la natura dei delitti che avvengono nel castello sono funzionali, e strettamente correlati, a quanto avviene nella partita di scacchi.
La dimensione del film diventa mitica (un personaggio che si ribella alle regole del gioco) ma le regole dello stesso sono parte di un gioco evidentemente truccato, frutto di ricordi repressi, desideri nascosti e scheletri nell’armadio, dove emergerà una probabile crisi di coppia precedente al gioco. Divertimento sembra altresì funzionare sulla base della triade lacaniana tra reale, immaginario e simbolico, che Slavoj Žižek paragona giusto al gioco degli scacchi: “Le regole che occorre seguire per partecipare al gioco coincidono con la sua dimensione simbolica […] immaginario, ossia la […] maniera in cui i diversi pezzi sono modellati e caratterizzati dai loro nomi (re, regina, cavallo); […]. Infine, reale è l’intero insieme complesso di circostanze contingenti che influenzano lo svolgimento del gioco: l’intelligenza dei giocatori, nonché le imprevedibili intrusioni che potrebbero sconcertare uno dei giocatori o interrompere direttamente il gioco.”
Se l’interpretazione può sembrare plausibile a vari livelli, in questa chiave di lettura, tende un po’ a perdersi nei meccanismi narrativi del mediometraggio, in cui intervengono vari livelli di finzione e simbolismi grotteschi di vario genere, difficili da decifrare per lo spettatore. Spettatore che si farà piacere o meno il film, di fatto, suggestionandosi o meno per le numerose possibili spiegazioni del film stesso, che vanno da una trama esoterica e puramente onirica ad una puramente psicologica (il senso di colpa del coniuge) passando, ovviamente, per la possibilità che i forti echi nolaniani abbiano la meglio su tutto il resto, relegando l’opera ad un mero flusso di coscienza.
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