La realtà è un trailer di Maccio

Il momento esatto è impossibile da datare, ma esiste un istante preciso in cui i trailer parodia di Maccio Capatonda, a partire da Natale al cesso, sono diventati indicativi del nostro divenire, nonchè parte integrante ecosistema social in generale. A cominciare dai negazionisti climatici, ben rappresentati da Maccio in tuta Adidas “e a me che me ne frega ammè cciò il disel“, a finire alle nefandezze sessiste-tossiche che infestano quasi tutti i commenti di qualsiasi donna che osi – non sia mai – scoprire in una foto FB più del 5% della superficie del suo corpo. Il mood è diventato sempre più opprimente, pervasivo, quel modo di fare tanto sbrigativo da diventare grottesco e, naturalmente, realistico.

Maccio è stato profetico e precursore dei tempi che stavano cambiando, così come (ricordavo mesi fa) August underground, con i suoi eccessi, i suoi simulacri di realismo amatoriale e la sua violenza gratuita sembra tanto, oggi, una versione horror di un qualsiasi reality all’ultima moda. Qualsiasi altro horror POV, del resto, o pseudo snuff che dir si voglia, ha anticipato la tendenza al sensazionalismo che George Romero, forse prima di chiunque altro, aveva subodorato e demonizzato. E dire che all’epoca sembravano film fini a se stessi, difficili addirittura da giustificare per un recensore, in alcuni casi.

Il punto da cogliere è sottile, ma va capito e assimilato prima che si può. In modo che, se non altro, possiamo adattarci al cambiamento, da bravi darwinisti quali ci consideriamo. Prima che sia troppo tardi. Prima di diventare definitivamente “italiano medio”.

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