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Combat shock: l’unicum della Troma, contro ogni guerra

Buddy Giovinazzo – per gli amici Carmine – classe 1957, regista, autore, sceneggiatore; diventa famoso nell’ambito del cinema underground proprio grazie a Combat Shock, la sua opera prima. Giovinazzo rappresenta per molti la quintessenza del filmmaker indipendente, dato che realizza il sogno di molti: fa un film a basso budget, eleva la qualità al massimo delle possibilità e viene notato da Kaufman della Troma, che decide di distribuirlo.

Inizialmente girato come tesi universitaria (American nightmares era il – significativo – titolo originale), venne poi distribuito entusiasticamente dalla mitica casa di produzione di b movie, cosa che avvenne tanto felicemente da far spingere il mega-presidente Llyod Kaufman a definirla il loro “capolavoro” definitivo. Di fatto, è una deviazione considerevole dalla “norma Troma”, che ha quasi sempre prodotto film demenziali / trash a tinte horror o erotici, e che qui non solo mostra un horror puro (un genere molto poco maneggevole di per sè), ma ne presenta uno dalle pesanti implicazioni socio-politiche. Combat shock strizza l’occhio a vari classici del genere “sociologico”, a partire da Taxi Driver, e non meraviglierà vedere nel personaggio di Frankie Dunlan un antesignano del pluri-citato Joker di Phillips, simbolo dell’alienazione e della rabbiosa solitudine con cui la società decide, a proprio arbitrio, di confinare i reietti (o presunti tali). Tanto più che lo fa in modo ingrato – sono gli USA anni 80 a rigettare le istanze di aiuto di un ex soldato, tema peraltro canonico nel cinema di denuncia – con l’originale trovata registica di farci vedere tutto il resto: il bullismo metropolitano, una famiglia che lo opprime, una situazione economica precaria ed un figlioletto deforme. Non sarà forse il più celebre film di denuncia della guerra in Vietnam, ma sicuramente rappresenta uno degli unicum a tema più significativi e shockanti mai realizzati.

La macchina da presa di Giovinazzo ci catapulta brutalmente dentro l’inferno del Vietnam, affidando al soldato americano protagonista il significativo incipit:

Ci ritorno ogni notte, senza eccezioni, e gli stessi avvenimenti si ripetono senza sosta. Io non so se è reale, ma il terrore lo è. Fa parte di me, adesso. Non posso sfuggirgli. Tutto è esattamente come nei miei ricordi. La stessa giungla, gli stessi sentieri. Le stesse vittime.

Parliamo del consueto disturbo da stress post-traumatico che, secondo alcuni, potrebbe affliggere potenzialmente la totalità degli esseri umani post pandemia (è quasi grottesco osservarlo, in questa fase), il che all’epoca poteva sembrare un episodio dall’eziologia quantomeno più limitata. Il trauma della guerra ed il suo incontenibile e letale senso di colpa (Frankie è ossessionato dall’immagine di una ragazza vietnamita disarmata, che le dinamiche di guerra lo hanno spinto ad uccidere) viene qui espresso all’ennesima potenza, da parte di chi l’ha vissuta (e ci ha creduto) e che ora vive in quel che resta di un mondo da incubo. Una realtà degradata fatta di baby prostitute, ricatti, povertà e miseria, ed in cui il protagonista cresce un figlio deforme che ricorda le fattezze di quello visto in Eraserhead.

I don’t know who he is: I only know he wants to kill me

Il soldato di Combat Shock compare nella primissima, significativa sequenza con divisa e fucile, immerso in un soliloquio mentale e (rigorosamente da solo) a caccia di vietcong. Si muove in un bosco ostile quanto neutrale, almeno in apparenza, che non possiede nulla di troppo minaccioso se non l’idea che, da un momento all’altra, qualcuno potrebbe aggredirlo o ucciderlo. Cammina, cammina e cammina ancora: una camminata angosciante ed interminabile con un fucile in mano. Poi prova a richiamare qualche commilitone senza successo, mentre un giovane vietnamita appare, come figura inizialmente neutra, sullo schermo. In realtà il ragazzino è armato e si pone sulle tracce del soldato, tentando un agguato.

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La celebre frase “non so chi sia, so solo che vuole uccidermi“, riletta oggi, assume una parvenza ingigantita, generalizzabile, immersa nel clima di ansia perenne che viviamo a fasi più o meno alterne. Oggi Combat shock, film assolutamente da riscoprire, finisce per assumere la nuova forma di un orrore ancora più universale, che dovrebbe fare da monito a chiunque, inclusi politici assurdamente sempre più egotisti o distanti dalle necessità umane: guerre e pandemie sono tutt’altro che “lontane da noi“, non sono più (nella migliore delle ipotesi) oggetto di saggi-mattone o film filosofici che quasi nessuno finirà di leggere o vedere sul serio. Guerre e pandemie sono, oggi, fin troppo vicine a noi, più di quanto immaginavamo, ed ecco il combat shock concretizzarsi nel suo orrore, quale simbolo dell’incerta condizione umana che Giovinazzo aveva abbondantemente previsto.

Combat shock non è solo un film di guerra ma è anche, forse, il film definitivo (almeno in ambito underground e senza badare troppo ai vari Apocalypse Now, Soldato Ryan e via dicendo), in quanto si pone nell’ottica del rifiuto della follia del conflitto sottolineandone le conseguenze psicologiche e psichiatriche per chi ne resta coinvolto (anche se non siamo sul fronte, ne siamo coinvolti lo stesso). Un film dal profondo orrore sociologico, in grado di rappresentare l’isolamento, la solitudine e quella impronunciabile, crudele follia risultiva che finisce la storia, quel finale traumatico (no spoiler, che non citiamo per non rovinare la sorpresa a chi non avesse visto e perchè è oggettivamente difficile raccontarlo senza banalizzarne motivazioni, contenuti ed esasperazione del personaggio.

Nulla di anomale che il finale possa risultare indigesto nella sua (necessaria) crudeltà: non è nulla di troppo diverso da ciò che siamo soggetti ogni giorni mediante sensazionalismo clickbait e commentatori che sembrano fremere dalla voglia di annunciare la fine di ogni tempo. Oggi Combat Shock è uno shock globale, un simbolo del mondo in cui ci pregiamo superficialmente di vivere e a cui forse servirebbe riprendere le briglie di un’umanità corrotta e provare, una buona volta, a ripensare la nostra storia.

Da reperire subito e senza esitazione, in DVD blu-ray Tromaland.

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