Harley Quinn non esiste (se non nella mente di Joker)

Dire che Harley Quinn non esista per lo spettatore in carne e ossa, lo stesso che ogni mattina sale su una metropolitana affollata per andare a lavorare, è una verità che rasenta l’ovvio: è un personaggio immaginario creato dall’universo DC Comics, lo stesso che scalda anima e core dei numerosi fan al seguito. Fermo restando che la loro reazione scomposta al Joker di Phillips (in due episodi: il primo capolavoro per alcuni ai livelli di Shining, il secondo a momentipeggiore di Natale al cesso di Maccio Capatonda) è del tutto lecito, la vera domanda da porsi è per quale motivo questo film abbia suscitato reazioni così estreme e prive di sfumatore. E soprattutto capire perchè Harley non esista, nonostante la parvenza del personaggio cerchi di ricalcarne atteggiamenti e fattezze, ricordando più un’opera teatrale che un cinecomics accurato. Potrà mai esistere un cinecomics accurato, del resto?

 

C’è un aspetto legato all’emotività dello spettatore, senza dubbio: Joker è ognuno di noi, quantomeno vorrebbe esserlo – oppresso da lavori che non ci piacciono e che facciamo solo per campare, depresso da relazioni ipocrite portate avanti per convenienza, paura di rimanere soli e quant’altro. C’è il villain per eccellenza che tante volte ha fatto soffrire Batman, nella versione di Phillips del tutto scomparso in favore di un malato psichiatrico vessato dalle burocrazie sociali e sostanziali, bullizzato da tre yuppies che passavano di lì per caso e poi la rivolta interiore, la reazione che ognuno avrebbe sognato, i delitti, il popolo aizzato contro il Potere, l’arresto e la detenzione in carcere. Ci ricolleghiamo al secondo episodio: Joker è ormai innocuo e probabilmente imbottito di psicofarmaci, vede Harley Quinn, o meglio: Lee Quinzel, come viene chiamata nella sceneggiatura originale.

Harley Quinn è solo una suggestione per il pubblico, perchè noi vediamo Lee Quinzel che si fa rinchiudere nello stesso carcere di Joker solo per conoscerlo, e con cui instaura una relazione che non capiamo se e quanto sia reale, se e quanto sia sognata, idealizzata, promossa dalle note musicali delle allucinazioni oniriche di Joker. Che sogna, sogna tantissimo nel secondo episodio, sogna talmente tanto che passiamo mezzo film a leggere i sottotitoli mentre Phoenix e Lady Gaga cantano, cantano, e cantano ancora. Sospettiamo che il canto abbia una funzione purificatrice, ovviamente, ma viene anche in mente che la compagna di Joker in realtà sia soltanto ciò che Artur Fleck vorrebbe essere. Senza riuscirci, ovviamente: la società glielo impedisce, anche a costo di usargli violenza fisica e sessuale, del resto se non lo facesse i folli prenderebbero il sopravvento. Joker agisce e riflette su un agire perverso, sovversivo, che si concretizza forse da quando aveva sognato dalla morte della madre, che abusava di lui e che lui stesso (Joker) provvede a fare fuori. Lo ammette con una non chalance da mettere i brividi a chiunque, e questo è quanto.

Ma nel film sembra esistere esclusivamente Lee Quinzel, non Harley Quinn: è una probabile malata psichiatrica anche lei, egotica e catturata da Joker, se è vero che ha dato fuoco al condominio della madre, ma ben lontana dall’essere un’anti-eroina. Fa anche sesso con Joker, intrufolandosi nella cella in cui si trova in isolamento grazie a guardie misteriosamente compiacenti, le stesse che useranno violenza e finta cordialità al detenuto. È chiaramente una proiezione mentale di Joker, quel sesso, quegli incontri, forse anche quei dialoghi, quei flirt in cui sembra costruirsi una nuova fortezza del Male con Joker ed Harley padroni assoluti, salvo poi non far succedere nulla di tutto questo. Tutto è falso, nulla è permesso, ha vinto il Potere. Non esiste nulla. Se non, per l’appunto, nelle fantasie erotiche e sensuali del protagonista, talmente ingannevoli da aver sopraffatto lo spettatore, non solo il protagonista. Allucinazioni su cui il secondo episodio in particolare è incentrato, e questo è quanto. Che al pubblico questa digressione quasi da LSD non piaccia è stato probabilmente sottovalutato dalla produzione, che in seguito ammetterà lucidamente: questo è un film sulla salute mentale. Citando testualmente il produttore Jeff Goldstein: “questo sequel era stato concepito come un approfondimento ancora più incisivo sulla salute mentale“.

Altro che fumetti e DC Comics, insomma. E scusate se è poco. Non siete convinti? Joker potrebbe rispondere: non capiresti…

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