Il finale del secondo episodio di Joker di Phillips ha fatto molto discutere ed appassionare gli utenti della rete, al punto che in molti si sono chiesti il senso del finale del film, considerato criptico – o del tutto deludente – rispetto alle aspettative. Probabilmente c’entra molto l’aspetto dissacrante e demistificatore del personaggio esibito dalla regia, con tutto quello che ne consegue e con il sottotesto di aver quantomeno creato un’opera veramente significativa, di critica del reale e in grado di fare comunque riflettere. Viene un mente un episodio ben noto, per discuterne: a fine 2024 aveva fatto scalpore l’omicio di Brian Thompson, amministratore delegato della UnitedHealthcare: l’assassino viene identificato in Luigi Mangione, originario del Maryland.
Un fatto di cronaca vera su un presunto assassino, ad oggi – al momento in cui scriviamo, quantomeno – del tutto insospettabile, a detta degli investigatori, che è diventato un meme oggetto di venerazione e mitizzazione da parte di molti utenti sui social. Di base, per quanto non ci fossero certezze in merito alle responsabilità, si rivendicava l’idea che l’omicidio fosse una vendetta popolare, una forma di rivalsa violenza nei confronti delle assicurazioni sanitarie, una delle industrie più odiate e controverse degli USA. Non è un azzardo ripensare alla sequenza cinematografica in cui il Joker di Phillips, nel primo episodio, e alla figura di un personaggio che si rende portatore di morte e viene mitizzato da almeno una parte dell’opinione pubblica (se nel primo Joker veniva fomentata una rivolta da manifestati truccati come lui, nel secondo sono alcuni sostenitori ad interrompere forzosamente il processo). È questa forse la chiave di lettura più interessante, alla quale abbiamo deciso di affidarci.
Per comprendere al meglio il finale di Joker 2 – Folie A diex è bene ripartire dalla sequenza in cui finalmente avviene il processo. Joker / Fleck si è rivelato un criminale generalmente anaffettivo e molto nichilista, e dopo aver litigato col suo avvocato sceglie di difendersi da solo. In questa veste diventa di nuovo Joker, il criminale osannato e amato dal popolo (vedi anche, a riguardo, il finale del primo episodio), e si presenta in tribunale adeguatamente truccato. Sembra l’inizio di un delirio di onnipotenza da cui il protagonista non riuscirà più ad uscire. Insulta i secondini del carcere di Arkham, da cui viene poi pesantamente malmenato e probabilmente stuprato. Joker / Arthur è ormai devastato dal dilagare di violenza incontrollata e, annichilito dalla realtà che lo circonda, nega davanti al giudice di avere due personalità, ammettendo di fatto ogni colpa.
Mentre il pubblico rimane sconvolto poichè la maschera è stata definitivamente gettata via (ed il personaggio, in questo, rimane profondamente dissacrato dalla regia), Lee esce furibonda dall’aula; la giuria non può fare altro se non dichiarare Fleck colpevole di omicidio. Proprio mentre la presidente della giuria legge il verdetto, due seguaci di Joker fanno esplodere un’autobomba che crea un buco nel muro dell’aula e consente inaspettatamente a Fleck di scappare in mezzo al traffico. Sembra la fine del primo episodio, ma non è così: girovagando per Gotham City Arthur ritrova Lee (non più Harley, a questo punto), che ormai non lo desidera più: anche in questo caso la maschera è caduta per sempre, e segna la fine della storia tra i due. Annichilito da quella ennesima delusione, Arthur si fa arrestare di nuovo e viene riportato in carcere; il giorno dopo verrà pugnalato a morte da un detenuto, non prima di avergli raccontato una barzelletta. Mentre Arthur muore, il detenuto gli taglia il viso creando un grottesco sorriso (glasgow smile). Lo spettatore è poi avviluppato da un ulteriore, atroce dubbio: Harley Quin potrebbe, in questo film, non essere mai realmente esistita se non come proiezione idealizzata di Lee da parte di Arthur.
Il film mostra una fine amara per uno dei villain più amati del cinema, e non meraviglia che il film non sia piaciuto a molti degli appassionati di fumetti. La rilettura, infatti, è profondamente sovversiva nel suo concepimento, e mostra come la regia abbia voluto far diventare la storia una tragedia umana, un uomo elevato a mito che muore malamente e disprezzato da chiunque abbia mai provato ad amarlo. Come a dire che il Joker non fosse degno di nient’altro, essendo lui per primo un assassino nichilista e in questo, sociologicamente parlando, è la società che ha realizzato la propria feroce vendetta. Il crollo del mito mostra come quel nichilismo abbia forse finito per propagarsi anche nella società in cui viviamo, nelle nostre relazioni e nei giudizi che emettiamo ogni giorno. Con l’idea che forse, viene in mente, bisognerebbe recuperare uno spirito più umano e solidale col prossimo, invece di parteggiare per il nostro lato crudele, quello crudelmente vendicativo ed individualista, il “fascista in noi” (non in senso necessariamente politico) che ricordavano Deleuze e Guattari nel loro saggio Millepiani.
Foto Di Maxpoto – https://www.youtube.com/watch?v=xy8aJw1vYHo, Copyrighted, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=10092599