Un ladro gentiluomo viene inviato ad Instanbul a rubare un prezioso scettro: ma il luogo che visiterà riserverà molte sorprese.
In breve. Film piuttosto easy, probabilmente non troppo riuscito nell’insieme, tutto sommato divertente a confronto di altri film di avventura che potevano girare all’epoca.
Margheriti, regista di film di culto come “Apocalypse Domani” oltre che “terrorista dei generi” di sci-fi, western, horror e avventura (un po’ come il suo omologo Fulci), scrittura per questo film (noto anche col titolo The Temple of Hell) uno dei suoi attori preferiti, il David Warbeck ben noto ai fan del cult “E tu vivrai nel terrore… l’aldilà!. A dispetto del titolo evocativo e della locandina, comunque, non si tratta di un horror post-apocalittico: l’elemento orrorifico è minimanente confinato, ed in realtà si tratta di un film avventuroso a tutti gli effetti, ricco di trovate divertenti, incalzante e dalla azzeccatissima metrica. Una piccola prova, l’ennesima, per rendere l’idea di come si possa fare un discreto film con pochi mezzi, e senza che – alla fine – si possa rimproverare chissà quale difetto nell’insieme.
Nel film Warbeck è un ladro gentiluomo che viene incaricato da un lord inglese semi-paralizzato di recuperare lo scettro d’oro di Gilgamesh: il protagonista dovrà affrontare una serie di inevitabili peripezie, dovute principalmente ad un gruppo di fanatici al soldo di uno sceicco locale che vorrebbe raggiungere lo stesso obiettivo. La somiglianza della storia con la saga di un certo archeologo americano a caccia di straordinarie avventure avrà, nel frattempo, fatto alzare più di un sopracciglio (tanto da far pensare ad uno spin off di Indiana Jones, il cui primo episodio era già uscito nel 1981, tre anni prima di questo): dunque l’ispirazione di Margheriti sembrerebbe fin troppo evidente. Il lato fumettistico della vicenda, per così dire, ha la meglio su qualsiasi altro tipo di ispirazione di moda in quegli anni, nei quali si schiaffava l’horror un po’ ovunque per fare presa sul pubblico, prendendo così nettamente le distanze da film di culto horror-avventurosi come Ultimo mondo cannibale.
I toni del film sono decisamente leggeri e gradevoli per il grande pubblico, mentre le citazioni e le assonanze si sprecano, sia nella sceneggiatura che nei personaggi: probabilmente è proprio questo ossessivo paragone continuo con Indiana Jones a rendere non eccelso il risultato finale. La maggioranza del pubblico sarà infatti portata a focalizzare null’altro che un clone dell’opera di Lucas, ma al tempo stesso sarà incredibile notare quanto possa risultare divertente, tutto sommato. In fondo il cinema di genere è così, spesso rielabora, ricopia e ricrea, si distanzia per sua natura dalla maggioranza e si riserva da sempre il gusto di divertire piccole nicchie di appassionati, con tutti gli ovvi limiti del caso.
Margheriti è stato recentemente citato nel recente “Bastardi senza gloria” (2009), in particolare quando il sergente Donnie Donowitz si introduce tra i nazisti giusto con lo pseudonimo di Antonio Margheriti.
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