Il sol dell’avvenire è il film ucronico di Nanni Moretti
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Perchè Nanni Moretti è sempre maledettamente difficile da recensire

Giovanni è un regista in crisi con la moglie che vorrebbe realizzare un felliniano film sulla rivoluzione ungherese del 1956, culminata con la repressione da parte delle forze sovietiche. Sì ritorno agli standard morettiani che abbiamo amato incondizionatamente: in scena il Nanni più poetico, politico, meta-filmico ed esistenzialista che abbiamo mai prodotto un film, consapevole del tempo è passato ma infondo non è passato del tutto, e possiamo ancora credere in noi stessi.

Nella miriade di siti web e di database disponibili online ce n’è uno che merita una menzione di merito: uchronia.net, dato che ha raccolto una delle più grandi raccolte digitali di racconti e romanzi basati sulla realtà alternativa, cosiddetti ucronici. Immaginare che la storia sia andata in un modo diverso rispetto a come è avvenuto (oppure che determinati eventi storici traumatici / significativi non si siano mai verificati, o siano finiti in modo diverso) fa parte del bagaglio letterario di molti autori della fiction, tra cui Dick e Heinlein. Partita da questo presupposto fondamentale per inquadrare in modo corretto a nostro avviso il nuovo film di Nanni Moretti, cita il sol dell’avvenire, uno dei simboli per eccellenza delle quali turismo e simbolo anche di un socialismo in cui molti hanno creduto e hanno smesso di credere. E che usa il registro ucronico per risolvere la trama in un modo geniale, citando (probabilmente) Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo.

Nel film peraltro si citano i due milioni di iscritti al partito comunista in Italia durante gli anni 50: viene in mente una certa statistica che conteggiava circa un milione di persone che sono rimaste orfani politicamente da quando, a cominciare dai primi anni duemila, non esiste più alcun partito che si richiami all’ideologia comunista, con i risultati ben noti – e con la crisi politica della sinistra, che va avanti come quella di un paziente che non riesce a guarire dalla depressione. Il sol dell’avvenire si pone in una parte sono antitetica rispetto alla percezione generale che non si possa fare più nulla: si può fare come e come al solito per Nanni Moretti la politica è un modo per agire anche nelle nostra vita.

Lo stile della recitazione è quello che i fan della prima ora hanno sempre amato: parole scandite e potenti, rivolta spesso alla telecamera quindi come se parlassero al pubblico, esplicitando paure, paranoie, convinzioni radicate (l’orrore di Moretti per il cinema gratuitamente violento è ormai paradigmatico), in alcune sequenze grottesche Moretti arriva a suggerire le battute i suoi attori, e gli fa dire quello che vorrebbe che dicessero, perché ci tiene, perché si vede che la sua ideologia non è morta, perché abbiamo la sensazione che questo film sia uno di quelli idealisticamente più possenti che sono usciti quest’anno.

Non mancano le idiosincrasie morettiane che troppi avevano dimenticato: prendersela per il tipo di scarpe che usa l’attrice, per il modo di esprimersi di qualcuno, per il romanticismo che non c’entra nulla con la scena che si sta girando – eppure c’entra, c’entra eccome, perché l’amore c’entra sempre e perché non è quella cosa sdolcinata che ci siamo abituati devo vedere nelle produzioni RAI da prima serata. C’è anche il Moretti che se la prende con la rappresentazione becera della violenza, arrivando a dire ad un amico regista che a lui infondo piace la violenza, E questa cosa è considerata aberrante tanto no boicottare la realizzazione dell’ultima scena che vorrebbe finalmente alla fine del film, spalle quando l l’esecuzione cinematografica modello americano può finalmente avvenire.

Non è facile entrare nell’ottica del nuovo Moretti se non si è amanti incondizionati Moretti: ma questo probabilmente è un aspetto addirittura scontato del film, tant’è che viene auto parodiato nella miriade di riferimenti meta cinematografici e meta-letterari dallo stesso regista. La quantità di riferimenti che forse è addirittura eccessiva per un film del genere, non solo cita Calvino e Italo Svevo ma presenta riferimenti a vecchi film che sono tra i più amati dai fan della prima ora.

In questo senso è un film solo per loro, ma è anche un film per tutti, non ci sono dubbi. Vale la pena di vedere il sito dell’avvenire anche solo per gustarsi il finale, quel finale che è impossibile raccontare senza spoiler, in fondo gli spoiler sono una paranoia da fan di Netflix, consumatori seriale di cinema quali noi non siamo, perché è troppo bello raccontare un finale in cui si immagino che Togliatti ascolti le rimostranze dei comunisti sull’appoggio incondizionato all’unione sovietica, che finisca per sfilare vicino al Colosseo assieme a tutti gli attori che hanno fatto la fortuna di Nanni Moretti, ovvero:

  • Anna Bonaiuto (Il Caimano, Tre piani)
  • Renato Carpentieri (Caro diario)
  • Dario Cantarelli (Sogni d’oro, Bianca, La messa è finita, La stanza del figlio, Il Caimano, Habemus papam)
  • Elio De Capitani (Il Caimano)
  • Giulia Lazzarini (Mia madre)
  • Gigio Morra (Sogni d’oro)
  • Claudio Morganti e Alfonso Santagata (Palombella rossa)
  • Silvia Nono (Caro diario, Aprile)
  • Alba Rohrwacher (Tre piani)
  • Lina Sastri (Ecce bombo)
  • Jasmine Trinca (La stanza del figlio, Il Caimano)
  • Fabio Traversa (Io sono un autarchico, Ecce bombo, Palombella rossa)
  • Mariella Valentini (Palombella rossa)

Nanni, o come dicevano tutti Giovanni – è un regista italiano – e fa quello che fanno i registi – quando non scrivono sui giornali e si atteggiano a critici cinemtografici – dirige! – dirige tra mille incertezze, un film sulla vita di un intellettuale comunista nel 1956 – quindi è un film nel film – un meta film – leggiamo su IMDB, Internet Movie Data Base – perchè dobbiamo sapere che i film nel 2023 sono tutti inseriti in un database pubblico – lo stesso database di Netflix che viene citato nel film e che rifiuta di distribuire il suo film sulla rivoluzione ungherese del 1956, in sofferta ma doverosa chiave anti sovietica. Non va in crisi solo il comunismo – va in crisi l’essere umano tutto – e questo è simboleggiato dalle crepe nel rapporto tra Giovanni e Paola, la moglie – consorte. fino a prova contraria – che vorrebbe separarsi e cerca una causa psicoanalitica per sentirsi legittimata.

Federico Chiacchiari ha scritto che questo film è incentrato sul sogno di rimettere le cose a posto – perchè ogni uomo e ogni donna forse sogna di rimettere a posto la propria vita – e la politica per Moretti, da sempre, dai tempi di Bianca o Aprile, non è che metafora dell’esistenza. Nanni Moretti del resto stava attraversando una fase di cambiamento nella propria produzione, viene in mente Elio e le storie tese: io sono come sono, dice Moretti, e cerca di cambiare, dicono i suoi fan della prima ora, ecco sono cambiato, sembra dirci Moretti, non sei più quello di una volta, avranno il coraggio di dire alcuni, additando Il sol dell’avvenire come metafora del tempo che è stato. Parliamo di un film audacela quintessenza di Moretti – come pochi, come solo i sogni sanno essere, perchè riscrive la storia e ha il coraggio di riscriverla, tanto da immaginare il compagno Togliatti dare ragione alle perplessità del popolo e costruire un’alternativa socialista italiana – che abbia ripudiato l’URSS e quel sogno oggi infranto – su un muro di pietra.

Che poi si diceva dell’ucronia – un vero e proprio genere narrativo poco noto e poco considerato dai più – in cui succede che si racconti la storia in modo diverso da come è avvenuta – immaginato che abbia seguito un corso diverso degli eventi – Bastardi senza gloria di Tarantino lo fa nel finale – quelli bravi con la critica cinematografica direbbero che La narrazione si distacca dalla realtà storica per fornire una rielaborazione alternativa degli eventi, in cui gli eroi cercano di cambiare il corso della guerra con un’azione audace e sanguinosa – o magari l’ha suggerito ChatGPT – non ne sappiamo nulla – non possiamo – non dobbiamo dirlo.

Da non perdere.

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