Lucero: un viaggio nei meandri più spaventosi della mente umana

Eva ha un appuntamento con un uomo conosciuto in chat: il tempo passa e lui non arriva. Pian piano emergono varie forme di psicosi associate al suo personaggio.

In breve. Mediometraggio di genere thriller-horror molto claustrofobico: viene interpretato quasi esclusivamente da un personaggio, dentro un appartamento. Rientra sicuramente nel bizzarro ma, nonostante questo, non degenera nell’ostentato “esoterismo” di certe opere d’autore.

Norberto Ramos del Val, regista classe 1970 e con all’attivo una discreta filmografia, è un nome noto quasi esclusivamente in Spagna, per le produzioni Norber Films. In questo conciso thriller (il nome Lucero sembra derivare dal nome della fermata del treno nei pressi del luogo in cui è stato girato, non distante da Madrid) racconta la storia di Eva, una donna come tante, alla prese con quello che sembra un banale primo appuntamento.

Di fatto, mentre scorre il tempo e l’attesa la consuma, emergono vari aspetti legati alla sua complessa personalità: una forte insicurezza di fondo (ci sono circa due o tre minuti di film dedicati alla protagonista che prova a scattarsi più di un selfie, al fine di inviarlo al ragazzo in chat, forzando le espressioni più improbabili), una nevrosi malcelata che si esplica con un misterioso prurito sul fianco sinistra (sul quale sembra essersi provocata una lesione, che non vediamo da subito), inoltre colleziona libri di vario genere e sembra attratta dal mondo dell’occulto. Ogni suo atteggiamento sembra freddamente precostituito e precalcolata, tant’è che in più occasioni la vediamo effettuare pose di vario genere immaginando l’arrivo del suo flirt, del quale sente anche bussare alla porta – ma poi non lo vede da nessuna parte (se lo sarà immaginato?). La paranoia prende progressivamente il sopravvento: inizia pure a convincersi che ci sia qualcuno in casa. Pero’ non lo vediamo, non c’è, non esiste, e col tempo il pubblico è sempre più convinto di assistere ad un climax di follia in cui questa persona, ammesso che esista davvero, non si presenterà mai in quella casa.

Alcuni paragoni “di lusso” sono stati scomodati per questo lavoro, soprattutto nei confronti di Repulsione di Polanski, con cui dovrebbe esserci qualche punto di contatto; secondo il Davinotti, ad esempio, è così, ma sembra un azzardo – a mio modo di vedere – paragonarlo ad un film su una “semplice” sessuofobica. Eva è molto di più, e di sicuro non ha paura del sesso: semmai presenta forme di paranoia, esattamente nella misura in cui vorrebbe sembrare “divoratrice di uomini”, e sembra attratta dal mondo del sado-maso, come emerge inequivocabilmente da alcuni scatti nel doppio fondo dei suoi portafoto. Quindi può essere al massimo emblema di una persona che, come spesso avviene nella società di oggi delle grandi città e delle chat effimere, non riesce ad esprimere la propria sessualità come vorrebbe (hai detto niente, come protagonista di un thriller psicologico), senza contare che il male che (si) procura è di natura quasi esclusivamente psicologica. Di sicuro il plot twist finale esprime anche tale dissonanza di fondo, potendosi leggere come il tipico atteggiamento autodistruttivo con cui trova un compagno e poi, quasi inconsciamente, emergono vari fantasmi a non permetterle di goderselo. Il gioco dei parallelismi è sempre affascinante, del resto: e volendo trovare una struttura narrativa simile a quello di questo film, trattandosi anche lì di una doppia o tripla realtà, citerei sicuramente Antrum, che è un’altra pellicola parecchio fondata sul gioco di apparenza/convinzione e realtà. Rimane qualche zona d’ombra rispetto all’aspetto legato alle riprese video che Eva vede (o immagina di rivedere) nella TV di casa, che la ritraggono mentre dorme o ascolta dischi: è un topos classico anche questo, peraltro abbiamo la sensazione costante che la ragazza sia spiata da qualcuno, e in effetti potrebbe essere una citazione delle circostanze da cui parte Strade perdute.

È anche difficile assegnare un genere predefinito a Lucero, dato che manca l’azione incalzante tipica dei thriller moderni (tutto sommato, verrebbe da dire anche horror-thriller per dirla bene), del resto ci sono vari richiami ai cult anni 70 del genere (viene in mente, a sprazzi, un certo Joe D’Amato). Al netto della pulizia della fotografia e del montaggio a volte anti-causale (ma mai caotico), sono coinvolti più piani concettuali, che sembrano sovrapporsi e intersecarsi: dai riferimenti continui all’esoterismo e ai tarocchi (cosa che emerge dal modo di vestire della protagonista, oltre che da libri e vinili presenti nel film), fino alla rappresentazione della sua reazione ossessivo-compulsiva, vittima delle più classiche delle delusioni amorose (l’amante che da’ buca, con conseguente reazione rabbiosa e quasi autolesionista). Eva è un calderone inquietante e realistico, ed è una donna di cui non vediamo la vera natura se non nei minuti finali, quando il climax è portato all’estremo e, finalmente, capiamo che – nonostante i ripetuti riferimenti al sovrannaturale ed ai topos del cinema satanico – la spiegazione potrebbe essere più razionale del previsto.

Claudia Molina, misconosciuta ed efficace interprete di quasi tutto il film, si mostra in grado di tenere a galla un mediometraggio di circa un’ora (o poco più) e gliene va certamente dato atto, mentre la regia affida vari passaggi ad una lugubre e monolica camera fissa (viene in mente la reazione disperata e interminabile, anche lì, della protagonista di Funny Games). La sua insicurezza e rabbia di fondo, che si esplica nel fissare il vuoto, dondolare e prendersi a pugni sulle gambe (oltre a quel fastidioso prurito che è uno dei punti chiave della storia) nasconde una personalità molto più complessa ed affascinante, che ha forse l’unico difetto di non risultare troppo credibile in alcune sfumature. Se si volesse trovare un difetto in Lucero, peraltro, verrebbe da dire che c’è una pesante diluizione narrativa, certe sequenze sono interminabili (alcune, c’è da dire, non potevano che essere così) e c’è la sensazione che sia quasi un film per psicologi, al netto della componente horror e thriller che verrà fuori solo alla fine. Si segue, peraltro, il classico canovaccio di apparente “normalità che degenera”, tipico dei film a sfondo satanico, e mostra che Norberto Ramos del Val quasi certamente conosce e/o ama quel genere.

Lucera è un film decisamente interessante, in definitiva, nonostante la sua parvenza chiaramente artigianale dovuta soprattutto all’essenzialità della scenografia (il 95% del film è girato dentro l’appartamento di Eva); è un peccato che, ad un anno dalla sua uscita, in Italia quasi nessuno se ne sia accorto. Lo trovate su Amazon Video.

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