Moby Dick: il film d’azione di Park In-Jae non indimenticabile

Presentato nel 2012 in Italia al Far East Film Festival di Udine, “Moby Dick” di Park In-Jae è un film coreano che presenta tutte le caratteristiche del tipico action movie, senza pero’ mai riuscire a lasciare un segno propriamente indelebile. Richiamandosi al classico di Herman Melville fin dalla citazione iniziale, sviluppa un sostanziale film di spionaggio dalla trama piuttosto intricata, narrando di un gruppo di giornalisti alle prese con un testimone scomodo per le autorità ed un attentato terroristico i cui colpevoli sembrano essere stati costruiti a tavolino.

Si tratta, quindi, di uno script ispirato alle consuete – e ben note – teorie cospirative molto diffuse in altrettanti siti web, da cui il regista ha messo in evidenza i tipici parametri che caratterizzano, ad esempio, parte del cinema impegnato anni 70 all’italiana: il singolo che combatte contro istituzioni invisibili ed occulte, che tendono alla spersonalizzazione degli individui e che difficilmente lasciano traccia del proprio operato.

A questi presupposti secondo me leggermente vaporosi e già sentiti, senza peraltro che da ciò esca fuori un contesto geo-politico realmente esplicito, si deve pero’ riconoscere la capacità del regista di costruire scene di azione decisamente spettacolari e fuori dalle righe: su tutte, citerei la sequenza realmente da brivido del combattimento all’interno di una funivia dal pavimento trasparente. Il resto – rivelazioni finali incluse, oltre alla poco credibile faccenda della decrittazione dei dischetti in puro brute force, provando ovvero TUTTE le combinazioni possibili – rimangono un po’ acqua calda, ad essere onesti, ma riescono tutto sommato a divertire, intrattenere ed appassionare il pubblico meno avvezzo al cinema propriamente underground.

I più esigenti, invece, rimarranno forse un po’ perplessi, e spereranno in opere future di Park In-Jae – certamente abilissimo con la macchina da presa – quantomeno più incisive e dotate di migliore sintesi.

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