Con “The Midnight Club” Mike Flanagan insegna ad affrontare gli orrori della vita reale
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Ottobre è il mese in cui possiamo rispolverare le tradizioni che restano sopite durante il resto dell’anno; quel periodo magico ed evocativo in cui apriamo il doppiofondo del cassetto più basso del comodino per tirare fuori qualcosa che avevamo nascosto con cura sotto i maglioni, qualcosa di tanto affascinante quanto oscuro e pericoloso. È il periodo dell’anno in cui lasciamo che la parte più oscura di noi esca in superficie a prendere un po’ d’aria, attenti però a non farla affiorare più di quanto sia socialmente e moralmente concesso. Trentuno giorni in cui siamo preda del fascino nero di quelle leggende da cui i nostri nonni ci hanno sempre messo in guardia, ma che per qualche motivo a noi sconosciuto non hanno mai smesso di raccontarci. 

E così come noi, anche il cinema ha da sempre subito il fascino di quella parte del mondo oscura e orrorifica: basti pensare che uno dei primi film dell’orrore, che hanno fatto la storia non solo del genere ma anche cinematografia, sia Nosferatu, proprio la storia di una delle figure più temibili e al contempo affascinanti del folklore mondiale, ovvero i vampiri. Con l’evoluzione dei tempi e dei mezzi anche le storie narrate si sono evolute, pur mantenendo dei tropi importanti per il genere: cantine o soffitte buie, case infestate, foreste impenetrabili e viaggi catastrofici non passano mai di moda. Non importa quante innovazioni e quanti nuovi personaggi popoleranno il microcosmo horror: noi sappiamo che è comunque sempre lì che il Male alberga, in attesa di diventare più forte e di palesarsi senza vergogna proprio in quelle notti d’ottobre dove è concesso a tutti, a seconda delle proprie inclinazioni caratteriali, di essere cattivi o di avere paura senza la vergogna che comporta il mostrarsi vulnerabili. Il tutto per trovarsi preparati ad accogliere e celebrare la notte più spaventosa dell’anno, Halloween.

Per questo 31 ottobre il catalogo on demand di Netflix propone un prodotto nuovo – l’ennesimo – che porta la firma di Mike Flanagan, il papà di Hill House e Midnight Mass. Un nome che, per i prodotti seriali horror, è garanzia di una certa qualità, anche quando, come in questo caso, si parla di uno show rivolto perlopiù al pubblico adolescenziale. Parliamo di The Midnight Club, una serie composta da dieci episodi davvero valida per tutti quegli adolescenti che vogliono avvicinarsi all’horror, ma che anche i veterani del genere potranno apprezzare senza problemi.

In questa serie Flanagan ci restituisce le vibes di Hill House, riportandoci in un vecchio maniero custode di segreti provenienti dal passato. Non siamo però di fronte a una casa infestata, ma a un hospice per adolescenti con malattie terminali; i toni di questa serie, va da sé, sono ovviamente molto più intimi di quelle che l’hanno preceduta.

In questo contesto di piena negazione di una vita che era appena pronta a sbocciare conosciamo la protagonista Ilonka, malata di cancro alla tiroide, che non accetta la propria malattia e decide di farsi ricoverare nella struttura di Brightcliffe perché è certa che lì potrà guarire proprio come accaduto anni prima a Julia Jayne, una ragazza che aveva il suo stesso tumore. Ça va sans dire, Ilonka non sarà sola nell’hospice: insieme a lei infatti sono ricoverati altri sette tra ragazzi e ragazze che, mentre attendono tristemente di morire, si riuniscono ogni sera, a mezzanotte, nella biblioteca del maniero per raccontarsi storie di paura.

Mike Flanagan stavolta parla di horror in maniera più sottile: oltre alla costruzione di atmosfere e misteri inquietanti, alla tradizione orale grazie alla quale si tramandano proprio quelle leggende a cui accennavamo in apertura e alla presenza di jumpscare, la sua nuova serie parla agli spettatori a un livello più profondo, non esaurendo dunque la sua essenza esclusivamente nella poetica del genere. Il vero orrore di cui Flanagan parla, infatti, è ovviamente quello della morte e soprattutto del dolore che la anticipa; due temi che sono a loro volta stratificati: da una parte abbiamo la morte che riguarda i giovanissimi, e che per questo è resa ancora più ingiusta; dall’altra abbiamo invece il dolore fisico della malattia e soprattutto quello psicoemotivo che comporta affrontare un’esperienza del genere.

Il mistero attorno Brightcliffe risulta essere un espediente di fantasia per raccontare una realtà a cui ancora oggi si dà poca importanza. Il punto di forza di The Midnight Club è proprio quello di dare una voce a tutte le categorie marginalizzate e che negli horror hanno sempre trovato un cono di luce più o meno ampio grazie al quale poter finalmente essere visti. Abbiamo infatti una moltitudine di personaggi di etnie e orientamenti sessuali diversi, accomunati dalla disabilità. Quella che comunemente viene chiamata diversità, e che a molti fa paura, in The Midnight Club viene mostrata per ciò che è davvero, cioè la normalità. Concetto che ai personaggi della serie viene negato su più livelli, per via della loro malattia, ma che riescono in qualche modo a vivere grazie alle storie che quotidianamente si raccontano, immaginandosi nelle situazioni narrate; un placebo per vivere la vita di un qualsiasi adolescente, come meriterebbero di essere.

Flanagan dunque, indirizzandosi perlopiù agli adolescenti con questa nuova serie, propone come tema centrale l’accettazione di ciò che fa davvero paura nella vita di tutti i giorni: la crescita, il dolore, la morte, la perdita, il lutto e la sua elaborazione. Non dà soluzioni, ma mostra gli aspetti negativi della vita come qualcosa a cui, purtroppo, non ci si può tirare indietro per via della sua inevitabilità. Cerca dunque di indirizzare il pubblico verso l’accettazione e l’elaborazione di tutto ciò che fa male e che fa paura, per non negare a nessuno la possibilità di vivere la vita al massimo delle proprie possibilità indipendentemente dalle circostanze e dal tempo che ci è stato concesso.

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