Fenomenologia spicciola dei video imbarazzanti (e della mascolinità tossica su Google)


Video imbarazzanti.

Video imbarazzanti divertenti (perchè si sa, se uno non si diverte almeno un po’, signora mia).

Scene imbarazzanti.

Al di là di Paperissima

Video divertenti (più generico e paraculo, vero?). Sarà un caso, ma la long tail – che rappresenta l’insieme delle ricerche correlate alla principale, in questo caso “video imbarazzanti” – coinvolge ricerche sessiste: video imbarazzanti in tv donne, immagini imbarazzanti donne, calcio femminile momenti imbarazzanti. Non sembra una faccenda di poco conto, considerando che la coda lunga diventa “popolare” e si genera anche sulla base di ricerche più frequenti, mentre i proprietari dei canali video tende a venire incontro a ciò che il pubblico vuole e, insomma, domanda e offerta, siamo sempre lì. È possibile che siano un lascito virtuale di generazioni cresciute a suon di Paperissima, un programma che tendenzialmente non faceva ridere nessuno ma che tutti, forse un po’ passivamente, guardavamo. L’analisi va spinta necessariamente oltre queste prime apparenze: soprattutto se constatiamo che la maggioranza dei video imbarazzanti in questione sembrino targetizzati su un pubblico maschile, tendenzialmente machista e alla ricerca del dettaglio da spiare, voyeuristico, allusivo, e non semplicemente di una caduta tragicomica.

Un’interpretazione troppo seria?

Ma fattela una risata ogni tanto, dirà a questo punto l’uomo qualunque, chiunque non sia ritratto come soggetto del video imbarazzante, in effetti. Per definizione, del resto, l’etimologia di “imbarazzante” rimane impietosa: un video imbarazzante non fa altro che presentare o implicare difficoltà mettere a disagio. Se si guardano i primi 9 risultati forniti da Google in merito a questo tipo di ricerca, emerge chiaramente un mood legato ad un’idea sessocentrica da un lato, e oggettificante la donna dall’altro. I video di questo genere, ad oggi, sembrano incentrati solo su donne, questo sembra essere l’aspetto rilevante.

La ricerca è stata fatta in modo anonimo immaginando un utente non connesso a Gmail, in modo da neutralizzare eventuali bias dovuti a ricerche precedenti. La cosa incredibile è che, in altri termini, in questo tipo di ricerche sembra mancare completamente la possibilità che ad essere messo in imbarazzo possa essere un uomo.

Non vogliamo generalizzare più del dovuto, ovviamente, e ci guardiamo bene dal pensare che la cosa possa essere assolutistica o peggio, sia indicativa di un qualcosa. Semplicemente, stando ai fatti, emerge che questa ricerca ha una propria popolarità, probabilmente legata ad un mondo maschile alla ricerca di momenti imbarazzanti femminili.

Video imbarazzanti femminili come espressione di stereotipi di genere: mascolinità tossica

Prima di arrivare a qualsiasi conclusione, ouò trattarsi di una forma di perversione feticistica o comunque di alternativa per cercare uno stimolo o un’eccitazione sessuale? Leggendo Michael Bader, senza pensare agli scritti di Freud, il sospetto sembrerebbe fondato.

Si potrebbe a questo punto pensare ad una correlazione con il glossario BDSM, in prima istanza: tanto per cominciare ricerche del genere sono disponibili a qualsiasi momento del giorno e della notte, a comando, mentre siamo in ufficio o durante l’ora di cena, per quanto non si tratti di un vero e proprio 24/7 e manci del tutto la consensualità reciproca. È difficile immaginare che i soggetti femminili di questo genere di video abbiano dato il consenso ad apparire, per quanto probabilmente la cosa passi in cavalleria, per dirla alla carlona, anche sulla base di contratti televisivi più o meno permissivi. Il tutto, ovviamente, non prevede aftercare: dopo aver visto video del genere, in effetti, non c’è alcuna fase di affettività o check delle condizioni del soggetto, che rimane tendenzialmente isolato – e tanto basta. L’interpretazione non convince del tutto e non trova che elementi sporadici, da correlazione spuria, anche perchè è noto come le pratiche BDSM abbiano senso nell’ottica di una reciprocità che qui manca (evidentemente sbilanciata in favore della mistress o del master, ma che deve comunque esiste con il / la slave).

Video imbarazzanti (anche) a titolo di redenzione

Chi cerca su internet lo fa per soddisfare una curiosità o un desiderio, in fondo, seguendo le linee immaginarie del proprio Io o sfruttando simboli, canoni o tratti sociali ben specifici. Fa riflettere, a conti fatti, come la ricerca di video del genere si possa altresì collegare al significato puro di “redenzione” dal senso di colpa, lo stesso di cui parla Bader nel suo libro: un capovolgimento di senso per il quale uomini sessualmente inibiti (e tendenzialmente subordinati) cederebbero a fantasie erotiche in cui la donna viene umiliata o messa in difficoltà pubblicamente. Che restino fantasie o vogliano realizzarsi non è dato sapere, ma se contestualizziamo al mondo di internet (falsamente anonimizzante) è plausibile che si tratti di voyeurismo puro. In una certa chiave di lettura femminista, del resto, un aspetto del genere – cercare video imbarazzanti, di umiliazioni o peggio – viene interpretato come puramente oppositivo al genere femminile in sè: se è vero che questo aspetto esiste e non possiamo rinnegarlo, del resto, probabilmente l’analisi andrebbe addirittura spinta oltre.

Proprio perchè questi video vengono cercati, in fondo, è possibile che siano espressione di un malessere profondo, che comporterebbe la possibilità di doversi ridefinire le priorità (per chi li cerca, ovviamente). La psicoanalisi non può giustificare tutto, ovviamente, e resta vero che tanti dei soggetti che cercano video “divertenti” del genere (le virgolette sono d’obbligo, a questo punto) difficilmente si sottoporrebbero. Ecco che l’aspetto sociologico legato alla mascolinità tossica può offrire una pezza giustificativa: durezza a prescindere, la prima priorità. Rifiuto di qualsiasi aspetto che possa sembrare anche collateralmente femminile. Machismo. Senso di potere assoluto, soprattutto: posso cercare quando voglio questo genere di video, salvarmeli per poi ricaricarli in seguito. Quanti “veri uomini” (virgolette fondamentali, ancora una volta) ci sono, nel cyberspazio, che cercano video del genere? Quanti di loro sarebbero disposti ad ammettere il potenziale eccitativo insito in essi?

Dove sono cercati i “video imbarazzanti” in Italia?

Stando a Google Trends, il termine “video imbarazzanti” è cercato soprattutto in Lombardia, Veneto e Lazio, e prima di dedurre cose imbarazzanti e non veritiere – tipo che sono le regioni più sessiste o bislacche, a loro volta, è bene fare qualche riflessione più generale. Proveremo a chiederci perchè una tale ricerca abbia avuto tanto seguito e tanta eco, non tanto su base geografica – tanto è vero che su internet è tutto campionato e potrebbero, e sicuramente mancano, dati essenziali ad un’analisi decente. Non che nelle altre regioni non vengano cercati, ovviamente, tantomeno che le altre regioni siano indice di equilibrio: nulla del genere, sono solo i dati di Google, alla fine, e potrebbero essere biased come pochi.

Sta di fatto che siamo pieni di video imbarazzanti e anche le visualizzazioni non sono poche: di fatto, siamo nell’ordine dei milioni di visualizzazioni su Youtube. viene da chiedersi da cosa derivi l’attrattiva di una cosa del genere, e ci chiediamo chi sia anche la personas media, l’utente medio che ne usufruisce e li guarda presumibilmente tra amici al pub, o nel buio della propria cameretta.

In genere gran parte dei video imbarazzanti sembra riguardare nudità casuali, indotte dalle circostanze o determinate da vedo-non vedo quasi sempre non voluti. Di fatto, il video imbarazzante rientra in un episodio potenzialmente abusante che sarebbe da considerare non dico alla pari del revenge porn o del deepnude, ma pressappoco in quella direzione. Appare chiaro che, per quanto si possa biasimare la visione di contenuti del genere, sarà difficile togliere di mezzo ogni video divertente e imbarazzante del genere. Esattamente come avviene per altri video non consensuali che, prima o poi, qualcuno dovrà considerare come tali.

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