Un vulcanologo scopre un pericolo imminente per l’intero Giappone, e forse anche per l’intera umanità…
In breve. Lunga escursione nel genere apocalittico anni 70 girata con un discreto rigore scientifico; interessante nel suo insieme, ma vagamente noiosa per il resto del suo svolgimento.
Basato su un romanzo di Sakyo Komatsu, “Pianeta Terra: Anno Zero” è un film di metà anni 70 diretto da Shiro Montani. Un torrente sottomarino rischia di far affondare l’intero Giappone, e sarà compito di un vulcanologo cercare di trovare un rimedio. Il tutto attraverso gli occhi dei governanti, degli scienziati e dei tecnici incaricati di lavorare al caso: gli “occhi” attraverso cui lo spettatore vivrà momenti realmente drammatici. “Nippon chinbotsu” (“Il giappone affonda“) si richiama stilisticamente alla fantascienza apocalittica classica, e la provenienza orientale del film farà sospettare a qualcuno – particolarmente schiavo degli stereotipi – l’arrivo di un qualche Godzilla (che ovviamente non comparirà). Basta invece la tremenda eruzione di un vulcano, il vero ed impalpabile kaijū (“mostro misterioso“) del film, a scatenare il panico negli abissi marini giapponesi, ed il tutto risulta ancora più inquietante alla luce dei reali disastri che avvengono, purtroppo, periodicamente in questo paese.
La pellicola, oltre a dare spazio a considerazioni etiche sull’utilità della scienza per la comunità, denota una spiccata cura proprio dal punto di vista prettamente geologico – lo “spiegone” riportato nella prima parte è piuttosto interessante e preciso: d’altro canto non basta neanche aver caratterizzato con attenzione i personaggi principali dell’intreccio, visto che – più o meno dalla prima mezz’ora – la noia rischia fortemente di attanagliare lo spettatore. Il taglio è quello di un film dell’epoca, spesso visibilmente rallentato anche senza una reale necessità e il più delle volte a discapito del ritmo: se la parte “preparatoria” fosse stata leggermente meno diluita probabilmente sarebbe stato un gran film. Occasione perduta, in parte, ma non per diventare un oggetto di culto per gli amanti più incondizionati del genere.
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