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“A Girl Walks Home Alone At Night”: donna è la notte

Sono una donna e in 27 anni di vita penso di essere tornata a casa da sola di notte soltanto una volta – e neanche di mia spontanea volontà, visto che avevo perso qualsiasi passaggio. Sono certa che sia capitato anche ad altre di trovarsi in questa situazione e in altre analoghe: di pensare a come vestirsi se dovevano prendere i mezzi pubblici la sera; di tenere sempre chiavi e cellulare a portata di mano; di evitare di camminare in una determinata zona, o passarci di corsa se proprio non c’erano altre strade percorribili; di chiedere a qualcuno di farci compagnia al telefono mentre si rincasava. Queste sono solo alcune delle innumerevoli situazioni in cui una ragazza o una donna, almeno una volta nella sua vita, si è trovata suo malgrado protagonista, in preda alle paranoie e all’angoscia di raggiungere il portone di casa, una massa solida di legno, vetro o ferro a dividerle dai pericoli della fauna notturna che popola le strade delle città. Un luogo sicuro a cui però va guadagnato l’accesso con velocità, prontezza di riflessi e una dose di coraggio totalmente inopportuna e superflua, se pensiamo alla sua famigliarità domestica.

La regista Ana Lily Amirpour si riappropria di questa paura debilitante e spesso immobilizzante nel suo lungometraggio d’esordio, una sorta di manifesto come del resto si può evincere già dal titolo stesso: A Girl Walks Home Alone At Night. Una frase che, se presa nel suo contesto di normalità e ordinaria quotidianità, ci riporta immediatamente agli scenari descritti poc’anzi – e spesso a titoli di cronaca ben poco lusinghieri nei confronti del genere femminile, perché si sa che se una donna si azzarda a tentare di tornare a casa da sola di notte allora sta invitando un perfetto estraneo a tentare un approccio. Nel film di Amirpour, però, le cose cambiano, e una ragazza che cammina da sola di notte rappresenta non la vittima della storia, bensì una minaccia dalla quale guardarsi. 

Definito dalla stessa regista come uno “spaghetti western in bianco e nero”, A Girl Walks Home Alone At Night è un racconto avvelenato: dalla criminalità; dalla droga; dal male disinteressato e gratuito, fine a se stesso. In questo cocktail nero e denso come la pece e dal sapore di fiele c’è spazio anche e soprattutto per l’ingrediente che più di tutti gli altri contamina come un parassita gli animi degli uomini: l’amore, senza dubbio il veleno più potente e letale che l’essere umano abbia mai conosciuto.

A bere questo drink è il protagonista Arash. Fa già specie come la regista abbia scritto il suo film intorno al binomio primordiale uomo-donna: se dal titolo infatti ci aspettiamo un certo tipo di storia, la macchina da presa si focalizza fin dall’inizio su questo moderno James Dean pieno di debiti e affascinato dalla bella vita ma con in fondo – molto in fondo – un animo buono, seppur propenso alla corruzione e al disfacimento. Le sue vicende si scontreranno e intrecceranno in maniera indissolubile con quelle della ragazza, una figura oscura e silente che si aggira per le strade della fittizia Bad City nelle vesti di giustiziera della notte. La ragazza sola a cui si fa riferimento nel titolo del film, infatti, non è nientemeno che questa personaggia costantemente in bilico sul filo sottile che divide il Bene dal Male, sulla cui fragile e infinita superficie si svolge tutta la sua esistenza.

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Ma com’è questa ragazza che passeggia da sola nel bel mezzo della notte? Non siamo di fronte al classico capro espiatorio che le nostre cronache amano descrivere e a cui addossano colpe che non ha: non è appariscente né indossa abiti che “lasciano intendere”. Anzi, la ragazza è piuttosto anonima: totalmente vestita di scuro, con il capo coperto da un tradizionalissimo chador; si aggira di notte senza dare fastidio a nessuno, né fare il minimo rumore. Semplicemente, osserva. Sembra come se la sua esistenza fosse dilatata all’infinito e avesse di conseguenza tantissimo tempo libero da impiegare in qualche modo. Cosa che, in effetti, è proprio ciò che succede: la ragazza è infatti una vampira; oserei tuttavia dire che ha una sua etica, paragonandola un po’ a quegli hacker che commettono crimini informatici a fin di bene come dei Robin Hood del web.

La ragazza non provoca, ma agisce. Aspetta che siano gli altri a provocare una sua reazione, a cui risponde in maniera estrema, eliminando il Male alla radice, per evitare che continui a diffondersi come un germe infestante e a sopravvivere a discapito dei frutti buoni. La sua missione consiste nell’uccidere tutti quegli uomini che assumono comportamenti abusanti nei confronti delle donne. Un concetto perfettamente efficace, e anche didascalico se vogliamo, nella sua semplicità. E proprio mentre si aggira sola et pensosa, mentre contempla la notte e i suoi abitanti in un’eterna flanerie dal sapore urban goth, il suo cammino si incrocia con quello di Arash: l’unico che non percepisce come un pericolo, incapace – almeno con lei – di fare del male. Nell’incertezza del buio della notte si accende la scintilla di un amore tanto fugace quanto intenso, in cui entrambi i protagonisti si spogliano e rimangono nudi, lasciando in bella vista la parte più oscura e nascosta di se stessi, pulsante di sangue e di vita. In questo contesto tutte le certezze precedenti vengono messe in discussione e si accettano compromessi che in un altro contesto e in un’altra occasione sarebbero stati certamente condannati.

Avendo a disposizione questo quadro della situazione, risulta quindi estremamente difficile capire dove finisca il Bene e dove inizi il Male, e viceversa. Il confine non è netto ma impercettibilmente sfumato; ognuno beve il sangue, la linfa vitale e l’essenza dell’altra contaminando il proprio sé, rendendo di conseguenza impossibile distinguere le due persone come esseri viventi autonomi e indipendenti. 

Ciò che invece è certo è che con la sua protagonista Amirpour si riappropria della notte. La sua ragazza è infatti la vendicatrice di tutte le ragazze del mondo, simbolo della furia che si accumula nel silenzio del sopruso e della cultura macista. Il modo in cui porta avanti la sua missione non sta a noi giudicarlo.

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