Amer: giallo erotico insolito e sperimentale, da non perdere

Le tre fasi della vita di Ana: in primis, da bambina ribelle tormentata dalla figura del nonno appena scomparso e da una strega deforme che si aggira per la sua casa. Poi da  adolescente fin troppo introversa, minacciata dalla figura di una madre frustrata e repressiva. Infine da adulta, minacciata da un inquietante killer che sembra aggirarsi per la villa dove è cresciuta…

In breve. Un esempio interessante (e molto originale) di cinema giallo-erotico di tipo sperimentale: con il rischio per lo spettatore di farsi confondere e non capire del tutto, ma a ben vedere molto coerente nel proprio impianto.

Amer (dal francese “amaro”, ma nella tradizione islamica indicherebbe anche il demone Djin) è stato girato in soli 39 giorni con videocamere relativamente economiche (il budget non era un granchè), fu inizialmente a 16mm per essere poi convertito a 35mm. Questo al fine di ricreare la grana tipica dei film anni ’70 di genere exploitation, a cui la coppia di registi Cattet (canadese) Forzani (italo-francese) sembrano essersi massimamente ispirati.

Il film, surreale e visionario (come tipico del cinema più ricercato, per così dire), ricrea le atmosfere dei gialli del periodo che hanno fatto la storia: a partire dai primi Argento, passando per gli ottimi esempi di Lenzi Martino. Lo fa soprattutto in modo inedito, per molti versi: affidando ad uno scheletro da giallo (un assassino, o forse più di uno, che perseguitano la protagonista) ad una narrazione tipo “flusso di coscienza”, fatta principalmente di sequenze senza dialoghi, e – cosa notevolissima – senza degenerare nell’astrattismo o nel cinema d’essai più spocchioso. Il tributo principale, rimane comunque incentrato su un forte surrealismo, nel quale i colori vividi (rosso, blu, e via dicendo) assumono la valenza di un anacronistico ed affascinante Technicolor, analogo a quello utilizzato nel Suspiria originale, in cui lo spettatore potrà feticisticamente perdersi.

Difficile come film, senza dubbio, e anche da raccontare: i dialoghi sono pochissimi, molto del film viene affidato a mere sensazioni visive – e soprattutto tattili: ogni sfiorarsi di un corpo, che sia con cose o persone, assume una valenza quasi esclusivamente erotica. Si capirà che la scelta non è voyeuristica, almeno non nell’accezione dispregiativa del termine, ma serve a sottolineare l’amaro senso di frustrazione che tormenta Ana. Vissuta con una madre severa e probabilmente insoddisfatta sessualmente, con vari traumi “freudiani” alle spalle (la morte del nonno, i rapporti difficili con l’altro sesso da adolescente, l’aver visto i genitori durante un amplesso), sembra non aver mai sintetizzato in modo corretto il proprio rapporto con il sesso. E questo, alla lunga, ha portato un prolungato trauma che si riflesse nei mostri che ha creato la sua realtà, ed almeno in parte la sua mente: una strega inquietante, un cadavere che riapre gli occhi, una madre possessiva, un killer adulto crudele e violento. Un vissuto fin troppo complicato, in sostanza, che in certi momenti fa perdere la bussola (ad essere onesti), momenti che – forse in modo leggermente paraculo – andrebbero vissuti come pura estasi lynchiana.

Questo è Amer, e rientra nel più classico prendere o lasciare: da un lato rischiare di abbandonare la visione a metà film per manifesta incapacità di rapportarsi col cinema della coppia, dall’altro un delirio compatto e sostanzialmente coerente di immagini, ricchissime di primi piani e di dettagli sui corpi, che suggerisce le più torbide fantasie erotiche.

 

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